La Storia con la S maiuscola, attraversata dalle mille storie, che pur sembrando incommensurabilmente più piccole e insignificanti, in realtà servono proprio a riempire di senso e di significati la Storia che si studia sui manuali. Di esempi di questo approccio alla materia se ne potrebbero fare molti, ma uno molto recente e di grande qualità è sicuramente Cuori partigiani. La storia dei calciatori professionisti nella Resistenza italiana, firmato da Edoardo Molinelli e pubblicato da Red Star Press – Hellnation Libri.
Una raccolta di diciassette storie, frutto di una mirabile attività di studio e di ricerca d’archivio, che gettano luce su quel periodo così importante assumendo il punto di vista di chi molto spesso è lontano dagli avvenimenti della politica e chiuso nella sua quotidianità di sportivo. Anche se in misura minore rispetto agli eccessi a cui siamo abituati oggi, già allora un calciatore professionista era un personaggio poco portato a cimentarsi con tali temi, quello che gli si richiedeva era giocare a palla e per il resto fare meno clamore possibile. Durante il fascismo poi, il conformismo e la sottomissione erano sia diffusi che, da un certo punto di vista, anche consigliabili. Ma la Storia può far ingresso nella vita delle persone in mille modi diversi, e il periodo della Resistenza non fece eccezione, anzi, tutto il contrario.
Nel libro sono raccontate sia le storie più conosciute al “grande pubblico”, o almeno “sentite dire”, sia ritrovamenti rari che colpiscono anche il cultore più attento della materia resistenziale. Tra le prime possiamo annoverare l’epopea della Lucchese antifascista di Erbstein degli anni Trenta, e la storia in parte sovrapposta di Bruno Neri, che in realtà antifascista lo diventa pian piano. O quella di Michele Moretti, che partecipò alla fucilazione di Mussolini, del portiere di Inter e Juve Peruchetti che si salvò dall’esecuzione proprio in quanto noto campione, di Carlo Castellani morto a Mauthausen senza nemmeno sapere perché. Già, perché scorrendo le varie storie torna alla mente il fatto che per essere eliminato dai nazifascisti non per forza dovevi essere ebreo o attivo antifascista. Poteva toccare a tutti, “equivoco” spesso era sinonimo di “condanna a morte”. Ma come accennavo, sono tante anche le storie nuove da conoscere, così come gli episodi a cavallo tra mitologia e storia che l’autore contribuisce a chiarire, specie i casi di partite di pallone “tra partigiani e nazisti” su cui ovviamente la leggenda popolare ha ricamato molto fino a stravolgere anche i fatti. Inutile anticipare altro, resta solo da riviversi queste storie.
Spesso ci ripetono che “la politica deve rimanere fuori dallo sport”. A ripetercelo, guarda caso, sono sempre i fascisti, o almeno i difensori dello status quo. Che nel frattempo riempiono lo sport di politica, la loro politica ovviamente. Ma lo sport altro non è che un aspetto della vita, un aspetto per di più molto sociale e collettivo. E quindi, specie quando il gioco si fa duro, viene fuori anche il bello, e anche un campo di calcio può diventare campo di battaglia. Oggi abbiamo esempi come i tweet di Marchisio in solidarietà ai migranti, o la capitana della nazionale americana che si scaglia contro Trump. Poco meno di ottant’anni fa, ci fu chi appese un attimo le scarpe al chiodo, infilò gli stivali e prese il fucile. Conoscere le loro storie è il minimo che si possa fare.
Matthias Moretti