Che in Sud America lo sport e il calcio in particolare abbiano sempre avuto un posto molto importante nella visione del mondo di chi mette in discussione lo status quo non lo scopriamo certo noi, basti pensare ai capolavori di Galeano e di Soriano in merito, ai programmi dei governi socialisti di Cuba e anche del Venezuela e all’importanza che gli tributavano gli eserciti popolari anche nel mezzo delle contese più aspre, come ci è capitato di raccontarvi quando abbiamo parlato delle FARC che, a prescindere dal prosieguo non certamente esaltante del processo di pace, inclusero tra le varie clausole la creazione di un loro team che sarebbe partito dalla serie B colombiana.
Anche l’EZLN non fa eccezione, come dimostra il fatto che al primo “Incontro internazionale delle donne combattenti” del marzo 2018, tra tanti dibattiti e iniziative, fu disputata anche una partita di calcio tra due rappresentative locali che indossavano costumi tipici dei propri villaggi e ad ogni rete avrebbero dovuto scrivere un messaggio relativo a quel meeting su una lavagna.
Lì il calcio è senza dubbio lo sport prediletto e più praticato, tanto dagli uomini quanto dalle donne, rigorosamente in passamontagna, ma non necessariamente con le scarpe adatte.
Si può comunque provare a individuare una data ufficiale che possa suggellare il rapporto tra il calcio e l’EZLN ed è quella del 15 marzo del 1999: allo stadio Jesus Palillo Martinez, nel cuore del quartiere a luci rosse di Magdalena Mixhuca a Città del Messico, si disputò un incontro tra una selezione dell’Esercito zapatista guidata dal Comandante Tacho e una di ex calciatori della nazionale messicana agli ordini dell’ex ct Javier Aguirre “El vasco”. La selezione chiapaneca si trovava nella capitale messicana nell’ambito di nuove consultazioni relative ai diritti dei popoli indigeni, dopo la mancata osservanza degli accordi di San Andrès, firmati il 16 febbraio 1996. Questa mobilitazione zapatista poteva contare su 5000 combattenti indigeni, la metà delle quali donne, mobilitate in tutto il paese.
Una delle particolarità che consegnarono il match alla storia consisteva nel fatto che esso fu sospeso dall’arbitro (che pure aveva concordato alla squadra di Tacho di poter giocare col passamontagna), subito dopo l’esecuzione degli inni, perché la squadra dell’EZLN si era presentata in campo coi loro tradizionali scarponi militari: il problema fu esposto al microfono dallo speaker e in venti minuti la popolazione locale reperì trenta paia di scarpe per gli zapatisti. Dopo questo fuori programma la partita si disputò regolarmente, fu molto più aperta e combattuta del previsto e terminò per cinque reti a tre per gli uomini di Aguirre, col Sub-Comandante Marcos che al termine dichiarò: “Non abbiamo realmente perso, ci è solo mancato il tempo di vincere!”.
Ma probabilmente l’episodio più curioso e conosciuto dalle nostre parti riguarda il rapporto che si è creato negli anni con l’Inter.
Quest’affinità fu innescata dall’allora capitano e bandiera nerazzurra Javier Zanetti, da sempre sensibile a queste tematiche, che dapprima convinse Moratti a devolvere al Chiapas i soldi delle multe accumulate dai calciatori nerazzurri nella stagione 2004, e grazie a questi fu acquistata un’ambulanza per l’ospedale di San Cristobal, per poi, una volta attaccati gli scarpini al chiodo, impegnarsi in prima persona con la sua “Fondazione Pupi”. Successivamente la società di Moratti avrebbe finanziato la realizzazione di un acquedotto e di altre infrastrutture fondamentali. Ciò fu il preludio al programma “Inter Campus” attraverso il quale, ormai con cadenza annuale, il club meneghino ha dato la possibilità a centinaia di giovanissimi chiapanechi non solo di condividere metodologia tecnica e valori applicati al gioco del calcio, ma anche per vivere giornate decisamente insolite fuori dal campo con dei tecnici provenienti direttamente dall’Italia.
In risposta a queste iniziative, il Subcomandante scrisse a Massimo Moratti una lettera molto scanzonata e ironica come nel suo stile: “Le scrivo per invitarla formalmente ad una partita tra la sua squadra e la selezione dell’EZLN nel luogo, data e ora che definiremo. Visto il grande affetto che nutriamo per voi, siamo disposti a non sconfiggervi e darvi un dispiacere, ma a battervi con un solo gol di scarto in modo che i suoi nobili tifosi non vi abbandonino!”. Marcos propose Aguirre (che aveva collaborato all’organizzazione) e Jorge Valdano come guardialinee e come arbitro nientepopodimeno che Diego Armando Maradona (sì, avete letto bene!) e la telecronaca sarebbe stata a cura di Eduardo Galeano e Mario Benedetti.
L’amichevole alla fine non si disputò, ma ciò tuttavia non impedì che questo feeling tra la squadra nerazzurra e l’EZLN continui tutt’ora come testimoniano altre missive scritte dall’ormai ex portavoce dell’EZLN sempre all’insegna dell’ironia perché in fondo, come scrisse Marcos in una di queste: “il calcio, ogni tanto, dovrebbe smettere di essere un affare e tornare ad essere uno sport divertente. Un gioco, come avete detto voi, basato su veri sentimenti”.
Giuseppe Ranieri