In questo periodo di quarantena a causa della pandemia da Coronavirus il mondo dello sport “mainstream” sta avendo più di qualche problema, soprattutto dal punto di vista economico. Come spiegato da noi in un recente articolo nell'universo del pallone nostrano, ad esempio, sono numerosi i club italiani che spingono per una ripresa dell'attività agonistica nel minor tempo possibile.
Al contempo, però, ci sono altre squadre che cercano di far finire il campionato nazionale adesso senza che vengano emessi i verdetti riguardanti vinti e vincitori. Quel che temono tutti di più, però, sono le conseguenze economiche di tale stop forzato che, manco a dirlo, vedono i famigerati compensi economici legati ai diritti tv a farla da padroni.
Insomma anche in questo caso, e nonostante i vari appelli all'unità giunti da varie istituzioni, ognuno cerca di tirare l'acqua al proprio mulino. Purtroppo questa non rassegnazione al fermarsi del tutto e a dar priorità alla salute non riguarda solo il vecchio continente e, nello specifico, l'Italia.
In Australia, probabilmente, si è andati anche oltre. Nel paese dei canguri, infatti, alla National Rugby League australiana(NRL, il più importante campionato legato alla palla ovale del continente australe) è venuta fuori un'idea che chi scrive giudica abbastanza inquietante.
Il succo di questa pensata, infatti, consiste non solo di far riprendere il campionato nazionale ma anche di trasformarlo in quel format che può essere descritto come “reality show”. Il luogo scelto per dar vita a questa idea sarebbe l'isola di Moreton, che si trova nell'area esterna della baia di Moreton lungo la costa sud-est dello stato del Queensland.
Su tale lembo di terra, che ricopre una superficie di 186 km quadrati ed è considerato un vero e proprio paradiso naturale a livello mondiale, si vorrebbero portare tutte le squadre che militano nella NRL per far disputare loro le rimanenti partite della stagione in corso. Oltre a ciò si vorrebbero mettere i giocatori dei vari team in un vero e proprio stato di reclusione.
Il luogo scelto per ospitare i vari rugbisti per tutta la durata dei restanti match di campionato sarebbe, nello specifico, il Tangalooma Island Resort di Moreton.
Manco a dirlo tutte le notizie riguardanti le giornate intere dei giocatori diventerebbero un vero e proprio pacchetto televisivo completo da vendere ai broadcaster per compensare la perdita dei mancati incassi da stadio.
Il presidente della della Rugby League australiana Clint Newton, ex stella della palla ovale locale, non si è detto contrario a tale ipotesi. “Siamo disposti a esplorare tutte le opzioni possibili per i giocatori, a condizione che prima di tutto vengano adeguatamente protetti e tenuti al sicuro, e faremo tutto il possibile per garantire che non vengano messi a rischio”. Queste le parole specifiche dello stesso Newton durante una recente intervista rilasciata a un'emittente televisiva del paese.
Tutto questo, premettendo che chi scrive non è un medico né un epidemiologo, sembra abbastanza rischioso e assurdo per alcune ragioni. Il solo fatto che sia ancora il dio denaro a dettar legge in una situazione mondiale del genere pare anormale.
Anche dal punto di vista medico tale scelta potrebbe non far altro che aggravare una situazione già critica. Il fatto di portare centinaia di giocatori, facenti parte delle 16 squadre che prendono parte a ogni edizione della National Rugby League australiana, in una piccola isola dell'Oceano Pacifico non sembra un rischio da correre soprattutto in un momento in cui i casi aumentano di migliaia di unità ogni giorno.
Tutto questo perché, a livello mondiale, gli esperti del settore ci dicono che uno dei modi più sicuri per cercare di bloccare il diffondersi del virus è mantenere quel maledetto distanziamento sociale. Se le persone normali non lo rispettano vengono multate e, in alcuni casi, anche arrestate e viste come dei veri e propri untori.
Se però a non rispettare tale regola saranno dei giocatori di squadre rugbstiche famosi nell'intera Australia allora si può fare uno strappo alla regola. Tutto questo perché lo spettacolo deve proseguire e le casse dei club devono essere rimpolpate di denaro in qualsiasi modo possibile.
Il fatto che poi le vite degli atleti siano riprese 24 ore su 24 senza garantire loro un minimo di privacy rende la situazione che potrebbe venire a crearsi ancora più macabra. Già ci lamentiamo per i troppi controlli a cui siamo costretti quotidianamente e che, questa pandemia mondiale, non ha fatto che rendere ancora più restrittivi; se poi però mettiamo altra carne al fuoco di nostra spontanea volontà possiamo definirci solamente masochisti.
Gli esempi in cui si è deciso di interrompere il “lato sportivo” di una nazione esistono: vedasi cosa sta succedendo nel campionato calcistico del Belgio in cui, molto probabilmente, la stagione terminerà con le ultime partite giocate a marzo. Sarebbe questa un'ottima occasione per stabilire una vera e propria priorità di intenti a livello globale, non facendola rimanere solo nelle belle parole spese che però poi verranno portate via dalla prima folata di vento capitalista!
Roberto Consiglio