Nel mondo dello sport, si sa, ci sono alcuni eventi che passano alla storia perché raccontano ben più di quello che effettivamente avviene “sul campo”. Uno dei più famosi fu un incontro di boxe che si tenne esattamente 45 anni fa, il 30 ottobre 1974, presso lo Stade Tata Raphaël dell'allora capitale dello Zaire Kinshasa (oggi città principale della Repubblica Democratica del Congo).
Quel giorno sul ring, per sfidarsi nella conquista del titolo mondiale dei pesi massimi, salirono i due più importanti pugili del tempo: George Foreman e Cassius Clay. Quest'ultimo aveva già deciso di cambiare il suo nome in Muhammad Ali data la sua conversione alla fede islamica.
Il match rappresentava un vero e proprio confronto tra due mondi opposti e passò alla storia con il soprannome di “Rumble in the Jungle” (che in italiano verrebbe tradotto come “La Rissa nella Giungla”).
Foreman e Clay difatti, soprattutto da un punto di visto politico, rappresentavano due esponenti di spicco di due diverse culture. Il primo, pur essendo nero, era ben visto dalla popolazione bianca americana visto che, dopo aver conquistato la medaglia d'oro alle Olimpiadi del 1968, aveva sventolato la bandiera a stelle e strisce durante la cerimonia di premiazione.
Questa scelta rappresentava una presa di posizione in totale contrasto con il gesto di Tommie Smith e John Carlos, i due velocisti che festeggiarono il primo e il terzo posto conquistato nella finale dei 200 m di atletica abbassando la testa, alzando un pugno chiuso e indossando dei guanti neri.
Così facendo Smith e Carlos mostrarono a milioni di persone il loro supporto al movimento politico americano delle Black Panters. Le pantere si stavano battendo per conquistare basilari diritti civili che agli afro-americani erano ancora negati. Cassius Clay, al contrario di Foreman, rappresentava il maggior esponente di quegli stessi afro-americani che i bianchi conservatori consideravano ancora dei veri e propri cittadini di serie B. Muhammad Ali si era fatto portavoce, sin dal momento in cui divenne per la prima volta campione del mondo dei pesi massimi nel 1964, dei diritti sociali che i neri americani richiedevano al governo di Washington.
La stessa conversione all'islam rientrava in questo ambito di rivolta del pugile. Nel 1960, dopo aver conquistato la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Roma, Alì era stato oggetto di un episodio di razzismo nella sua città natale di Lousville, nello stato del Kentucky.
Negli anni successivi Clay si rese protagonista di alcuni episodi abbastanza estremi. Tra i gesti più clamorosi vi fu il rifiuto di prestare servizio nelle forze armate statunitensi nel periodo della guerra del Vietnam. Una scelta che gli costò tutto e lo privò non solo del titolo conquistato regolarmente sul ring, ma anche della licenza di pugile e del passaporto.
Dopo una lunga battaglia legale, Ali venne pienamente riabilitato e diventò addirittura oggetto di ammirazione per non essersi mai risparmiato e sottratto alle conseguenze di una scelta che era disposto a difendere fino in fondo. Nel 1971 aveva già provato a riconquistare quel titolo che gli era stato annullato per mere questioni politiche. Il suo avversario però, il ben più quotato alla vittoria finale Joe Frazier, era riuscito a vincere il match ai punti.
Ad ospitare l'incontro del 1974 ci pensò il dittatore zairese Mobuto Sese Seko che, in cerca di visibilità internazionale, offrì una borsa di 5 milioni di dollari per ognuno dei due contendenti. La scelta del luogo fu,secondo alcuni, un vantaggio per Muhammad che, in questo modo, avrebbe tentato di riprendersi la cintura iridata nella terra dei suoi avi. Quell’Africa che lui stesso aveva visitato tante volte e dove era acclamato come un re.
Sul ring Muhammad Alì diede prova della sua forza ed ottenne una vittoria per knockout. Foreman non accettò il verdetto del campo e accusò Alì ed i suoi allenatori di aver attuato una serie di imbrogli per facilitare la sua vittoria. Ma tutto questo non venne tenuto in considerazione dai giudici di gara che decretarono la vittoria del pugile nativo di Lousville.
Celebre, una volta che Foreman era k.o, divenne il coro di incitamento per Alì che si levò dagli spalti dello stadio di Kinshasa: “Ali, Ali, Bomaye” (“Alì, Alì, uccidilo”).
Con questa vittoria abbastanza netta Muhammad Alì tornò sul tetto del mondo del mondo della boxe del tempo. Questa sua posizione, grazie al quale si guadagnò il soprannome di “The Greatest”, verrà confermata nel match disputatosi il 1 ottobre 1975 a Manila contro Joe Frazier.
Anche quel match si conquistò un soprannome ad hoc: “Thrilla in Manila”, per via delle frequenti provocazioni di Alì prima dell'incontro. Ma questa, come spesso si dice, “è tutta un'altra storia”.
Roberto Consiglio