Non v’è ombra di dubbio che i tanti appassionati di quel calcio che non è solo mainstream, gossip e freddi dati ma che al contrario mantiene un quid di passionalità e un elevato tasso simbolico, avevano già cerchiato in rosso la data del 18 aprile, giorno designato per una storica finale di Coppa del Re che quest’anno sarebbe stato un affare prettamente basco, vale a dire il derby tra l’Athletic Bilbao e la Real Sociedad.
Infatti pur non trattandosi di un unicum, perché a ben vedere un derby era già avvenuto ben centodieci anni fa quando nel 1910 l’Athletic si impose per una rete a zero sul Vasconia, società progenitrice della Real Sociedad, si tratta sicuramente di un evento storico.
L’importanza di questo match non riguarda solo le due società che hanno comunque avuto il merito di estromettere dalla competizione le due grandissime del calcio iberico: l’Athletic Bilbao ha superato il Barcellona per una rete a zero, mentre la formazione di Donostia (San Sebastian) si è presa addirittura il lusso di espugnare il Bernabeu con un pirotecnico 4-3. Entrambe comunque restano a digiuno di successi da ben trentacinque anni con l’effimera eccezione della vittoria in Supercoppa dell’undici bilbaino sul Barcellona che pochi mesi prima lo aveva seccamente sconfitto nella finale di Coppa. Tuttavia, nonostante questa prolungata astinenza di successi, bisogna comunque ricordare che il palmares della squadra di Bilbao non è affatto di secondo piano e anzi, nonostante tutto, resta la seconda squadra con più coppe nazionali vinte, ben ventiquattro, dietro solo all’inarrivabile Barcellona che ne ha vinte trenta (dunque, una squadra catalana e una basca in cima alla classifica delle vittorie nella coppa intitolata al Re di Spagna, non esattamente il top per gli “spagnolisti”), anche se la vittoria più recente appartiene alla Real Sociedad che nella finale di Saragozza del 1987 sconfisse l’Atletico Madrid ai calci di rigore.
Questa partita sarebbe stata una vera e propria festa per il popolo basco, per il suo incrollabile orgoglio e le proprie rivendicazioni che da sempre hanno trovato sponda nel rettangolo verde e nelle gesta dei propri interpreti in campo. Prima dello scatenarsi del Covid-19 infatti eravamo tutti curiosi di vedere cosa sarebbe successo a “La Cartuja” di Siviglia, sede designata della finale, se fosse andato in scena l’ennesimo capitolo dell’uso politico del calcio, del comportamento delle due tifoserie sugli spalti, dall’esecuzione dell’inno nazionale fino alla premiazione finale, ma anche di quello delle Tv di stato e delle istituzioni che siamo sicuri avevano già iniziato a sudare freddo a partire dalle semifinali, avendo ancora impressa nella mente la finale del 2015 tra Barcellona e Athletic Bilbao che non fu esattamente lo spot ideale per lo Stato spagnolo.
Ma sebbene finora abbiamo usato il condizionale, forse possiamo smetterla di arrenderci all’idea di dover assistere a una partita tanto importante quanto storica a porte chiuse. Infatti i presidenti dei due club, rispettivamente Jokin Aperribay della Real Sociedad e Aitor Elizegi dell’Athletic Bilbao, hanno fatto una richiesta congiunta al Segretariato Generale della RFEF affinché la Commissione delegata dell’Assemblea generale della Federazione, la cui prossima riunione si terrà domani 8 maggio, disponga di poter disputare la finale a porte aperte in una data da destinarsi, per renderla effettivamente una festa di popolo a tutti gli effetti, e per consentire ciò sono disposti a rinunciare al posto in Europa che garantisce la vittoria del trofeo e anche ai 2,9 milioni di euro che la partecipazione alle competizioni internazionali garantirebbe. D’altronde il regolamento lo consente, basterebbe infatti che questa finale si svolgesse non più tardi della settimana precedente a quella dell’edizione 2020-2021.
In un momento in cui in tutte le principali leghe calcistiche europee si procede a tappe forzate verso il ritorno sui campi di calcio (e anche la UEFA ha dato il diktat che le competizioni debbano concludersi entro agosto), dimostrando anche una grande insensibilità nei confronti di una tragedia globale − che, è bene ricordare, nonostante in Italia fortunatamente stia andando scemando in altri paesi è ancora a picchi altissimi − e cominciando a lamentarsi per le perdite economiche, ci sembra un segnale dall’enorme portato simbolico che tende a rimettere i tifosi al centro del pianeta-calcio, non a caso definiti nel comunicato congiunto “la vera ragione d’essere di questo meraviglioso sport”. Pertanto, augurandoci che dalla commissione di domani emerga un parere positivo, senza voler mischiare il “sacro” e il profano, possiamo affermare che dopo il famoso “derby dell’ikurriña” del 5 dicembre del 1976, quando i capitani delle due formazioni entrarono in campo reggendo la bandiera bandita dalla dittatura franchista per dare un segnale di identità e di voglia di libertà, la prossima finale di Coppa del Re sarà il secondo derby basco col più alto tasso simbolico, questa volta contro la dittatura del calcio business.
Giuseppe Ranieri