Ci sono delle partite che sono destinate a entrare nella storia a prescindere dal loro valore prettamente agonistico o dal coefficiente tecnico dei contendenti in campo. Così può capitare che un (all’apparenza) anonimo match della seconda giornata del campionato di “Primera Division” femminile argentina tra Lanus e Villa San Carlos, disputato lo scorso lunedì 7 dicembre e terminato per sette reti a una a favore delle prime, rappresenti un passaggio epocale, non solo per il calcio argentino, ma per tutta la società del paese sudamericano.
La motivazione è dovuta alla presenza nelle fila del Villa San Carlos di Mara Gómez, ventitré anni, la prima calciatrice transgender a scendere in campo in un match ufficiale.
Si tratta del coronamento di un lungo percorso, reso ulteriormente più tortuoso dallo scoppio della pandemia che ha dilatato i tempi, poiché Mara – che in precedenza aveva già giocato nella Platense Football League, un campionato amatoriale, per Las Malvinas prima che la federcalcio argentina reputasse accettabili i livelli del testosterone nel sangue – aveva firmato il suo primo contratto da professionista prima del COVID-19, reso possibile grazie a due circostanze non proprio trascurabili.
La prima è il fatto che l’Argentina è un paese pioniere in merito alla questione del riconoscimento dei diritti dei soggetti transgender, grazie a una legge del 2012 che consente alle persone transessuali di cambiare la propria carta d’identità all’età di diciott’anni; mentre la seconda è l’accettazione da parte dell’Argentina Soccer Federation delle raccomandazioni del Comitato Olimpico Internazionale in materia d’inclusione, in modo da consentirle di giocare a livello professionistico, pronunciandosi definitivamente a favore lo scorso 4 dicembre.
Come ha dichiarato Mara, che aveva realizzato l’idea di cambiare sesso a tredici anni:
“Non è stata magia, non è stato un regalo, non è stato facile. C'era una vita di lotte, sofferenza e tristezza. C'era una vita. Sull'orlo della morte e con il cuore spezzato. Molti ostacoli dovevano essere superati per tornare al passato... Questo è appena iniziato. Oggi respiro, oggi la mia anima ritorna nel mio corpo".
Mara gioca a calcio da quando ha quindici anni; è stata notata dal suo attuale club dopo aver vinto la classifica delle marcatrici nel campionato di La Plata e ha sempre visto il calcio come una terapia, un qualcosa a cui aggrapparsi nei momenti in cui soffriva maggiormente per le discriminazioni che subiva quotidianamente, e come ama ripetere è stato proprio il calcio uno di quei fattori che l’hanno spinta maggiormente a non cedere, anche quando le appariva totalmente impossibile coronare il sogno di giocare in campionato e come ha twittato subito dopo l’incontro:
"Alcuni anni fa era impensabile parlare o discutere di questo, ma ora stiamo aprendo nuove strade. Questo è un risultato enorme. Sono totalmente grata al mio club, alle mie compagne di squadra e allo staff tecnico per avermi aperto le porte e per avermi mostrato rispetto fin dall'inizio. Sono orgogliosa di rappresentare una comunità ma anche una parte della società e di sapere che sono diventata un riferimento per molte persone …]. Siamo persone anche noi, abbiamo bisogno di opportunità, di possibilità come tutti di lavorare e studiare, siamo ancora il gruppo sociale che soffre di più a causa delle discriminazioni. Abbiamo un’aspettativa di vita di 35 anni perché veniamo uccise o ci ammaliamo. Vogliamo essere riconosciute dalla società, devono iniziare a vederci".
A rendere ulteriormente indimenticabile questa giornata, il tributo della squadra avversaria, una delle grandissime del calcio femminile nel continente, che a fine partita hanno omaggiato Mara con una maglietta del club con su scritto: "Celebriamo e accompagniamo questo enorme passo sulla strada dell'ampliamento dei diritti. Congratulazioni Mara Gómez".
Perché a prescindere dall’esito sul campo di gioco, parafrasando il motto decoubertiniano l’importante era partecipare, e così facendo Mara ha vinto la sua personalissima partita a nome di tutto un universo che reclama diritti e visibilità e non può più continuare a passare inosservato.
Giuseppe Ranieri