L'8 giugno 1990 prendeva il via la Coppa del Mondo Fifa di Italia 90. In questi giorni, manco a dirlo, su vari giornali del Belpaese si possono leggere numerosi articoli e ricordi “romantici” di quelle giornate che, purtroppo per i colori azzurri, si conclusero in un modo non proprio felice.
Al contempo, sono stati veramente pochi coloro che hanno messo in risalto i vari problemi, soprattutto dal punto di vista economico, che quel mega-evento lasciò. Tra stadi enormi costruiti nel nulla, si pensi al San Nicola di Bari, in zone che avevano bisogno di ben altro tipo di servizi pubblici, e infrastrutture mai utilizzate sono stati parecchi gli sprechi, grazie soprattutto ai preventivi non rispettati, in lungo e in largo per tutto lo Stivale.
Non è mancato neanche chi ha raccontato le curiosità e gli aneddoti, legati prettamente all'ambito calcistico, di quell'evento. Sono molti gli esempi che si possono fare in questo campo: dal fatto che quello italiano sia stato l'ultimo mondiale a cui partecipò la nazionale tedesca divisa fino alla strabiliante impresa della nazionale africana del Camerun che riuscì ad arrivare fino ai quarti di finale del torneo prima di essere eliminata dall'Inghilterra.
Noi, in questo pezzo, vi vogliamo raccontare un'altra serie di aneddoti che però si svolsero, principalmente, fuori dal terreno di gioco. Protagoniste difatti furono, nella maggior parte dei casi, le tifoserie ospiti che si riversarono nella varie città italiane per seguire e incitare i loro beniamini sul campo.
1. Parlando un attimo degli sprechi che ci furono è interessante citare il caso dello stadio Delle Alpi di Torino. Il grande impianto, inaugurato ufficialmente il 31 maggio 1990 e che doveva contenere fino a 75.000 spettatori, venne costruito con una serie di imprecisioni imbarazzanti che vennero a galla durante la serata inaugurale.
Le prime cinque file di tutti i settori, ad esempio, erano troppo basse e vicine al campo. Questo fatto non avrebbe permesso, a coloro che si sarebbero seduti su quei seggiolini, di vedere ciò che succedeva sul terreno di gioco.
Per ottenere l'omologazione dell'impianto le file più vicine al campo vennero chiuse. Ciò comportò una perdita di circa 3/4000 posti e il Delle Alpi passò da una capienza massima di 75.000 posti a 70.000.
La curva, che in seguito divenne il cuore del tifo più caldo juventino, presentò, sempre durante la serata inaugurale, un problema legato all'ordine pubblico. La sua uscita risultò, difatti, essere stata costruita troppo bassa visto che non riuscirono a passarci dei mezzi di soccorso che erano stati chiamati all'interno dell'impianto per una prova.
Il Delle Alpi, inoltre, doveva essere usato anche come uno stadio per l'atletica leggera visto che, tra campo di calcio e spalti, era stata costruita una grande pista dove correre. La stessa Torino, d'altronde, è da sempre stata una delle città simbolo dello Stivale per quanto riguarda l'associazionismo sportivo.
La suddetta pista doveva rispettare una lunghezza base di 400 m; dagli esami fatti, però, risultò essere lunga 399,95 m e quindi non omologabile per eventi podistici.
Per tale motivo l'impianto torinese non ospitò mai manifestazioni di atletica leggera. La pista, però, rimase lì come se nulla fosse e rappresentò un grave handicap per quel che riguardava la visuale del campo dagli spalti.
2. Il 30 giugno 1990 si disputò il quarto di finale, all'Olimpico di Roma, tra i padroni di casa dell'Italia e la sorprendente Irlanda allenata da Jack Charlton. La partita si concluse 1 a 0 a favore degli azzurri, grazie a una rete di Schillaci, cosa che permise di continuare il cammino verso quell'agognata finale che, a detta di molti, doveva essere l'obiettivo minimo da raggiungere.
L'Eire, dal canto suo, non sfigurò affatto e diede filo da torcere ai ragazzi di Azeglio Vicini. Fondamentale, durante quel torneo, per la formazione di Dublino fu la figura di Charlton: storico allenatore che però, essendo di origine inglese e di religione protestante, per ovvi motivi storico-politici non poteva esser ben visto dai tifosi verdi.
