Il 18 luglio a Firenze (presso la palestra S. Pietrino) si terrà la terza assemblea per la costruzione del festival dello sport antisessista che si svolgerà a Torino l’ultimo weekend di settembre e che vedrà avvicendarsi allenamenti, partite, workshop organizzati da palestre popolari, singole e singoli e collettivi. Ma perché un festival dello sport antisessista?
"Basta! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche”.
Per parlare di sport (popolare) e antisessismo non si può non partire da questa affermazione dell’ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Felice Belloli, che nonostante abbia perso il posto con questa gaffe ha anche evidenziato quali siano alcuni sentimenti comuni su sport e genere nella nostra penisola. Belloli parlava infatti di un calcio, quello femminile, che di soldi ne ha pochissimi, perché in Italia lo sport professionistico è relegato a uomini che competono in poche discipline (oltre al calcio, la pallacanestro, il ciclismo, il motociclismo, la boxe e il golf) e metteva in luce un pregiudizio antico: che le donne che praticano sport considerati maschili siano lesbiche, e ne sminuiva il lavoro con un commento di natura sessuale. Le ragazze del calcio italiano hanno perciò deciso di annullare la finale di Coppa Italia, ovviamente nel quasi totale silenzio della stampa, che invece si prodigava nell’esaltazione del bacio tra Abby Wambach, della nazionale USA, e sua moglie mentre esultava per la vittoria ai mondiali femminili di calcio.
Due aneddoti estivi, dunque, che pongono l’accento sul tema dell’antisessismo nello sport e che evidenziano come un lavoro sullo stesso all’interno delle palestre popolari rappresenti un altro importante pilastro nella lotta per uno sport realmente accessibile, popolare e antisessista, antifascista, antirazzista.
I termini della discriminazione di genere in un campo che è così legato all’uso del corpo sono infatti potenzialmente infiniti, e non riguardano solo stereotipi legati a discipline considerate più o meno femminili o maschili (se sei frocio fai il ballerino, se sei una zoccola pole dance, se sei lesbica giochi a calcio), ma l’accesso stesso all’allenamento e alle gare. Accesso che viene reso più difficile e spesso impossibile per chi non sottostia - per volere proprio o della natura - al binarismo dei generi maschile e femminile. A trans e intersex le competizioni sono negate.
Qualcosa inizia però a muoversi per lo stivale e fuori: un festival dello sport “transfemminista” a Valencia, che mirava a creare spazi attraversabili da donne e trans che volessero condividere pratiche legate a corpi, autodifesa e sport di squadra; la campagna NoDiSex che pone l’accento sulla lotta alle discriminazioni in ambito di orientamento sessuale e genere sul campo; e la costruzione per settembre del festival dello sport antisessista a Torino (presso il c.s. Gabrio).
A tal proposito la chiamata per una terza assemblea vuole proseguire il lavoro organizzativo per creare una tre giorni all’insegna della condivisione di pratiche e di divertimento che metta al centro nuovi rapporti tra generi e identità partendo dallo sport nelle “nostre” palestre. Quelle che magari hanno già, un po’ per scelta, un po’ per necessità, gli spogliatoi misti e magari non riescono a mettere insieme abbastanza soldi per costruire le docce, che pongono l’accento sull’orizzontalità degli allenamenti e non solo sulla competizione. Palestre in cui ci sia posto anche per attribuire ai corpi che si allenano, incontrano e scontrano tra un diretto e un clinch anche il loro valore erotico (e dopo l'assemblea ci sarà un workshop su "sesso, bugie e lotta a terra" che cercherà di evidenziare proprio tali aspetti erotici del combattimento). Palestre in cui siano bene accette tutte le persone, anche quelle che per scelta o meno abbiano corpi “non conformi” alla norma di genere o di ciò che viene percepito come “corpo sano”.
L’obiettivo del festival, e dei workshop e allenamenti che si costruiranno all’interno dello stesso, è creare momenti di confronto sull’antisessismo, troppo spesso sbandierato all’interno dei movimenti e dello sport popolare senza che vi sia la reale pratica e condivisione di ciò che esso significa ed implica. Un percorso di cambiamento personale, politico e collettivo, iniziato con un riscaldamento all’aperto in una giornata organizzata il 7 giugno a Roma al parco Schuster e proseguito nella stessa giornata con un allenamento di pole dance.
“Lo sport dovrebbe abituarci al contatto col corpo degli altri, al rispetto e allo scambio di esperienze, sensazioni e punti di vista. Dovrebbe essere un modo per esprimere le potenzialità dei nostri corpi, per coltivare la nostra forza e la nostra energia, per esprimere la nostra sensualità e la voglia di sfidare i limiti che ci hanno invece insegnato ad accettare e rispettare, per entrare in relazione con altri corpi senza negare l’esperienza di scambio e condivisione che scaturisce dalla lotta e dal gioco. “ si legge in uno dei comunicati della rete di palestre popolari e singole persone che si sta riunendo per mettere in piedi il festival e non possiamo che augurarci che a settembre si giochi una bella partita.
Alice MM - Roma