C’è chi dice che tifare Arsenal vada di moda… eppure non sembra. Sono passati i tempi di Nick Hornby e di Fever pitch – brutalizzato con l’inesatta traduzione “italianizzata” Febbre a 90° – un libro che è autentico capolavoro del Regno Unito post-thatcheriano, zeppo di disillusioni, birra sgasata e rumoroso tifo da stadio.
I Gunners non giocano più come una decina di anni fa, quando il loro calcio era rigorosamente champagne – anche grazie a metà della nazionale francese ingaggiata in squadra – e da troppo tempo manca una galvanizzante vittoria in Premier.
È vero, quest’anno l’Arsenal ha conquistato sia la Fa Cup, sia la Community shield (una sorta di supercoppa d’oltremanica) ma il trionfo che conta, quello in campionato, è uno sbiadito ricordo incapace di riempire, anche metaforicamente, quell’angolo di bacheca vuoto.
L’appeal di Arsène Wenger, allenatore della squadra da quasi vent’anni, è pari a zero e dalle parti di Islington si ricorda con un pizzico di malinconia proprio quel mitico 2001, anno dell’ultima epica vittoria in Premier.
Come ha ricordato Mourinho, in uno dei numerosi scontri verbali con il mister dell’Arsenal negli ultimi anni, proprio Wenger è diventato semplicemente un grande “esperto di fallimenti”.
E sugli spalti, on the terraces, la situazione non migliora, anzi. In una celebre frase del film Hooligans, mentre i due protagonisti discutono dei massimi sistemi del football inglese, i Gunners vengono additati come prototipo di squadra senza anima: “Vedi, i risultati del West Ham sono mediocri ma la nostra firm è al top e tutti lo sanno! […] Arsenal: gioca alla grande, firm di merda, i Gooners. […] Tottenham: football di merda e firm di merda![…]”
Insomma il ritratto contemporaneo dei Gunners e dei Gooners, la loro tifoseria, gloriosa e temutissima almeno fino all’inizio degli anni Novanta, è senza allori e a tinte pastello, piuttosto sbiadita e poco affascinante. Bel calcio, scarso “cuore”.
Eppure a rievocare quella gioia di inizio millennio ci pensa Luca Frazzi, esperto di musica punk che “tifa Arsenal, ama le colline e i cappelletti in brodo”. Eh sì, perché sarebbe troppo facile ostentare la propria fede nei Gunners essendo nati nei pressi di Highbury o in una qualsiasi delle enclave a nord di Londra, avendo respirato l’aria di Camden town fin da bambini ed essendo stati allevati a Fish & chips, porridge e jacket potatoes.
Diventa invece un’operazione meritoria – quella di tifare per i Gunners – se si è nati “lontani da Highbury”, magari a Fidenza, nel 1966, proprio come Frazzi.
È appena uscito dal torchio tipografico, il primo lavoro di Hellnation libri, progetto sullo sport popolare e non solo, con il titolo Lontano da Highbury. Diario dell’indimeticabile stagione dell’Arsenal 2001-2002.
Ma chi se non un esperto di musica punk della provincia parmense, autore di biografie sullo stile Mod, sui Clash, sui Ramones e sui Joy Division poteva raccontare una storia simile?
Con tanto di maglietta originale della mitica stagione 2001-2002, quasi fosse un calciatore da album Panini, baffo Nike e sponsor Dreamcast ben in vista, l’autore guida il lettore in quella mirabolante stagione di gloria dell’Arsenal, in un viaggio che comincia nel luglio 2001 a Fidenza e finisce un anno dopo vicino Salsomaggiore Terme. Nel mezzo la cronaca appassionata di una stagione indimenticabile, con tanto di risultati e tabellini, in cui rigorosamente il giorno della partita scandisce l’evolversi del libro. Dove si “tifa la maglia” a migliaia di chilometri di distanza. Forse meglio che a Highbury.
Filippo Petrocelli