Era da tempo che si avvertiva la necessità di un incontro nazionale che riuscisse a creare dei momenti di confronto tra i protagonisti della scena del calcio popolare. Anche dalla nostra pagina, avevamo più volte espresso questo bisogno per poter fare il punto della situazione, a maggior ragione dopo una situazione eccezionale come quella del lockdown che ha scompigliato le carte praticamente a tutte le realtà. Così quando siamo venuti a conoscenza dell’organizzazione di questo evento da parte di un gruppo di realtà della Toscana del Nord e della Liguria – che già da qualche tempo lavorano in sinergia e riescono a elaborare proposte di ampio respiro e mai banali – abbiamo salutato con piacere l’iniziativa, perché avrebbe colmato un vuoto che cominciava a essere troppo ingombrante e che andava riempito con il vissuto di chi è quotidianamente protagonista dell’inarrestabile sviluppo (che probabilmente sta andando ben oltre le previsioni) di un movimento che non è solo un altro modo di vedere e vivere il calcio, ma anche la punta avanzata delle pratiche di riappropriazione nel nostro paese.
Per tutte queste ragioni, e per mille altre ancora, abbiamo ritenuto opportuno essere presenti a tutti costi, nonostante qualche difficoltà logistica (che comunque veniva ampiamente bilanciata dalla bellezza della location, un casolare in pieno Appennino Tosco-emiliano) per dare anche noi il nostro piccolo contributo, conoscere da vicino le nuove realtà che sono nate in questi anni e per salutare vecchi amici e compagni incontrati sia in questo ambito che in altri percorsi di militanza, con cui al di là delle questioni “deontologiche” si sono stabiliti anche dei rapporti interpersonali, per cui ogni scusa è buona per fare festa.
D’altronde, l’ultimo momento di confronto di dimensione nazionale, risale all’inizio del 2016 in quel di Spinaceto a Roma e da allora di acqua sotto i ponti ne è passata anche parecchia. La situazione è mutata dal punto di vista geografico, perché al netto di qualche defezione “fisiologica” per motivi tutti differenti tra loro, lo spettro delle società che hanno intrapreso la strada dell’azionariato popolare e più specificatamente hanno contribuito allo sviluppo di questo movimento si è notevolmente ampliato e oggi riesce a coprire gran parte della penisola. Inoltre i successi ottenuti dalle nostre compagini in questi anni hanno consentito di affacciarci verso nuove categorie che imponevano nuove sfide (e costi) e di conseguenza ragionamenti più profondi per poterle affrontare in maniera coerente e senza partire battuti in partenza, e allo stesso tempo proporre modelli da cui attingere per le squadre neonate. Forse è proprio questa una delle cose che mi è piaciuta maggiormente col senno del poi: il fatto che esperienze ormai collaudate e dimostratesi vincenti nei loro territori, si siano dimostrate prodighe di consigli per quelle ancora in fase embrionale, in nome di quello scambio continuo che è alla base non solo della nostra idea di calcio, ma di quella di società per cui lottiamo quotidianamente, ognuno a modo nostro.
È innegabile che a diversi presenti sia venuto automatico fare un paragone tra i primi incontri e quello odierno, anche perché riteniamo che sia sempre un valido esercizio, e non semplice autoreferenzialità, guardare da dove si è partiti e constatare dove si è arrivati, e sentirsi anche un po’ orgogliosi e rinfrancati nel constatare che a distanza di anni siamo ancora qua a dare corpo a quella che nella stragrande maggioranza dei casi era una scommessa guardata con malcelato scetticismo e diffidenza da chi ci stava intorno.
