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L'anno nuovo e il pensiero fisso di tornare sui gradoni

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Da pochi giorni è iniziato il 2021. Quello che ci lasciamo alle spalle è stato, sotto molti punti di vista, uno degli anni più strani mai vissuti e che probabilmente, nel giro di poco tempo, troveremo spiegato e analizzato su qualche libro di storia. Una delle sofferenze maggiori che ho dovuto sopportare nel 2020 a causa di questa maledetta pandemia è stata la chiusura degli stadi di calcio, almeno per i tifosi, su tutto il territorio nazionale. Tale decisione ha levato una buona fetta di spettacolo a uno sport che, nonostante i vari lati negativi mostrati negli anni, riesce ancora ad affascinare milioni di persone nel mondo intero.

Una passione che alle nostre latitudini viene ancora coltivata, principalmente, da coloro che sono conosciuti come “ultras”, per quanto negli anni le cose cambino sempre.

 

Un mondo a sé quello degli ultras, fatto ogni volta che gioca la propria squadra di veri e propri riti. Dal recarsi allo stadio fino alle bandiere sventolate e ai cori cantati sulle gradinate.

A tal proposito, lasciatemi ricordare il papà di un pezzo come You'll Never Walk Alone, vero e proprio “inno” del Liverpool, ovvero Gerry Mardsen, scomparso poche ore fa a 78 anni di età. Il pezzo sovracitato ha reso l'ambiente di Anfield Road uno dei più suggestivi impianti europei per il calore dei tifosi rossi più caldi, sistemati nella mitica curva Kop.

Qualche sera fa, ricevuta non so come una illuminazione sulla via di Damasco, ho deciso di rivedermi uno dei film che, a mio modesto parere, meglio interpreta la passione e la follia che il calcio riesce a trasmettere alle persone più normali: Febbre a 90. Il calcio, in questa pellicola, viene rappresentato come una vera e propria malattia per un semplice professore di una scuola di Londra.

Tutto, nella vita del prof Paul, gira intorno all'Arsenal: dal suo umore quotidiano fino all'amore per la bella Sarah, la professoressa di storia che insegna nella sua stessa scuola. Se poi come contorno ci mettiamo l'Inghilterra, paese in cui è nato il calcio, di fine anni Ottanta e alcuni quartieri specifici di Londra, una delle città al mondo con il maggior numero di squadre di calcio locali, ecco che tutto assume un aspetto molto più popolare.

Alla fine la malattia di Paul viene riconosciuta anche dalla sua fidanzata che, pian piano, si convince della bellezza di questa passione legata ad 11 uomini che corrono dietro a un pallone.

Lo stesso avvicinamento del protagonista al suo Arsenal ha un suo forte lato romantico.

È stato difatti il padre ad averlo portato nel mitico Higbury, per assistere a un match di Premier League, quando Paul era ancora un giovane ragazzo. Definisco questo lato “romantico” visto che è stato mio padre che mi ha accompagnato la prima volta allo stadio Olimpico per seguire l'AS Roma nel novembre del 1998, ad appena 7 anni di età.

La scena più emblematica del film ritengo che sia quella in cui Sarah si reca allo stadio per la prima volta insieme a Paul per vivere una “giornata da ultras”. Il risultato è abbastanza insoddisfacente per la giovane signora che rinfaccia al suo fidanzato la durezza e anche la crudeltà di un mondo come quello delle gradinate.

Non a caso, una volta rientrati dalla partita, tra i due scoppia un'accesa discussione. Il perché è facile a dirsi: il tifoso non riesce a spiegare in modo compiuto alla sua futura moglie cosa significa per lui la squadra di Higbury. Al contempo lei non riesce a capire come una persona sia in grado di perdere così tanto tempo dietro a quello che in fin dei conti, almeno per i non appassionati, risulta essere uno “sport come un altro”.

Trovo emblematica la scena della curva perché rispecchia abbastanza fedelmente quello che si vive ogni domenica nelle numerose curve e settori ospiti degli stadi italiani: una passione irrefrenabile. Pur di seguire, sostenere - ma anche maledire - i propri beniamini migliaia di persone cambiano totalmente e si trasformano in dei veri e propri animali. Una situazione che coinvolge tutti, dall'operaio al manager di azienda senza alcuna distinzione, riuscendo per un periodo di tempo limitato ad abbattere le numerose barriere sociali che infestano la nostra società attuale.

Anche questo lato riesce a rendere questo sport totalmente diverso dagli altri, almeno sotto il profilo dell'assuefazione che trasmette.

Il mio più sincero augurio è che in questo 2021 riusciremo a tornare negli stadi e a esultare come si faceva fino a fine febbraio del 2020. Una situazione che è ancora parecchio lontana, almeno finché non si riuscirà a vaccinare il maggior numero di persone possibili per arrivare alla cosiddetta “immunità di gregge”. Fino ad allora seguirò, come credo che facciano la maggior parte degli abbonati delle varie squadre del campionato, davanti a un semplice schermo... tutto questo prima di tornare nelle curva con quella maledetta “voglia di stringersi un pò”.

Roberto Consiglio

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Scritto da Super User
Categoria: Prima pagina
Pubblicato: 05 Gennaio 2021
  • Calcio
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