Che cosa c’entra il River Liffey con la scena calcistica di Dublino e ancora più nello specifico, con l’accesa rivalità tra Bohemian FC e Shamrock Rovers? A Nord del fiume Liffey troviamo la zona dei “Bohs”, mentre quello a sud è territorio dei “Rovers”. “Bohs”, oppure “Gypsies” sono i nicknames con cui vengono identificati i supporters del Bohemians. Se il primo è un semplice diminutivo, il secondo rimanda a un aspetto interessante della storia di questo club. Il Bohemian Football Club viene fondato da un gruppo di studenti, riuniti il 6 Settembre 1890 a Phoenix Park. Al primo incontro ufficiale del club, iscritto alla Dublin Association FC, erano presenti solamente dodici giocatori, compreso un barbuto portiere con la sua pipa. La squadra nei primi anni della sua vita, vagando in cerca di un posto accettabile dove giocare, rappresentava appieno lo spirito “Bohemian”, un termine peraltro molto in voga nella Dublino dell’epoca, e allo stesso tempo ricordava un gruppo di “Gypsies”. Nel 1901 il Club si stabilisce definitivamente nel quartiere di Phibsborough in quello che è l’attuale campo da gioco e casa dei Bohs: Dalymount Park. La storia del Bohemians è caratterizzata da diversi successi a livello nazionale, e sporadiche apparizioni nelle coppe internazionali, ma c’è un elemento che ne definisce l’essenza: l’appartenenza del club alla comunità e al territorio di riferimento. Fin dalla nascita, avvenuta nel 1890, non c’è mai stato un ricco proprietario al vertice dei Bohs, ma sempre una solida base di membri/volontari, che coi loro sforzi economici e materiali hanno assicurato un presente e un futuro sostenibile alla loro squadra.
Da 130 anni, l’assemblea dei soci, che ad oggi conta 800 membri e il cui nome attuale è “Gypsies Supporters Trust”, si prende cura non solo del Bohemians in quanto squadra di pallone, ma anche della relazione con il territorio che abita. Per un semplice fatto: i proprietari del club sono gli stessi tifosi che risiedono a nord del Liffey. Per questa ragione le esigenze, le necessità e le aspettative della popolazione di questi quartieri sono anche quelle del Bohemians. Il senso di identità e l’impegno attivo dei volontari sono elementi fondamentali per le dinamiche del club, vedremo come. I supporters indirizzano le sorti della squadra acquistando una Membership Card, che non solo permette di sostenere economicamente il club, ma dà soprattutto il diritto alla presenza e alla partecipazione attiva nell’assemblea generale dei soci, oltre alla presentazione del resoconto economico annuale e dei piani per il futuro. Il principio è quello del democratico “one man, one vote”. Sono i soci, infatti, a votare le persone che vanno a occupare i ruoli strategici per il club, fino a quello di presidente. Dopo 3 anni di “Membership” qualunque socio può candidarsi ad un posto nel “Board of directors”, mentre dopo 5 anni di militanza può farlo per la posizione della presidenza.
L’elemento che in modo ancora più incisivo può spiegare la simbiosi tra i supporters e il proprio club, e che rimanda alle idee di territorio e comunità, risiede nel rapporto tra la “Bohemian Foundation” e l’area di Dublino Nord. La fondazione dei Bohs è un’organizzazione di riferimento per i tifosi, indipendente e senza scopo di lucro, che agisce sul territorio creando interazione coi cittadini. Lavorando di comune accordo con il “Dublin City Council” e altre strutture, sia istituzionali che non, come scuole, la prigione di Mountjoy e piccole società calcistiche, essa si pone come obiettivo quello di organizzare attività intese a migliorare il benessere, la salute e l’inclusione sociale della popolazione, in special modo di quelle categorie che si trovano a vivere una condizione di povertà ed emarginazione. La scelta fatta in questa stagione di sostenere la campagna di Amnesty International, stampando sulla maglia da trasferta il logo “Welcome Refugees” e sul colletto “Love football, hate racism”, dà una riprova dei valori che il club cerca di promuovere.
Dublin derby - Tiocfaidh ár lá Cumann Peile Bóithéimeach!
