Il 31 Luglio intorno alle 11:00 squilla il telefono.
«Pronto».
«Salve, chiamo dalla Federazione, con chi parlo della Borgata Gordiani?».
Ecco il primo problema. Come spiegare a una delegata federale che non sta parlando con il presidente, con il direttore sportivo, o con il segretario? Tentiamo la strada della sincerità:
«Sono solo quello che ha fatto le pratiche per l’iscrizione lo scorso anno».
La perplessità dall’altro capo del telefono è tangibile ma, per fortuna, a chi chiama poco interessa degli strumenti organizzativi di cui ci siamo dotati, della nostra struttura societaria orizzontale e dei nostri meccanismi decisionali assembleari. Chi chiama ha un altro compito: riempire un posto vacante nella griglia del prossimo campionato di Seconda Categoria. Decide, pertanto, di tagliare corto scegliendo come noi la via della sincerità:
«Ah, ok, va bene. Vi volevo fare una proposta: vi interessa la Seconda Categoria?».
La domanda è evidentemente mal posta. Certo che ci interessa la Seconda Categoria!
Quando un anno fa abbiamo deciso di fondare la Borgata Gordiani ci siamo dati un obiettivo: costruire una squadra che fosse realmente espressione del quartiere di Villa Gordiani. Volevamo che fossero i ragazzi del quartiere a difenderne i colori in campo. Volevamo che fosse il quartiere a sostenere quei ragazzi dagli spalti. Abbiamo ripetuto più volte che la Borgata Gordiani è un sogno nato da ‘ste strade. Questa è la nostra unica certezza: il punto di partenza. Partiamo da qui, dal posto in cui siamo nati e cresciuti. Partiamo da un quartiere dimenticato dalle amministrazioni pubbliche dove l’offerta di socialità per gli abitanti è inesistente da almeno vent’anni. Partiamo da una comunità che esisteva prima di noi, che ha creduto in noi, e di fronte alla quale sentiamo di avere un obbligo di coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo. Questa è casa nostra. Il nostro punto di partenza.
Dove vogliamo arrivare, invece, è tutta un’altra questione. Come dicevamo, è evidente che ci interessa la Seconda Categoria. Come ci interessa la Prima. La Promozione. L’Eccellenza. La Serie D. Vorremmo portare il nome del nostro quartiere più in alto possibile. Non ci poniamo alcun limite in tal senso. Esiste davvero qualcuno che crede che sia sufficiente partecipare? Beh, non da queste parti. Nel nostro spogliatoio De Coubertin non sarebbe durato molto. Qui vogliamo vincere. Non vogliamo partecipare.
Vogliamo dimostrare che un modello orizzontale, autorganizzato e autofinanziato può essere vincente. In un mondo in cui vince sempre la squadra col padrone più ricco alle spalle, vogliamo dimostrare che una squadra senza padroni può dire la sua e alzare la voce. Non può e non deve accontentarsi di partecipare. Può e deve provare a vincere.
È questo che per mesi hanno chiesto i tifosi dagli spalti alla squadra: provarci. Scendere in campo ogni domenica provando a raggiungere l’obiettivo che nel corso della stagione si è andato delineando: quei playoff (alias Coppa Provincia) che avrebbero garantito l’accesso alle graduatorie di ripescaggio. In quest’ottica, la promozione in Seconda Categoria non è altro che un passaggio di avanzamento in un processo di cui non abbiamo fissato l’obiettivo finale in termini di categorie. Non è la categoria la cartina di tornasole del nostro lavoro ma la partecipazione popolare e il coinvolgimento del quartiere.
Lo diciamo perché ci teniamo a sgomberare il campo da quella che all’apparenza potrebbe sembrare una logica meritocratica. Non lo è. Non stiamo rifiutando il ripescaggio perché non ci sentiamo abbastanza meritevoli. Stiamo rifiutando il ripescaggio perché non vogliamo dire grazie a nessuno. Vogliamo entrare a testa alta ovunque. In casa, in trasferta, in federazione o al bar per noi fa poca differenza.
Abbiamo imparato a nostre spese cosa significhi immaginare, pensare e portare avanti un progetto come il nostro e abbiamo imparato che bisogna saper dire no. Abbiamo costruito la nostra libertà rifiutando sponsor invadenti pronti a sfruttare la nostra visibilità e favori che, a più riprese, ci sono stati offerti. Quello che siamo l’abbiamo costruito interamente noi. Con le nostre forze. Non è in vendita, non è commercializzabile e non ha bisogno di sfruttare le disgrazie altrui tra fallimenti e retrocessioni sentenziate da un giudice sportivo.
Così, tornando alla telefonata, abbiamo spiegato alla delegata che avremmo avuto bisogno di tempo per parlare tra noi. Anche qui non poche sono state le perplessità di chi è abituato a relazionarsi con società verticistiche in cui basta l’assenso (o il diniego) presidenziale per sciogliere una questione. Mettere d’accordo quaranta teste è chiaramente più complicato. È un meccanismo che ha bisogno di tempo. Un tempo che la Federazione sosteneva di non poterci dare e che ci siamo presi da soli ponendo la questione come inderogabile.
La discussione che ne è seguita è stata lunga ma mai è sembrata in dubbio la soluzione verso cui si stava indirizzando. Per dovere di cronaca occorre raccontare che non è mancata, ovviamente, qualche voce fuori dal coro, ma il fronte del no è stato sempre molto più numeroso e compatto nel ribadire che noi in Seconda Categoria ci andremo se e quando la conquisteremo sul campo senza dover ringraziare nessuno.
In fondo siamo questi. Siamo una generazione di ragazzi che oggi ha tra i venti e i trent’anni, tradita da tante promesse mai mantenute. Non siamo nobili come il barone De Coubertin e non siamo abituati ad avere privilegi nella vita. Siamo infermieri, gommisti, idraulici, riders, impiegati, pizzettari, qualche studente, baristi, commessi, cuochi. Siamo una generazione a cui non è stato mai regalato niente e che oggi non è neanche più disposta ad accettare regali.
La nostra libertà passa da qui. Non accettare mai il compromesso. Non imboccare mai la strada più semplice. Non dover mai dire grazie. Non dover mai rendere favori. Questo ci rende liberi.
Forse ce ne pentiremo. Forse è vero che i treni passano una volta sola. Forse non è stata la scelta più giusta. Sarà il tempo a dircelo.
Noi nel mentre guardiamo avanti, lavoriamo alla campagna di azionariato popolare con gli abitanti del quartiere e prepariamo la nuova stagione partendo da una sola certezza: questa squadra è nata libera e libera andrà avanti. Senza favori, scorciatoie o ripescaggi.
Le promozioni le conquisteremo a spinta. Come abbiamo sempre fatto con tutto il resto.
Borgata Gordiani