Non a caso, il programma di quest’incontro era particolarmente denso e allo stesso tempo ambizioso e teneva conto di tutte queste premesse: infatti dopo l’assemblea plenaria introduttiva, si sarebbero creati cinque tavoli di lavoro che avrebbero affrontato altrettante tematiche e che allo stesso tempo lasciavano trasparire una “sovrapposizione armonica” tra i temi che ormai dovremmo definire storici del calcio popolare e della sua fisionomia, con altre che risentivano maggiormente dell’attualità. Nello specifico i tavoli, in ordine crescente, vertevano sulla declinazione dello sport popolare in quanto:
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diritto gratuito e autorganizzato
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aggregazione e veicolo di socialità
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terreno di scontro politico
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megafono antisessista
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momento di radicamento nelle fasce più giovani
L’obiettivo era quello di riuscire a partorire una sorta di manifesto programmatico nella giornata successiva a margine dell’assemblea conclusiva.
Com’era facilmente preventivabile, ogni tavolo ha avuto delle tempistiche e delle dinamiche differenti, e soprattutto il secondo e il terzo, quelli che a ben vedere si occupavano maggiormente degli aspetti “ideologici”, si sono protratti a lungo, anche perché si trattava in molte circostanze del primo approccio tra realtà provenienti da città e da premesse sociali estremamente diverse: da chi nasce come progetto politico a chi invece proviene dal mondo delle curve, fino ad arrivare ai nostalgici di un calcio che sta perdendo giorno dopo giorno la sua identità e a cui probabilmente il Covid-19 darà il colpo di grazia definitivo, trasfigurandolo una volta per tutte in un affare per televisioni e sponsor. D’altronde, e non potrebbe essere altrimenti, quello delle differenze è uno dei principali nodi che segnerà in un modo o nell’altro i futuri approdi di tutto lo sport popolare e a maggior ragione del calcio. Infatti, se queste differenze dovessero cristallizzarsi e diventare vincolanti, ci troveremo di fronte a una nicchia forse più limitante che limitata, ma comunque pur sempre parziale; mentre se, come noi auspichiamo e del resto crediamo che sia stato l’andazzo di questo meeting, queste differenze costituiranno il valore aggiunto del futuro, dove a discapito di un po’ di purezza ideologica si potrà registrare una maggiore captazione del messaggio anche da parte di chi è digiuno dei nostri percorsi storici, potremmo davvero pensare di creare un modello su larga scala che sia alternativo a quel “calcio dei padroni” che è stato uno dei motivi ricorrenti dell’intera due giorni.
Non avendo il dono dell’ubiquità non ho potuto seguire tutti i tavoli, ma ho provato a passare per un po’ da ognuno di essi, e una delle cose che mi ha maggiormente colpito è stato il livello di consapevolezza e maturità che veniva fuori dalla maggior parte degli interventi, segno che nonostante la mancanza di un momento di confronto nazionale pubblico, in tanti hanno avuto una presa di coscienza e che non ci stava esibendo in esercizi retorici fini a se stessi che spesso capitano nelle varie tipologie di assemblee nazionali, dove ci si cimenta in autonarrazioni, ma si andava dritti al cuore della questione, a prescindere poi dagli esiti finali della discussione.
Dopo la conclusione dei tavoli, è arrivato il momento della cena, organizzata dai padroni di casa della Lokomotiv e, complice anche un angolo-bar in cui gli spillatori hanno lavorato ininterrottamente per ore e ore, sono partiti quei “contatti informali” che proprio per la loro spontaneità spesso sono formativi almeno quanto le discussioni “impostate”, e ne rappresentano comunque l’altra faccia della stessa medaglia, non senza che in alcuni casi sfociassero in quelle sbronze notturne che fanno da preambolo alla nascita di nuove amicizie o di veri e propri gemellaggi tra squadre; del resto… in vino veritas!
L’unico effetto collaterale di questa euforia etilica, come accade sempre in queste circostanze, è sempre costituito dal risveglio dell’indomani, ma tutto sommato nonostante più di qualche viso fosse ampiamente provato, i lavori sono iniziati abbastanza puntuali e ciò è stato realmente provvidenziale visto il livello e le dimensioni del dibattito finale, quello dal quale in origine sarebbe dovuto venire fuori il manifesto che riassumesse i risultati dei vari tavoli che sono stati, se non proprio sorprendenti, comunque importanti, visto che al di là delle solite dichiarazioni di intenti ci sono state delle proposte concrete e mirate, a dimostrazione che con ogni probabilità il calcio popolare sta decidendo con autorevolezza cosa vuole fare da grande.
