Oggi sono 14 anni senza Federico Aldrovandi. La mattina del 25 settembre 2005 Aldro veniva massacrato da quattro poliziotti che gli provocarono 54 lesioni corporali «ciascuna delle quali suscettibile di autonomo procedimento penale» come scrissero i giudici durante il processo.
La tua, purtroppo, non è stata l’ultima di una lunga serie di morti quanto meno sospette, caro Aldro. Se i tuoi genitori, mamma Patrizia e papà Lino, non si fossero operati nel denunciare quanto pubblicamente accaduto probabilmente, al giorno d’oggi, il tuo sarebbe stato semplicemente un caso misterioso, in cui i sospetti di tutti non riescono a tramutarsi in certezze.
E nonostante tutto, la repressione riguardo alla tua vicenda continua sotto altri punti di vista. Prendiamo ad esempio l’ambito calcistico.
Nella tua curva, la Ovest dello stadio Paolo Mazza di Ferrara, sventola, durante ogni partita casalinga, una bandiera col tuo faccione. I tuoi amici, gli ultras della Spal, non ti hanno dimenticato e ti mostrano per non far dimenticare la tua storia anche se è passato così tanto tempo. Non sempre è stato tutto facile per i tuoi compagni. Nel dicembre 2015 ricordiamo che, in occasione della partita tra la Spal e la Roma allo stadio Olimpico capitolino, le forze dell’ordine non fecero entrare la bandiera nel settore ospiti.
Il giudice sportivo trovò anche la scusa per giustificare quella scelta senza senso. Secondo le sue stesse parole, infatti, il vessillo che raffigurava soltanto il tuo volto e nient’altro poteva essere inteso come un «comportamento provocatorio nei confronti delle forze dell’ordine».
Ci si mise anche la questura capitolina che diede una spiegazione alquanto tecnica riguardante quell’assurdo divieto: «quella bandiera non era autorizzata in quanto nessuno aveva chiesto l’autorizzazione per l’ingresso». Insomma stavano paragonando la tua faccia alle numerose scritte e alle semplici bandiere che, ogni domenica, si notano chiaramente nelle curve degli stadi italiani.
Il tuo vessillo, per dirla tutta, non era e non sarà mai “uno come gli altri”, rappresentava un qualcosa di più, un messaggio chiaro alle forze dell’ordine a cui si ricorda in maniera chiara: «anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti».
In segno di protesta, gli ultras ferraresi in trasferta rimasero in silenzio per tutta la partita contro la Roma. D’altronde, caro Aldro, la Spal e il calcio in generale per la tua famiglia e la tua città sono un qualcosa di più di un semplice passatempo. Sono una fede, uno stile di vita da seguire. Tutti noi abbiamo ancora ben in mente la bella lettera che il tuo papà ti scrisse nel maggio 2017 sul suo profilo Facebook personale per festeggiare la storica promozione della squadra ferrarese in serie A. Così come ricordiamo la tua foto da ragazzino con indosso la maglietta biancoazzurra a strisce.
Chissà quante volte avresti esultato per un gol o una vittoria della tua Spal sugli spalti del Mazza. D’altronde di motivi per dar sfogo alla tua gioia la squadra biancoazzurra, in questi ultimi anni, te ne avrebbe dati molti.
Purtroppo però non potrai esultare più in mezzo ai tuoi, perché qualche bestia in divisa, in una nottata di fine settembre di 14 anni fa ha messo fine alla tua giovane vita. Noi dal canto nostro, nonostante tutti i tentativi di metterci a tacere, continueremo a ricordare la verità, indicare i colpevoli e portarti con noi.
Roberto Consiglio