Sono sincero, nonostante mi interessi di sport a tutto tondo, nel mio intimo amo gli sport di cui capisco la complessa architettura di regole e sudore ancorché riesco a immaginarne i sacrifici e le rinunce di chi lo pratica, in sintesi, nel mio caso, calcio e ciclismo.
Però magari un giorno ti ritrovi tra le mani un gran bel libro sulle vite, le fatiche, le lotte di due afroamericani di cui avevi visto la foto appesa in posti che solitamente frequenti, una foto di per sé così evocativa e ribelle. I pugni al cielo di Tommy Smith e John Carlos.
Il libro però andò al di là della foto e delle storie di razzismo imperante negli USA e mi fece conoscere uno sport su cui raramente mi ero soffermato per conoscerlo e apprezzarlo. L’atletica leggera, o meglio, la velocità. In particolare i 200 metri piani.
La continua ricerca della perfezione, l’allenamento marziale, la dedizione completa all’obiettivo. La solitudine. Di certo diverso, diversissimo da quella immagine di sport di squadra che io adoro e prediligo. Eppure la lettura di quel libro mi aveva suggestionato, un punto di vista così elettrizzante mi aveva folgorato.
Non approfondii però la nascente curiosità, perché nel contempo gli eroi di questo sport mi apparivano macchine di muscoli esplosivi, mezzi culturisti e mezzi sprinter. Così diversi anche da quelle figure snelle ed esili ma potenti ed eleganti da far paura, come gli eroi del ’68 messicano Smith e Carlos.
Quando qualcuno mi fece notare che un italianissimo (e bianchissimo) sprinter fu per lungo tempo (il più lungo di sempre per l’esattezza) il detentore del record mondiale, fu un colpo al mio immaginario in cui dominavano Michael Johnson e il grande Usain Bolt.
19”72. Sempre a Città del Messico. Il suo nome è Pietro Mennea.
A svelarmi in poco meno di 100 pagine la vita e la consacrazione di questo grande sportivo italiano è la scrittura essenziale, asciutta e coinvolgente di Pippo Russo. Il bravissimo scrittore siciliano , a noi già noto per “il più bel romanzo sul calcio” ossia Nedo Ludi, torna con un'altra opera da leggere anch’essa come una corsa dei 200.
In questo libro edito da Clichy, Russo ripercorre le gesta di quel glorioso giorno, in cui Mennea si elevò a uomo più veloce del mondo. Ma non solo, riesce a tracciare un profilo non convenzionale, né a prova di fiction televisiva, del grande corridore. Un profilo umano, fatto di durezza, ne traccia un carattere deciso e scorbutico, ne scova l’ideale supremo di rispetto dello sport e della sua integrità.
Ne sottolinea l’importanza dello studio, anche quando sei sul tetto del mondo(Mennea collezionerà ben tre lauree), perché è da esso che si trae la forza per scampare all’idea della vittoria a tutti i costi. Ed è da qui, dalla sua condanna al doping, che Mennea (anch’egli tuttavia ammise contattati con Kerr allora professore/stregone incline all’uso sistematico del doping) si erge a figura quasi mitologica.
Di libri su Mennea e di Mennea stesso se ne trovano a bizzeffe, e molti di essi ricalcano lo stereotipo dello sportivo senza macchia e senza paura, ma l’immagine che traiamo dal libro di Pippo è quella di un uomo dedito al lavoro e allo studio, che voleva correre più veloce del vento e che in quel lontano 1979 ci riuscì. Libro consigliatissimo.
Daniele Poma
Titolo: Pietro Mennea. Più veloce del vento
Autore: Pippo Russo
Casa editrice: Edizioni Clichy
Pagine: 104
Anno: 2019
Prezzo: € 7,90
Pippo Russo
Insegna sociologia all’Università degli Studi di Firenze. Saggista e giornalista, scrive per La Repubblica, Calciomercato.com, Guerin Sportivo, Lettera 43, Contrasti, Quattro Tre Tre, e per la rivista spagnola Panenka.
In passato ha collaborato con Corriere della Sera, il Manifesto, Il Riformista, Il Fatto Quotidiano, Pubblico, l’Unità, Panorama, Satifiction, Soccer Illustrated.
Ha inventato delle fortunate rubriche come “Pallonate”, pubblicata originariamente sul Manifesto e successivamente sull’Unità e sul Fatto Quotidiano; “Sicilianismi”, pubblicata per due anni dall’edizione palermitana di La Repubblica; e “Parole”, dal 2010 pubblicata la domenica dall’edizione fiorentina di La Repubblica.