Nello specifico, se è vero che rimangono delle questioni aperte che era impossibile pretendere di risolvere in questo incontro, come ad esempio la questione del tifo alla luce dell’emergenza Covid-19 e delle limitazioni a cui questo sarà soggetto (Tavolo 2) e la necessità di agire con gradualità nell’approccio col calcio femminile, che deve fare i conti con gli “endorsement” del calcio mainstream che spesso contengono effetti collaterali maggiori rispetto a quelli benefici (Tavolo 4), nella maggior parte degli argomenti affrontati si è arrivati a trovare se non delle soluzioni compiute, quanto meno dei significativi passi in avanti e delle proposte assolutamente originali.
Infatti, oltre a rimarcare quello che ormai è parte integrante del dna di un intero movimento, vale a dire il riconoscimento del valore sociale e simbolico di una squadra di calcio popolare per la propria comunità di riferimento e di come questa debba passare per l’inclusività nei confronti di tutti coloro che si riconoscono nei valori della solidarietà, nella lotta contro le discriminazioni di genere, di classe e di razza e contro tutti i fomentatori di odio che ci sono nelle nostre strade, e nella ricerca di modelli alternativi a quello capitalistico nel calcio e non solo (Tavolo 3), si sono affrontate questioni più concrete, come la possibilità di ricercare la figura di un commercialista specializzato in questo ambito o il creare una cassa comune di mutuo soccorso per i club che versano in difficoltà, in modo anche da poter continuare coerentemente la questione di mantenere solo sponsorizzazioni etiche senza svendere il proprio progetto al miglior offerente (Tavolo 1).
Ma d’altro canto, in questo periodo unico e che ci auguriamo diventi un ricordo il prima possibile, non si poteva non affrontare il controverso tema della relazione tra sport e salute in un contesto in cui in determinate situazioni si sconsigliava addirittura l’attività fisica e che con ogni probabilità vedrà la fine delle concessioni delle palestre delle scuole per gli allenamenti al chiuso e che saranno un’ulteriore scure che si abbatterà sullo sport dilettantistico aumentandone drasticamente i costi (Tavolo 5), come se non bastasse l’annosa questione delle visite mediche, sulla quale all’unanimità si è deciso di sottrarsi al mercimonio delle visite private, magari nelle proprie sedi, per farle, anche a costo di spendere qualcosa in più, nelle strutture sanitarie pubbliche (Tavolo 1).
Com’era immaginabile, nonostante esista una forte comunione di intenti e una sorta di massimo comune divisore tra tutte le realtà, non si è giunti alla stesura di un manifesto vero e proprio e non sarebbe potuto essere altrimenti data la vastità dei temi affrontati. Ma la volontà di concretizzare quanto prodotto in questo incontro era palpabile a tal punto che si è già ragionato su una nuovo incontro e sui temi specifici da trattare (che nello specifico potrebbe realizzarsi durante la manifestazione nazionale di Bergamo del 31 ottobre, in cui potrebbe realizzarsi per la prima volta uno spezzone delle realtà del calcio popolare) per mantenere un rapporto duraturo e vissuto nel tempo tra le varie squadre e anche il percorso che in breve tempo dovrebbe portare alla realizzazione di questo manifesto programmatico che è destinato a diventare il viatico attraverso il quale attrarre nuove soggettività nel nostro alveo in modo da attrarre al nostro movimento tutte quelle realtà che di fatto fanno calcio popolare “senza saperlo”, e il cui apporto è determinante per connotarsi realmente come alternativa al sistema-calcio e come spina nel fianco della FIGC. Al termine della discussione, nonostante il pranzo preparato dagli impeccabili padroni di casa, era giunto il momento per me di prepararmi per riattraversare l’Italia, soddisfatto per aver vissuto un bello spaccato di socialità con tanta voglia di fare e progetti che hanno tutte le carte per essere vincenti e dimostrare che un altro calcio è possibile e necessario!
Giuseppe Ranieri