La Familia, il gruppo ultras che segue le sorti del Beitar Gerusalemme, probabilmente uno dei gruppi ultras più razzisti del pianeta, sicuramente il più razzista di Israele e dintorni, torna a far parlare di sé.
La società giallonera, che ha vinto il titolo israeliano per sei volte, ha appena acquistato con un contratto triennale un giovane prospetto tra i più promettenti del campionato israeliano, l’attaccante nigeriano di ventitré anni Alì Muhammad, che già da quattro anni gioca in Israele, dapprima nel Beitar Tel Aviv / Ramla (2 ° divisione) e successivamente nel Maccabi Netanya (1 ° divisione), dove ha attirato l’attenzione del Beitar.
Com’era facilmente immaginabile il gruppo ultras, che in nome del sionismo ultra ortodosso propugna una battaglia affinché il proprio club non possa essere “infettato in nessun modo dagli infedeli” e che proprio per questo in passato ha più volte preso di mira i giocatori arabi delle squadre avversarie insultando direttamente Maometto, com’è stato fedelmente riportato nel documentario Forever pure, non ha affatto digerito l’acquisto di un giocatore la cui traduzione del cognome è proprio il nome del profeta musulmano.
In un comunicato comparso qualche giorno fa, La Familia ha pubblicamente richiesto che il giocatore si trovi un soprannome e che con quello venga chiamato dallo speaker allo stadio. Successivamente in rete sono comparse minacce di morte ai membri della società per “aver infangato l’immagine del Beitar”, club che notoriamente raccoglie l’eredità della destra ultra-nazionalista dello Stato sionista e che dal canto suo non ha mai acquistato un giocatore arabo, costituendo una tutt’altro che gradevole eccezione nel panorama calcistico israeliano. Tanto per rendere l’idea, in passato, nel 2013 il club aveva acquistato due giocatori ceceni che furono osteggiati dagli ultras a tal punto che gli stessi bruciarono gli uffici della sede del club e il Beitar fu costretto a ingaggiare delle guardie del corpo per salvaguardare l’incolumità dei due giocatori.
Dal canto suo, la società si è schierata al fianco di Alì Muhammad ribadendo che sono orgogliosi di aver tesserato il più forte straniero del campionato, anche perché il Beitar Gerusalemme ha avviato una campagna per ripulire la propria immagine e nel 2017 ha ricevuto un premio direttamente dal presidente dello Stato d’Israele Reuven Rivlin per il proprio impegno contro il razzismo.
Ma non è finita qui: infatti a rendere ulteriormente surreale questa storia di ordinario razzismo che la dice lunga sulla natura dei contestatori c’è un dettaglio non esattamente trascurabile che riguarda il calciatore, che per il momento non ha voluto rilasciare dichiarazioni sull’aut aut impostogli dai sostenitori gialloneri: nonostante il nome, Alì Muhammad è un cattolico praticante!
Giuseppe Ranieri