Il calcio popolare nell'epoca attuale porta avanti alcuni concetti base come quelli di militanza e, soprattutto, resistenza. Un grande esempio di tenacia lo si ebbe però quasi cinque secoli fa, per essere esatti ben 490 anni.
Il 17 febbraio 1530, difatti, si svolse a Firenze quella che è passata alla storia come “la Partita dell'Assedio”. L'assedio da cui si dovevano difendere i concittadini della famiglia dei Medici era quello portato avanti dall'imperatore asburgico Carlo V, una delle più importanti figure storiche dell'epoca moderna europea.
L'attuale capoluogo toscano, al tempo, si era ribellato al potere della nobile famiglia e aveva proclamato, nel maggio del 1527, la cosiddetta “Terza Repubblica di Firenze”. Il papa di allora era Clemente VII e faceva parte della stessa casata dei Medici.
Per far riprendere il controllo dei città ai suoi parenti, il 219° erede del soglio di San Pietro, chiese aiuto allo stesso imperatore asburgico il quale, volendo riconquistare il potere sull'intera penisola, non si fece pregare due volte e decise di intervenire. Quello che è conosciuto con il nome di “Assedio di Firenze” prese così il via, ufficialmente, il 14 ottobre del 1529.
Tale assedio andò avanti fino al 12 agosto 1530 quando, per varie cause, le due parti in conflitto decisero di arrivare a una cosiddetta resa onorevole.
Sei mesi prima all'incirca si era tenuta quella che diventò la più famosa partita del cosiddetto calcio storico fiorentino. Questo rappresentava una vera e propria disciplina sportiva al tempo e prendeva spunto da un antico gioco praticato nell'Antica Roma e conosciuto con il nome di harpastum (che in italiano si può tradurre come “gioco della palletta”).
L'harpastum, nonostante sia considerato il padre del gioco del calcio contemporaneo, era in realtà, almeno nei fondamentali, molto più simile al rugby.
Il calcio fiorentino, per chi non lo sapesse, rappresenta la più importante anima popolar-sportiva del capoluogo toscano, anche se la regolare cadenza annuale del torneo come la conosciamo oggi è di introduzione piuttosto recente. La partita principale, la finale del torneo, si svolge il 24 giugno di ogni anno, giorno in cui i fiorentini celebrano il santo patrono della loro città: San Giovanni Battista.
Altra caratteristica è la composizione etnica delle squadre che scendono in campo. Esse, infatti, devono schierare soli giocatori che sono nati in città o sono residenti a Firenze da almeno 10 anni.
I team che partecipano alle partite rappresentano i 4 quartieri storici del capoluogo toscano: i bianchi di Santo Spirito; gli azzurri di Santa Croce; i rossi di Santa Maria Novella e i verdi di San Giovanni. Tutti questi luoghi hanno come “simbolo” principale della loro zona una basilica fiorentina.
A turno si affrontano due squadre composte da 27 giocatori ciascuna: quattro portieri (datori dietro), tre terzini (datori dinnanzi), cinque mediani (sconciatori) e ben 15 attaccanti (corridori). L'obiettivo dei giocatori è quello di portare il pallone fino al fondo del campo avversario e depositarlo nella rete segnando così la “caccia”.
L'incontro viene diretto dal Giudice Arbitro, coadiuvato da sei Segnalinee e dal Giudice Commissario che risiede però fuori campo. Al di sopra di tutti c'è il Maestro di Campo che ha il compito di sorvegliare lo svolgimento regolare dell'incontro e di intervenire per ristabilire l'ordine e mantenere la disciplina.
Nel febbraio di quasi 500 anni fa si tenne quella che è diventata un po' la partita per eccellenza del calcio fiorentino contemporaneo. Quel giorno infatti il popolo di Firenze, nonostante tutti i problemi che stava affrontando a causa dell'assedio asburgico, decise di giocare comunque una partita di questo sport.
Il luogo scelto per l'incontro, piazza Santa Croce, non fu un caso. Esso infatti era ben visibile, data la sua posizione, dalle truppe di Carlo V che erano accampate sulle colline intorno alla città.
Per ridicolizzare maggiormente gli avversari, un gruppo di musicisti si mise a suonare sul tetto della chiesa cosicché lo stesso esercito imperiale avesse un'idea più chiara di ciò che stava succedendo.
Quella sfida sportiva non aiutò ad arrivare a una vittoria sul campo di battaglia. Anche quella volta però, come avviene ancora oggi in diverse occasioni, una pratica sportiva popolare fu usata come mezzo di resistenza contro un soggetto che cercava, in qualche modo, di mettere un freno alle libertà di ognuno di noi.
La partita del febbraio 1530 è un evento che ha lasciato un segno profondo nel popolo fiorentino sotto numerosi punti di vista. Pochi anni fa ad esempio, uno storico gruppo ska-punk del capoluogo toscano, i Malasuerte fi-sud, gli hanno dedicato un' intera canzone. Il pezzo, pubblicato il 24 giugno 2017, ha un titolo emblematico, 1530, e in apertura dice così:
"1530 un'indomita Fiorenza
mostra a scherno il deretano all’asburgico sovrano
e alla pontificia brama la repubblica sovrana
da risposta agli assedianti con i musici e i calcianti
Qui da noi gli Azzurri non son la nazionale
Bianchi, Rossi e Verdi non fanno un tricolore
ma un grande campo di rena e di sudore
per sputare in faccia ad un re conquistatore".
Roberto Consiglio