Il 6 febbraio 1945 nasceva, presso il piccolo paesino giamaicano di Nine Mile, Robert “Bob” Nesta Marley. Conosciuto in tutto il mondo come il più grande cantante reggae mai vissuto Marley, quest’anno, avrebbe compiuto 75 anni.
Uso il condizionale perché Bob Marley è morto l’11 maggio 1981, a Miami, a soli 36 anni di età a causa di un tumore. Quel tumore fu la conseguenza di una ferita non curata all’alluce destro che il cantante si era fatto durante una partita di calcio giocatasi il 10 maggio del 1977 a Parigi, durante il tour del favoloso album Exodus.
In quell’occasione Robert era rimasto vittima di un duro contrasto di gioco che gli provocò una profonda ferita. In realtà non si trattava del primo duro colpo subito al piede destro. Nel 1974 a Trenchtown aveva già ricevuto un pestone all’alluce, che lo aveva costretto a lasciare la partita, cosa davvero rara. E nello stesso 1977, prima del match di Parigi, al Battersea Park aveva ricevuto un colpo nello stesso punto.
Bob Marley, come è stato descritto e ripetuto più volte, era un grande appassionato del mondo del calcio. I suoi giocatori preferiti furono Pelé, per il quale cominciò a seguire in maniera quasi ossessiva il team brasiliano del Santos, e Oscar Ardilles, centrocampista argentino classe 1952, vista la sua eccellente visione di gioco e il suo elevato tasso tecnico.
Dopo il mondiale di Argentina 1978 Ardilles si trasferì alla squadra londinese del Tottenham Hotspur. Per tale ragione gli “Spurs” diventarono il secondo team calcistico preferito da Marley.
Fino a qui abbiamo parlato di alcuni dei lati del cantante giamaicano legati al mondo del calcio “mainstream”, ma non è tutto. Nesta infatti, nel corso della sua breve vita, ha avuto anche vari contatti con quello che, a parere di chi scrive, può essere descritto in tutto e per tutto come “calcio popolare”.
Nel gennaio 1977, poche settimane dopo l’attentato in cui rimase ferito a poche ore dalla sua esibizione al concerto “Smile Jamaica”, Bob Marley decise di andare a vivere a Londra finché la situazione nella piccola isola caraibica non si fosse placata un po’. Nella capitale inglese, assieme agli altri componenti dei Wailers, si insediò al numero 32 di Oakley Road, una traversa di Chelsea, a poche decine di metri da Battersea Park, che diventerà il loro campo da calcio preferito.
Essendo così lontani dalla terra natìa i vari emigrati giamaicani decisero di continuare a giocare a calcio nelle file di una vera e propria squadra “popolare” fondata in Giamaica qualche anno prima. Tale team calcistico era stato soprannominato, da Bob in persona, “The House Of Dread Football Club”.
Fondamentale in questa decisione fu, per Marley, il suo tour manager e preparatore atletico personale, Allan “Skill” Cole, che nel corso del tempo tentò anche di farsi tesserare da qualche club professionistico. Per tale ragione lo stesso Allan fu colui che, nel periodo giamaicano, insegnò a Bob le basi dell’allenamento quotidiano: sveglia alle sei e trenta del mattino, un po’ d’erba, frutta, I-tal food e via a correre e scambiarsi il pallone.
Il resto del team era composto da:
Jill, cuoco di I-Tal food, centrocampista di contenimento;
Carlton Barrett, percussionista, difensore centrale;
Aston “Family Man” Barrett, bassista, regista basso (e molto aggressivo, a quanto risulta da vari racconti);
Neville Garrick, tecnico luci e responsabile grafico, jolly;
Alvin Seeco Patterson, batterista, senza ruolo ma spesso piantato in difesa a causa dell’età.
All’inizio la House of Dread giocava partite “popolari” nei vari campi di calcio, alcune volte auto-costruiti, che si possono trovare in giro lungo le numerose strade di Londra.
Dalla fine del 1977, contemporaneamente al gran successo che ebbero Bob Marley e The Wailers dal punto di vista musicale, le possibilità di organizzare partite si moltiplicarono. L’episodio più singolare avvenne all’inizio dell’estate del 1980, quando il team dei giamaicani affrontò per la prima volta alcuni giocatori di una squadra professionista: l’FC Nantes.
L’incontro, giocato 5 contro 5, finì 4 a 3 per i transalpini; molti furono i commenti positivi sulla figura di Bob Marley come calciatore. D’altronde lo stesso Nesta in una intervista rilasciata aveva dichiarato: “Qualora non avessi fatto il cantante, con ogni probabilità sarei stato un rivoluzionario o un calciatore. Il calcio vuol dire libertà, creatività, dare libero sfogo alla propria ispirazione”.
Roberto Consiglio