Nel 1966 Charlton era riuscito a vincere il Mondiale con la maglia dell'Inghilterra grazie al famoso gol fantasma nella finale contro la Germania allo stadio londinese di Wembley. Esso, ad oggi, resta l'unico trofeo internazionale alzato al cielo dalla nazionale dei Tre Leoni.
Egli approdò sulla panchina della nazionale dell'isola di Smeraldo nel 1986. Nel 1988 durante l'Europeo svoltosi in Germania Charlton guidò l'Irlanda alla prima, e possiamo dire storica, vittoria calcistica contro la stessa nazionale di Londra.
Un fatto che, con il magnifico cammino al mondiale italiano, fece entrare Charlton nel cuore dei tifosi irlandesi. La sua fama a Dublino crebbe talmente tanto che, nel 1996, gli venne conferita la cittadinanza onoraria irlandese.
Al termine dell'incontro nell'impianto capitolino i tifosi dell'Isola di Smeraldo mostrarono tutto il loro attaccamento alla maglia. Nonostante l'eliminazione dal torneo, dalla zona degli spalti da loro occupati, cominciarono a partire dei cori di incitamento verso lo stesso Charlton. L'allenatore inglese, dopo oltre un'ora durante la quale i cori non erano minimamente cessati, rientrò sul terreno di gioco e fece un giro di ringraziamento sotto i settori occupati dagli irlandesi.
Una volta terminato il suo giro di campo personale, il coach richiamò l'intera squadra e fece fare anche a loro la stessa cosa per il supporto ricevuto. Un fatto che, nel calcio attuale, si è visto ben poche volte negli ultimi tempi.
3. Il 4 luglio 1990 si svolse la seconda semifinale tra Germania Ovest e Inghilterra. La sede scelta per la partita fu il sovracitato Delle Alpi di Torino, la città della Juventus.
Solamente pochi anni prima, il 29 maggio 1985, i tifosi juventini e quelli inglesi del Liverpool erano stati protagonisti della cosiddetta “tragedia dell'Heysel” a Bruxelles durante la finale di Coppa Campioni. In quell'occasione gli hooligans inglesi invasero il settore dedicato ai supporter bianconeri dello stadio Heysel (attualmente conosciuto con il nome di Stadio Re Baldovino).
I morti furono 39, i feriti oltre 600. Essa resta, ancora oggi, una delle più grandi tragedie del mondo del calcio su cui non è mai stata fatta totale chiarezza.
L'occasione per i tifosi bianconeri di cercare rivalsa in quella giornata di inizio luglio di 30 anni fa era troppo ghiotta. E difatti, dato l'arrivo in città di numerose frange estreme degli ultras inglesi, non si fecero sfuggire l'occasione.
I supporter provenienti dal regno di sua maestà si resero protagonisti di alcuni scontri anche durante la mattina, nelle ore precedenti l'incontro, con i loro “colleghi” teutonici nella zona della stazione ferroviaria di Porta Nuova.
Gli ultras italiani, invece, scesero in campo la notte precedente il match, terminato 4 a 3 dopo i calci di rigore a favore dei tedeschi. I maggiori momenti di tensione si registrarono nella zona di Parco Ruffini che era il luogo di ritrovo dei supporter provenienti da Londra.
In tale occasione ogni tifoso dei Tre Leoni che era visto in giro per il capoluogo piemontese veniva prelevato dall'intervento della polizia, e portato in quello che i locali conoscevano con il nome di “Valentino Nuovo”. In quelle ore, insomma, avvenne una vera e propria “caccia all'inglese” sia da parte dei supporter italiani che da parte delle forze dell'ordine.
Tra le file degli ultras del Belpaese erano presenti sia esponenti dei gruppi del Torino che di quelli della Juventus. Un fatto abbastanza insolito vista l'acerrima rivalità che caratterizzava già al tempo queste due tifoserie.
