Quando nel lontano 1976 nei cinema di tutto il mondo fece la sua comparsa il primo film della saga di Rocky, sceneggiato da Stallone e diretto da Avildsen, sembrava la classica storia stereotipata di uno che proveniva dai bassifondi e riusciva a trovare la sua notorietà nel mondo sportivo americano. In realtà dietro a questo film ci fu una costruzione molto accurata che si ispirava alla vita di un pugile realmente vissuto e che ebbe anche la lui la sua opportunità nella vita: Chuck Wepner. Wepner fu un pugile modesto con uno score normalissimo, che non aveva mai avuto il guizzo per il salto di qualità verso il titolo mondiale. Don King, allora giovanissimo manager e promoter di eventi pugilistici con alle spalle l’organizzazione del The Rumble In The Jungle notò questo coriaceo pugile pensando che fosse l’avversario giusto da mandare contro Muhammad Alì.
Il match si svolse a Richfield, nell’Ohio, il 25 marzo 1975, e per molti critici del tempo sembrava una follia mandare un pugile semi sconosciuto e dalle modeste doti tecniche contro uno come Alì. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su questo pugile proveniente dal New Jersey che andava a scontrarsi contro il più grande di tutti i tempi. L'incontro come era prevedibile cominciò all'insegna di Alì, che scagliava con forza tutti i suoi colpi, ma nonostante ciò Wepner resisteva. Passava il tempo, però gli attacchi di Alì non buttavano giù l'avversario, un ottimo incassatore. Alla nona ripresa successe l’inimmaginabile: Wepner involontariamente pestò il piede ad Alì e nel mentre lasciò partire un forte diretto al petto del campione del mondo che lo fece cadere a terra. Il pubblico rimase sbigottito e non credeva a ciò che aveva visto. Alì si rialzò subito e per le restanti cinque riprese ricoprì di colpi Wepner che incredibilmente rimase in piedi. Nei pochi secondi che scandirono la fine della quindicesima ripresa Alì mise al tappeto Wepner, che incredibilmente trovò la forza di rialzarsi, ma l'arbitro vedendo in che condizioni versava decise di interrompere l'incontro e Alì vinse per KO tecnico alla 15ª ripresa. Nonostante ciò Wepner fece una gran figura resistendo fino in fondo. Un giovanissimo Sylvester Stallone seguì il match in TV e rimase impressionato e affascinato da questo pugile semisconosciuto che aveva resistito 15 riprese contro il più grande pugile di tutti tempi, mettendolo anche a sedere alla nona ripresa. Al tempo Stallone aveva incominciato da poco a lavorare per la sceneggiatura del film che lo consacrerà al mondo intero come divo assoluto, cioè Rocky. Così, decise che il protagonista del suo film doveva nascere e ispirarsi al pugile Chuck Wepner. Ecco che in questo contesto Wepner divenne Rocky Balboa e Muhammad Alì invece assunse i panni di Apollo Creed.
Nel costruire la storia della vita di Rocky, Stallone si ispirò anche qui a Wepner, perché il suo personaggio era quello di uno sconosciuto pugile bianco di Philadelphia, che viveva di stenti e guadagnava pochi spiccioli con gli incontri di boxe. Come Wepner, un giorno gli capitò l’occasione della vita, cioè battersi contro il campione del mondo Apollo Creed, in quello che doveva essere solo un incontro di spettacolo. Le sequenze mostravano un incontro ricco di colpi di scena, con l'atterramento alla prima ripresa del campione del mondo dopo un gancio sinistro di Rocky, e con la grande resistenza e il coraggio del giovane italoamericano che stupì anche Apollo Creed. L'incontro finisce con la vittoria ai punti di Creed, che non riesce a mandare al tappeto il suo avversario, e conserva il titolo ma non la gloria: gli onori, infatti, sono tutti per Rocky che realizza l'impresa della vita. Mettendo un attimo da parte il match, se si analizza in modo profondo la struttura del film di Stallone si può notare che sono presenti parecchie caratteristiche legate all’essenza del pugilato. Rocky è un italoamericano nato e cresciuto nei bassifondi di Philadelphia. Si guadagna da vivere facendo il recupero crediti per un malavitoso locale e sostenendo incontri al limite della legalità. Un giovane di trent’anni cui un giorno, qui la ripresa nel film della retorica del sogno americano, viene proposto di affrontare per il titolo mondiale il campione Apollo Creed. Da quel momento in poi il film si articola sulla figura di Rocky, sul modo in cui diventa un punto di riferimento per il quartiere, su come la boxe gli consente di riscattarsi moralmente e socialmente.
Nel personaggio creato da Stallone è racchiuso anche una sorta di omaggio per quei pugili italoamericani che si sono resi grandi nella boxe statunitense. Pugili come Jake LaMotta, Rocky Marciano e Rocky Graziano. Inoltre un altro e doveroso omaggio a quello che è lo scopo primario del pugilato nella società in cui viviamo, cioè elevare la condizione sociale delle persone e dargli una seconda possibilità nella vita. Stallone è forse il primo a portare sul grande schermo quel mondo del proletariato e sottoproletariato delle periferie più povere statunitensi senza nessun filtro, descrivendo in maniera cruda e vera cosa volesse dire formarsi in un contesto del genere. Nel corso della saga dei film, il suo personaggio riesce poi a battere Creed conquistando il titolo mondiale, raggiungendo così la fama e la ricchezza, come si vedrà nel terzo e quarto film, ma rendendosi poi conto che si è scordato da dove viene, fino a ritornare da dove era partito un po' per guai finanziari e un po' anche per ritrovare se stesso dopo essersi smarrito per il troppo successo. Un monito per tutti, per farci sempre ricordare che nonostante si possa cambiare in meglio, dal punto di vista economico, la nostra vita, non dobbiamo mai scordarci da dove siamo venuti e i luoghi che ci hanno consentito di diventare quelli che siamo.
Marvin Trinca