In occasione dell’uscita di “Una trasferta lunga una vita. Passioni sportive e storie militanti di un ultras eretico”, scritto da Mariano Aloisio per Hellnation Libri, pubblichiamo il capitolo che dà il titolo al volume. Dedicato, neanche a dirlo, a uno dei cardini della vita vita ultras: la trasferta.
Per molti emigrati “malati” come noi, per studio o per lavoro, c’era e, ancora per pochi, c’è un solo modo per non staccare mai il cordone ombelicale che ci tieni uniti alla terra madre: seguire e sostenere il Catanzaro, soprattutto in trasferta. Non sono mai esistite donne, feste, intemperie, manifestazioni, vacanze che potessero sovvertire quest’ordine divino. La trasferta veniva prima di ogni altra cosa al mondo. Che fosse a cento chilometri di distanza o a mille, che avessimo diecimila lire in tasca o cinquantamila, non faceva alcuna differenza. Per gente senza patria come noi, romani a Catanzaro e calabresi a Roma, tifare la squadra della propria città anche in serie Z era motivo d’orgoglio e marcava una notevole differenza. Soprattutto ci distanziava da quelli che chiamavamo “calabresi pentiti”, ovvero quella moltitudine di “perdenti” che, attraverso il tifo per squadre tipo Milan, Inter e Juve, cercavano un riscatto sociale o un modo, sbagliato, di integrarsi nelle città dove erano emigrati.
In particolare, la nostra sezione di Roma degli UC73 era fra le più agguerrite e numerose. Capitò spesso, in qualche trasferta del centro o del nord, di essere più numerosi del gruppo portante di Catanzaro.
Arriviamo alla traversata oceanica del novembre del 1995 con destinazione Marsala. Il Trap, la Polacca, Piuma e Rocco partirono il giorno prima per spezzare il viaggio proibitivo. Io decisi di compiere l’impresa aspettando tre folli della sezione di Bologna: Ivan, Gioman e Fabrizio. E qui i primi due compirono una vera e propria magia. Le loro bacchette magiche erano la carta carbone e la gomma pane. E così trasformarono un semplice biglietto Bologna – Imola da ben tremila lire, acquistato rigorosamente nell’agenzia San Vitale, in un preziosissimo Bologna – Lamezia Terme andata e ritorno per quattro persone dal valore di circa 780mila lire. Quell’agenzia era famosa in tutta Italia per essere rimasta l’ultima a scrivere i biglietti con la matita blu. Quindi, dopo aver rifocillato i “bolognesi” a casa mia, partiamo per ricongiungerci con gli altri alla stazione di Lamezia e proseguire il viaggio insieme. Allegramente squattrinati, passammo il viaggio dalla Calabria a Palermo nascondendoci in ogni dove: nei bagni, sotto i sedili o sulle scomodissime grate porta-valigie. Senza perdere pezzi, giungemmo in una ventina alla stazione di Palermo. Non esistendo alcun collegamento ferroviario per arrivare in tempo per la partita, dopo aver proficuamente scollettato, salimmo su un pullman di linea che ci portò nella ridente cittadina siciliana, famosa per l’omonimo vino dolce. Dopo un po’ di scaramucce con indigeni e polizia riuscimmo a entrare gratis allo stadio. I giallorossi vinsero per 1 a 0, ma per noi il risultato fu sempre un dettaglio di poco conto. A fine partita gli animi si riscaldarono ulteriormente. E qui si pose un problema grosso per la polizia; non c’era alcun mezzo per tornare a Messina prima della mattina seguente. Alcuni trovarono un passaggio con chi era venuto in macchina. I rimanenti lazzari felici, tra cui il sottoscritto, per motivi di ordine pubblico furono costretti a tornare col pullman della squadra fino all’imbarcadero. A dirla tutta, più che convincere noi, gli sbirri dovettero imporre di darci un passaggio alla società, con la quale noi ultras non avevamo sicuramente rapporti idilliaci. Salutati i rimasugli umani che scesero a Lamezia, ai quattro dell’ave Maria si aggiunse la Polacca, che rimase nascosto sotto i sedili per tutto il viaggio fino a Roma. Nel tragitto, ricordo un buon samaritano controllore che, dopo aver preso visione del biglietto-truffa, ebbe pietà di noi e ci lasciò arrivare alle rispettive destinazioni. Per la cronaca, sabato partii da Roma con 22mila lire in tasca e ci tornai lunedì con 13mila.
Mariano Aloisio