Questo articolo è dedicato a te. A te che hai scoperto il pugilato domenica 2 giugno 2019, per caso, sulla timeline di un social network qualsiasi. E ti sei fomentato.
Ti sei fatto stregare da una bella storia – è questa è l’unica scusante che hai – in cui un pugile granitico, fisicato e scolpito nel marmo, nonché campione del mondo in quattro sigle, è stato sconfitto e messo ko da uno che sui social, ma anche in molti articoli, veniva definito come un «ciccione venuto dal nulla». Sì perché l’unica cosa che hai visto è uno «col fisico» menato e umiliato da uno «fuori forma», in cui ti sei immedesimato. Il primo ricco, bello e predestinato, il secondo brutto, sovrappeso e senza chance, oltre le semplificazioni giornalistiche.
Peccato che questo è solo quello che hai visto in 4 secondi, di sfuggita, superficialmente. E poi hai sentito il dovere di esprimerti e dire cose che non solo sono fuori luogo e prive di qualsiasi riscontro, ma che spesso sono anche commenti orrendi sconfinanti nel body shaming, che è una cosa schifosa. Perché alla fine l’unica cosa che ti ha colpito è che Ruiz jr. era in sovrappeso e Joshua tirato come una corda di violino.
Ora però è giusto mettere alcuni «puntini sulle i». Soprattutto perché il pugilato è lo sport più bello del mondo e i pugili meritano rispetto. Tutti. Anche solo per avere il coraggio di salire sul ring (che è una cosa molto difficile, anche se tu questo non lo sai, perché l’ultima volta che ti sei messo in gioco era alle elementari).
Intanto una piccola premessa che enfatizza ulteriormente la mastodontica impresa di Ruiz jr. L’avversario designato di Joshua, Jarell Miller, è stato trovato positivo a un test antidoping. Ruiz jr. è stato avvisato un mese prima dell’incontro e ha accettato. Cosa molto rara nella boxe, perché nessun pugile accetterebbe di andare al massacro così, con un preavviso veramente minimo, contro il più forte del mondo. Eppure lui lo ha fatto, quindi intanto grande cuore e grande rispetto.
Poi una cosa per certi versi superflua, ma necessaria visti i vari commenti letti: il pugilato non è il body building, in cui vince chi ha il fisico più tirato e bello, il muscolo più grosso e definito. È fuorviante pensarla così, ma è anche indice di una scarsa conoscenza di questo sport. Sono decine i pugili, anche che hanno fatto la storia della boxe, con fisici non proprio impeccabili. Soprattutto nei massimi, che è la categoria in esame. Di recente Tyson Fury, ma gli esempi sono infiniti, soprattutto prima degli anni Ottanta.
Ruiz jr inoltre non è proprio un «ciccione venuto dal nulla». Era sicuramente sfavorito, underdog come si dice in America, sia per i bookmaker sia per gli addetti ai lavori. Ma è anche uno con un discreto curriculum pugilistico. Uno che il pugilato l’ha fatto, uno che ha combattuto, professionista dall’età di 19 anni. Un record non da figurante, che prima del match di sabato notte registrava 32 vittorie, 1 sconfitta, e 22 ko. Una sola sconfitta, trentadue vittorie, così forse si capisce meglio. Trentatré battaglie forse è ancora più esaustivo. Trentatré volte in cui le hai date e prese come non ci fosse un domani. Ecco insomma occorre rispetto per i sacrifici che Ruiz jr. ha fatto nella sua vita, per arrivare a questo punto. Ruiz era uno classificato nella top 10 di una sigla mondiale, nella top 15 di un’altra (dovrebbero essere Ibf e Wba, ma vado a memoria). Quindi non è capitato lì per caso, amici cari.
Insomma quello che mi preme sottolineare è che non ci si ritrova campioni del mondo per una botta di fortuna, è questo che dovete capire. Poi esistono tanti fattori, appunto la fortuna, la sfortuna (la serata no), il pubblico, l’errata preparazione, gli errori dell’angolo, ma questi sono solo alcuni dei fattori in campo.
Per molti Ruiz non aveva nessuna chance, è vero. Compreso per chi scrive. Ma è stata la sua notte e ha vinto, dominando Joshua soprattutto a livello psicologico. Mostrando cuore e mascella granitica. Qualità magari meno immediate di un fisico tirato ma che in realtà sono discriminanti maggiori per un pugile. Guardatevi le sedute di allenamento di Ruiz. Guardatelo fare i guanti da passata, allenarsi. Guardate quanto sono veloci le sue mani, quanto è impostata la sua guardia. Guardate come si muove in difesa.
Detto questo l’incontro può essere riassunto così: un primo round di studio, un secondo che si è aggiudicato Joshua, un terzo epico: prima va al tappeto Ruiz con un knockdown pesantissimo di Joshua diretto-gancio. Dal replay si vede lo scuotimento della testa, un colpo da far paura. E si vede Ruiz che va giù e si rialza con un lampo negli occhi che sembra dire «mi ha fatto male. Tanto». Sa che l’incontro può finire rapidamente. Ma si rimbocca le maniche, e con la sua mascella d’acciaio, incassa altri brutti colpi ma non cede. Poi la riscossa: mette knockdown Joshua una prima volta. Il campione si rialza, ma ha le gambe rigide. Il messicano carica a testa bassa. Sul finire del terzo round altro knockdown pesante per Joshua che si rialza dopo la campana e fatica a stare in piedi. È l’ombra di se stesso. Ruiz ha trovato la chiave: si muove molto bene sul tronco, passa sotto i colpi di Joshua e lo colpisce.
A questo punto Ruiz è acclamato dal pubblico, finisce il round e arringa gli spettatori. Ci crede. Joshua invece ha paura, glielo si legge in faccia. È in questo momento che Ruiz costruisce la sua vittoria, conquistando una netta superiorità mentale. Lo guarda dall’alto verso il basso. Ha il vento in poppa.
Nel 5 round il campione in carica sembra riprendersi. Colpisce Ruiz che dimostra di essere ancora una volta un incassatore incredibile. Ecco meditate, Joshua è uno con la mano pesante e Ruiz ha resistito, una bordata alla volta. Incassando l’impossibile. Come nessuno aveva mai fatto prima contro il britannico. E c’è stato un momento dopo il primo knockdown nel 3 round in cui Joshua stava per finirlo. Ma non è successo. Perché Ruiz ha mostrato una volontà superiore. Non si è arreso. Poi all’inizio del 7 round una scarica selvaggia dello sfidante mette knockdown Joshua. Il campione si rialza ma dura poco. Altro knockdown. Joshua sputa anche il paradenti per prendere ulteriore tempo ma l’arbitro decreta il ko tecnico, il campione non può continuare.
Chiaramente ci sarà una rivincita già inclusa nel contratto. Dovrebbe disputarsi a fine ottobre-inizio novembre. Ma tutto questo è solo un dettaglio. Perché non ha vinto «uno con la panza», ma il pugile migliore, quello più determinato, quello che ha dimostrato di essere più bravo. Quello che dopo una vita di sacrifici ha coronato il suo sogno da bambino. Diventare campione del mondo.
Filippo Petrocelli