Lo scorso 15 Febbraio a Dalymount Park, è andato in scena il Derby di Dublino, tra i Bohs e lo Shamrock Rovers, la squadra che rappresenta il territorio a Sud del fiume Liffey. Niente male come partita inaugurale della stagione: questa infatti è di gran lunga la rivalità più accesa e famosa della Premier irlandese. All’odio calcistico si accompagnano le differenze rispetto alla struttura dei due clubs e alla mentalità dei supporters. Fatto riferimento al trust dei Bohs e alla gestione sostenibile e comunitaria della squadra, quella dei Rovers è invece la classica organizzazione verticistica, tipica dei grandi club europei, con sponsor importanti e con il presidente-padrone che ne finanzia le sorti. Assistere al Derby, come del resto alle altre partite dei Bohs, non è semplice, la capienza dello stadio è molto ridotta e il numero di Membership cards e abbonamenti stipulati questa stagione ha ridotto quello dei tickets disponibili a soli 400. La vendita online è durata circa un minuto e la fortuna mi ha premiato con un tagliando per la Jodi Stand, il settore dei supporters locali, la cui costruzione è stata finanziata nel 1999 da Tony O’Connell, ex bomber e vera icona del club Red and Black. Il Match è alle 14, ma voglio respirare l’aria del quartiere e della zona stadio nella giornata del Derby e alle 10 salgo le scalette della fermata “Luas” di Phibsborough. Questo quartiere è di tipo residenziale e Dalymount Park è posizionato letteralmente tra le case degli abitanti. Poco lontano dal Dalymount troviamo il Back Page, uno dei pub di riferimento della tifoseria. Lo si nota dal murales che copre tutta la facciata, raffigurante un tifoso con la sciarpa red and black e la scritta: “Go on Bohs!”. In questo pub e in pochi altri, è possibile trovare la Bohs Light, la birra lager del club. Su ogni pinta venduta, 50 centesimi vanno direttamente nelle casse della società, in questo modo per i tifosi è possibile sostenere la squadra anche con la propria sete! Dai muri nei dintorni dello stadio si riconosce immediatamente l’impronta politica e sociale dei Gypsies. Man mano che si avvicina alla via, piccola e stretta, dove si trova l’ingresso della tribuna locale, si presentano all’attenzione scritte fatte a bomboletta e diversi graffiti, come quello, splendido, dedicato a Colin “Riot” McQuillan, front man dei Runnin’ Riot, gruppo punk-oi! di Belfast. Colin è raffigurato cantando, con il pugno chiuso alzato, assieme ad un elmo troiano e alla frase: “This is a working class protest”. Più avanti, oltre alla lunghissima scritta “Bohemians FC 1890”, fatta lungo le mura esterne della tribuna, troviamo accanto all’ingresso della Jodi Stand: “Love Football Hate Racism”. Dentro lo stadio, un altro suggestivo murales raffigura Bob Marley, che proprio a Dalymount Park ha suonato nel 1980. Un ricordo indelebile per chi l’ha vissuto e un momento conservato nella memoria dei Bohs anche attraverso le foto e i manifesti che si trovano sotto gli spalti.
L’ingresso, attraverso il piccolo tornello manuale, avviene senza alcun tipo di controllo, al di là di dover mostrare il biglietto. Va registrato che nonostante il Derby sia sentito e che coinvolga migliaia di tifosi e che, oltretutto, le due fazioni abbiano spesso piccanti scambi di opinioni, l’ambiente dentro e fuori lo stadio manca in assoluto di qualsiasi carattere di militarizzazione. Il contingente delle forze dell’ordine, dalla parte dell’ingresso dei supporters di casa si conta sulle dita di una mano, limitandosi alla semplice presenza. E nonostante questo – o probabilmente proprio grazie a questo? –l’atmosfera è frizzante, ma allo stesso tempo accessibile e godibile per chiunque, a partire dai semplici tifosi fino ai Supporters più accesi. Sarà l’assenza di grandi interessi economici – per una partita che non verrà nemmeno trasmessa in TV – e quindi di quei processi di normalizzazione e repressione, ciò che ci riporta alla semplice, pura e allo stesso tempo passionale esperienza di una giornata di football? Certamente un argomento su cui varrebbe la pena di riflettere.
