Il 22 febbraio 1980 veniva ucciso Valerio Verbano, giovane militante dell'Autonomia Operaia. Questo ragazzo di neanche 19 anni, che avrebbe compiuto il 25 febbraio seguente, fu freddato da un colpo di pistola alla schiena nella sua casa di via Monte Bianco 114, nel quartiere Montesacro di Roma. Per quanto tuttora manchi una verità giudiziaria, si è sempre parlato a ragione di un vero e proprio omicidio pianificato di sicura matrice fascista, riconducibile ad appartenenti alla galassia neofascista capitolina del tempo. Valerio infatti, per riprendere le parole del padre Sardo, era un “loro nemico giurato” che militava a tempo pieno nell'ambito antifascista militante romano. Purtroppo, però, non si riuscì mai a dare una vera svolta alle indagini. Difatti ancora oggi, a più di 40 anni di distanza da quel giorno, non è stato trovato un vero e chiaro colpevole per quell'omicidio.
Tutto questo nonostante sua madre Carla, che ci ha lasciato in una calda giornata di inizio giugno del 2012, abbia speso gli ultimi 30 anni e passa della sua vita a cercare una verità. Quel giorno di fine febbraio del 1980 Carla, insieme al marito Sardo, venne immobilizzata e imbavagliata dai tre personaggi che si presentarono col passamontagna in casa sua dicendo di essere amici di Valerio.
Oltre a chi furono i veri mandanti dell'omicidio resta anche un altro grande enigma irrisolto: quello del cosiddetto “dossier Verbano”. Questo può essere ritenuto il frutto di una vera e propria indagine che Valerio stava portando avanti, da circa un paio di anni, sulla galassia neofascista romana e i suoi legami con apparati dello Stato e malavita organizzata.
Non dimentichiamo che Montesacro è un quartiere diviso solamente da un piccolo fiume, l'Aniene, dalla zona del quartiere Trieste/Salario, zona nera per eccellenza in quegli anni. Proprio qui, nel corso dei cosiddetti “anni di piombo”, i neofascisti avevano il controllo politico della zona e la facevano da padroni. Non furono rari gli attacchi a sfondo politico in questo quadrante di Roma nord-est che fecero vittime da entrambe le parti. L'omicidio di Verbano, secondo molti, può essere ricollegato al lavoro di controinformazione che il giovane stava portando avanti e che si interruppe solo con la sua morte.
Il dossier colpì molto a causa della precisione assoluta con cui era stato redatto e grazie alla gran quantità di dati raccolti e di fotografie, grande passione di Valerio, allegate. Questo documento, purtroppo, sparì letteralmente nel nulla appena pochi giorni dopo l'omicidio di via Monte Bianco, altro fatto che difficilmente può apparire una coincidenza, avvalorando quindi la tesi dell'omicidio ben pianificato.
Sulla figura di Valerio Verbano sono state raccontate molte cose, scritti numerosi libri e girati parecchi documentari. Un lato che è stato messo spesso in risalto era, tra gli altri, quello della passione che il giovane dell'Autonomia aveva per l'ambito sportivo.
Verbano, infatti, praticava due arti marziali quali judo e karate. Inoltre, grazie alle testimonianze dirette di alcuni suoi amici e di sua madre Carla, sappiamo che il figlio era un grande tifoso della Roma. Questa sua fede calcistica era spesso terreno di scontro con il padre Sardo, che invece era un supporter della Lazio. Il giovane studente del liceo Archimede non si sa quanto e se frequentasse lo stadio in maniera assidua, ma seguiva la squadra giallorossa sempre appuntando i risultati raggiunti nel sua agenda personale.
Per quel che riguarda il mondo delle arti marziali, queste vengono presentate come un'altra forte passione del giovane militante di Autonomia Operaia. Anche qui, le parole della madre Carla e di alcuni amici di Verbano, ci lasciano col dubbio che il giovane abbia scelto proprio questa pratica sportiva per difendersi da eventuali attacchi di stampo politico che poteva subire da qualche neofascista di turno. Quel 22 febbraio 1980 Valerio Verbano, almeno all'inizio, riuscì a tenere botta, una volta rientrato in casa per pranzo dopo una giornata passata a scuola come tante, all'aggressione dei tre uomini coperti da passamontagna, tanto che nella ricostruzione della dinamica si pensa che il colpo letale sia stato sparato “prematuramente”, prima di poter estorcere informazioni, proprio perché gli aggressori stavano andando in difficoltà nel confronto fisico. Purtroppo sappiamo tutti che questa strenua difesa non fu sufficiente.
Un storia, quella di Valerio Verbano, che rappresenta, ancora oggi, una vera e propria ferita aperta per l'antifascismo capitolino. Gli antifascisti e le antifasciste romane saranno, per questo motivo, ancora una volta a via Monte Bianco per non dimenticare... come ogni anno, per altri 100 anni.
Roberto Consiglio