Ad essi, inoltre, si unirono numerosi altri ultras provenienti da varie città di Italia. Insomma, ci fu una vera e propria unione dei supporter italiani in questa occasione nonostante in numerose partite dei campionati nazionali di quel periodo si rendessero protagonisti di molteplici momenti di tensione tra loro stessi.
4. L'8 luglio 1990 si giocò la finalissima del torneo tra Germania Ovest e Argentina presso lo stadio Olimpico di Roma. Fin dalle prima ore della mattina, nei pressi dell'impianto capitolino, erano presenti numerosi bagarini, soprattutto italiani, che cercavano di vendere i biglietti della partita ai tifosi delle due squadre finaliste giunti in città senza essere in possesso del prezioso tagliando.
I bagarini, dal canto loro, attuarono una vera e propria “lista di preferenze” e cercarono di vendere i tagliandi, naturalmente a prezzi triplicati, soprattutto ai supporter tedeschi e non a quelli argentini. Questa scelta avvenne soprattutto per due ragioni, una economica e una calcistica. Per quanto riguarda la prima ragione vi era il fatto che il marco tedesco, la valuta allora usata in Germania, era molto più forte del peso argentino e quindi il cambio con la lira nostrana risultava alquanto più favorevole.
Per quanto riguarda l'ambito sportivo, invece, gli italiani volevano far pagare, in qualche modo, ai tifosi argentini il fatto che la loro squadra, guidata da Diego Armando Maradona, aveva eliminato i ragazzi di Vicini dal torneo di casa solamente 4 giorni prima nella semifinale giocata a Napoli.
Per questa ragione, all'interno dello stadio, i tifosi teutonici erano largamente in maggioranza rispetto ai loro “colleghi” sudamericani. Anche il fatto che l'inno nazionale argentino, durante la sua esecuzione, venne sonoramente fischiato dai supporter italiani presenti fece sì che il clima fosse totalmente a favore della nazionale di Berlino che, alla fine, riuscì a portare a casa il trofeo vincendo 1 a 0 con gol di Andreas Brehme al minuto 85.
5. La sera stessa della finale, dopo la partita, i dirigenti tedeschi con le loro famiglie, e molti “infiltrati”, per festeggiare la vittoria nella finalissima tornarono alla Borghesiana, nella zona di Roma est. Proprio qui infatti, in occasione del mondiale del 1990, era stato costruito un centro sportivo all'avanguardia che era stato scelto dalla federazione calcistica teutonica come quartier generale dei ragazzi allenati da Franz Beckenbauer.
In preda a qualche birra di troppo e all'euforia per la vittoria, i tedeschi misero a “ferro e fuoco” il luogo per parecchie ore. Dopo quella serata il centro sportivo ebbe bisogno di una costosa e lunga ristrutturazione.
La federazione calcistica di Berlino si scusò prontamente e cercò di dare una mano, dal punto di vista finanziario per la ricostruzione. Negli anni successivi inoltre, ogni volta che una squadra tedesca veniva a Roma per un qualsiasi motivo, un suo rappresentante si recava alla Borghesiana per rendere omaggio al centro sportivo e alla sua qualità.
Questo avvenne, per esempio, durante la fase a gironi della Champions League 2015/2016 quando la Roma pescò i tedeschi del Bayer Leverkusen nel girone E. Per la partita valevole la quarta giornata del gruppo, giocatasi mercoledì 4 novembre 2015 allo stadio Olimpico, la squadra tedesca arrivò nella Città Eterna martedì 3 novembre.
Il dirigente del Leverkusen Rudi Völler, che prese parte alla spedizione del 1990 e che fu un importante centrocampista della stessa squadra giallorossa tra fine anni '80 e inizio '90, andò poche ore prima dell'incontro alla Borghesiana per rendere omaggio a ciò che era avvenuto in quella calda sera d'estate di 25 anni prima.
A testimonianza di ciò, in conclusione del pezzo, possiamo dire che numerosi team calcistici della Germania lasciarono molte reliquie alla Borghesiana. Oggigiorno infatti sono visibili, nello stesso centro sportivo, una consistente quantità di magliette di squadre come lo stesso Leverkusen, il Werder Brema o la nazionale di Berlino.
Roberto Consiglio, con la collaborazione delle Brigate Garibaldi FC Sankt Pauli