La storia di Jim Braddock è il classico esempio della tenacia che riesce a piegare un destino già segnato. Braddock era nato a New York il 7 giugno 1905, nel quartiere popolare di Hell’s Kitchen, neanche a farlo apposta a pochi passi dal Madison Square Garden, tempio della boxe statunitense. Braddock era figlio di quella marea irlandese che investì il continente americano nel periodo delle grandi migrazioni verso gli States. La sua era una famiglia cattolica, classico irlandese, e assai povera. Il ragazzo crebbe per strada a fantasticare di poter frequentare un giorno l'Università di Notre Dame e il suo primo sogno sportivo era quello di giocare a football. Ma l’estrema povertà della famiglia, molto numerosa, portò il ragazzo precocemente nel mondo del lavoro. Proprio in questi anni conobbe il pugilato e se ne innamorò. Così cominciò a cimentarsi nella nobile arte e durante la sua carriera dilettantistica arrivò a vincere il campionato di boxe del New Jersey. A 21 anni il giovane Braddock divenne professionista. Il ragazzo era forte e in soli tre anni arrivò ad avere uno score di tutto rispetto: 34 incontri vinti (21 per KO), 5 sconfitte e 7 pareggi.
La sua ascesa nei pesi mediomassimi sembrava inarrestabile. Ma due furono gli eventi che fermarono la sua corsa: un brutto infortunio alla mano e la grande depressione. Nel match per il titolo contro Tommy Loughran perse di pochi punti e si ruppe una mano. Questo infortunio pesò come un macigno sulla sua carriera. Non si riprese mai del tutto dalla frattura e i successivi incontri che sostenne furono continui fiaschi. Questa serie di risultati negativi portò Jim Braddock fuori dal circuito della boxe che contava e di conseguenza a guadagnare sempre meno soldi per mantenere la sua famiglia. Non potendo combattere e avendo una mano fratturata, il risultato fu che la sua famiglia precipitò nella crisi economica. Come se non bastasse, nel 1929 l’America venne investita dalla Grande Depressione. Il paese crollò sotto i colpi della crisi che creò uno squarcio nell’economia americana. I poveri divennero ancora più poveri e insieme a loro si aggiunsero “i nuovi poveri”, prodotto di questo terremoto economico. La fame e la disperazione erano all’ordine del giorno. La famiglia di Braddock non fu risparmiata da questa spirale di povertà. Ormai il pugile irlandese “non valeva più nulla” dal punto di vista pugilistico e non veniva più ingaggiato per dei match. I soldi in casa erano pochi e così Braddock decise di abbandonare la boxe e di cominciare a lavorare al porto, dove riusciva a racimolare qualche soldo che delle volte bastava solo per sfamare i suoi figli.
Alla boxe Braddock non pensava più. Intanto negli Stati Uniti alla Casa Bianca arrivò un nuovo presidente: il democratico Franklin Delano Roosevelt. Era il 4 marzo e il nuovo presidente aveva promesso un New Deal per uscire dalla crisi e rilanciare la nazione americana. Il 1933 fu anche l’anno in cui la vita di Braddock cambiò radicalmente. Joe Gould, suo manager e amico, riuscì a organizzare qualche incontro per Jim. Grazie a questi match, il pugile irlandese riuscì a guadagnare un bel gruzzoletto che fece respirare la sua famiglia. Tenere il ritmo di allenamenti sfibranti con una mano più debole non era facile, ma il fisico del Bulldog Di Berg (primo soprannome sportivo di Braddock) resse bene l’impatto dopo tanta inattività. Nel 1934, dopo una serie di buoni successi, Braddock doveva sostenere il pre match al main event della serata, che era Max Baer contro Primo Carnera. Il suo avversario era il quotatissimo John Griffin. Per Griffin il match contro l’irlandese doveva essere una passeggiata di salute. A dispetto di tutti i pronostici della vigilia, Braddock inflisse una severa punizione al pugile mettendolo KO alla terza ripresa. Battuto Griffin, il pugile di Hell’s Kitchen dovette affrontare una sua vecchia conoscenza: John Henry Lewis. Braddock lo aveva già affrontato in passato ed era stato sconfitto, ma questa volta il copione ebbe un finale diverso.
Braddock sconfisse anche lui dando una dimostrazione di potenza pura. A questo punto non era più un caso, Jim Braddock era tornato. Nella Hell’s Kitchen provata dalla crisi economica le vittorie di Braddock diedero nuovo entusiasmo e la gente cominciò a seguire le gesta del proprio campione alla conquista del riscatto sociale. Il match per il titolo mondiale non era più un'illusione, era lì, era a portata di mano. L’ultimo ostacolo da abbattere per arrivare al titolo era il giovanissimo e temuto Art Lasky. Il 22 marzo 1935 si svolse il match, che vide la vittoria di Cinderella Man, che a questo punto era diventato ufficialmente il contendente numero uno al titolo mondiale dei pesi massimi. Il campione del mondo era Max Baer, che nello stupore generale un anno prima aveva strappato il titolo mondiale alla “montagna che cammina” Primo Carnera. Baer era un avversario ostico, un tremendo picchiatore che non lasciava respirare il proprio avversario. A Hell’s Kitchen l’entusiasmo era alle stelle. Tutto il quartiere era pronto a sostenere il suo pugile e suo figlio prediletto. Il 13 giugno 1935 il match ebbe luogo lì, a due passi dal suo quartiere, nel tempio della boxe: il Madison Square Garden. Una folla immensa salutò Braddock che si avviava al palazzetto per il suo match più importante.
Quella sera un quartiere intero stette col fiato sospeso nei locali, nelle case e nella chiesa dove Jim andava a messa. Tutti con la radio erano sintonizzati sulla frequenza che trasmetteva il match in diretta. Alla fine di quindici spettacolari round tirati, un verdetto unanime tolse ogni dubbio: Braddock era il nuovo campione del mondo dei pesi massimi. Nell'incredulità generale, Braddock aveva compiuto l’impresa e arrivò dove l’infortunio e il fiato gli avevano impedito di arrivare anni prima. Hell’s Kitchen alla proclamazione della vittoria di Braddock scoppiò in un boato generale di gioia, con festeggiamenti che durarono tutta la notte in cui il nuovo campione del mondo venne portato in trionfo dalla sua gente. Il regno di Braddock finì nel 1937, quando sulla strada trovò “The Brown Bomber” Joe Louis che gli strappò il titolo mondiale. Lo stesso Louis dopo il match dichiarò che Braddock era il pugile più coraggioso che avesse trovato sulla sua strada. La carriera del pugile irlandese finì nel 1938 con una vittoria.
Appesi i guantoni al chiodo si arruolò nell’esercito americano, insieme al suo manager e amico Joe, dove insegnò il combattimento corpo a corpo ai soldati in guerra. Dopo la guerra lavorò come operaio specializzato e fornitore di equipaggiamenti per la marina militare. La storia di Jim Braddock è quella di un uomo che non si è mai arreso neanche nei momenti più bui della sua vita. Dopo il suo ritiro, la boxe riconoscerà il valore di un campione capace anche di piegare il destino inserendolo nella International Boxing Hall of Fame. Braddock è stato la prova vivente di cosa significhi la parola pugile, cosa voglia dire rialzarsi dopo ogni sconfitta e cosa ti porti dentro crescendo in un quartiere come Hell’s Kitchen. Fu l’emblema perfetto del campione della working class.
Marvin Trinca