L’ambiente sotto gli spalti è un gioiello. Ci sono tre bar, due dei quali aperti a tutta la tifoseria: il Member’s Bar e il Phoenix Bar. Il primo è il bar dove solitamente stanno i soci più anziani e le famiglie. L’estetica è quella tradizionale di un pub, il tutto reso unico da quadri, foto, targhe e memorabilia che hanno il pregio di esaltare la storia del club. Si respira l’aria del calcio, quello vero. Sotto il simbolo dei Bohs, troviamo la dicitura: “Proudly Sponsored by Gypsies Supporters Trust”. La struttura sopra il bancone centrale racconta delle vittorie dei campionati e delle coppe, come la storica Setanta Sportscup vinta dal Bohemians nel 2010, una coppa che si giocava tra le squadre delle due leghe, la FAI e la IFA dell’Irlanda del Nord, poi interrotta nel 2014. L’altro bar, il Phoenix, è invece quello più ruspante, dove si raduna la parte più giovane e attiva del tifo. Lo si avverte a distanza dal rumore dei cori e lo conferma anche A.C.A.B. scritto a gesso sulla lavagna sopra il bancone, camuffato da “All colours are beautiful”. Oltre al classico acronimo che esprime simpatia verso le forze dell’ordine, si nota anche “Tiocfaidh ár lá”, a dimostrazione di quale sia la fazione per la quale i Bohs parteggiano, rispetto alla storia del loro paese.
“Tiocfaidh ár lá”, negli anni, è diventato lo slogan del movimento Repubblicano Irlandese e significa “Il nostro giorno verrà”. Il giorno in cui l’Irlanda sarà di nuovo unita, con le sei contee ancora occupate dai britannici, finalmente liberate. L’atmosfera è carica e devo dire che lo spirito di accoglienza è buono, non è difficile infatti fare conoscenza e scambiare due chiacchiere coi locali, occasione utile per capire qualcosa in più sul mondo dei Bohs, sulla dinamica dell’azionariato, ma anche sulla scena del tifo irlandese. Dopo qualche pinta, raggiungo la parte sinistra della Jodi stand, cuore del tifo Red and Black. Ci si accorge subito dell’assenza di dispositivi repressivi rispetto ad altri tipi di campionati più prestigiosi: più di metà tribuna è in pratica una standing area, dove i tifosi appunto stanno in piedi, infischiandosene oltretutto del formale divieto di fumo e lasciandosi andare a cori e anche all’accensione di torce e fumogeni. Il gruppo dei Rovers entra compatto a 10 minuti dal fischio d’inizio, giusto in tempo per la piccola coreografia dei Bohs. Un due aste dipinto rappresenta il simbolo della squadra, ricordando i 130 anni di storia del club, e aggiunge una dicitura: “Members owned since 1890”, a sottolineare la differenza di struttura ed estrazione sociale che distingue il Bohemian dagli odiati e ricchi Rovers. Qualche torcia accompagna uno striscione con su scritto: “The People’s Club”: Il Club della Gente. Il tifo è discreto, nonostante non ci sia grande organizzazione, ed è degno di nota un coro che rimarca la posizione della tifoseria rispetto alla propria identità politica: il ritornello di “Hey Jude” dei Beatles viene scandito con il motto ““Tiocfaidh ár lá Bohemians!”. Un coro che, assieme ad altri inneggianti all’Irish Republican Army, porterà a delle polemiche nei giorni successivi alla partita, con la tifoseria Red and Black accusata di “sectarian chanting”, per aver scandito queste parole in numerose occasioni. La partita termina 0-1 per gli ospiti, con un goal allo scadere che fa felice la gente della zona a Sud del Liffey, onestamente sotto tono dal punto di vista canoro fino al momento del goal, che ovviamente cambia le cose. Al triplice fischio la folla si riversa di nuovo sotto gli spalti, nei bar vengono ordinate delle pinte mentre qualcuno preferisce bersi la propria a bordo campo, commentando le gesta dei propri 11 e tentando magari di rendere la sconfitta meno amara. Con l’assoluta consapevolezza però, che quanto visto in campo, al di là del risultato, è la diretta emanazione dell’azione dei soci e volontari e che, per dirla con un frase utilizzata dai tifosi dello United of Manchester: “questo amore è differente, perché è nostro”. Up the Bohs.
As we approach,
I can feel it.
Delirium rising
My lost tribe
Calling me home
Once more.
Massimiliano