Al giorno d’oggi pensare al Bayern Monaco porta inevitabilmente a focalizzarci su una storia farcita di trionfi: alla cannibalizzazione della Bundesliga, a cui siamo ormai abituati da tempo, fa eco una stagione memorabile che ha portato i bavaresi sul tetto del mondo giusto qualche settimana fa a coronamento di un magic moment che ha portato nella bacheca dei biancorossi sei titoli negli ultimi sette mesi.
Tuttavia, per quanto si tratti del club più blasonato della Germania e di uno dei top-team mondiali, ci sono alcune pagine della sua storia che sembrano avvolte nel mistero se non volutamente dimenticate, non per questioni direttamente riconducibili a dinamiche di campo, ma per questioni “morali”.
La ragione è da cercarsi nel protagonista di quelle pagine indelebili, quello che nonostante sia stato occultato un po’ troppo in fretta, resta uno dei presidenti più importanti (per qualche memoria storica del calcio teutonico, addirittura il più importante) della società bavarese). Stiamo parlando di Angelo Knorr, un chimico affermato figlio di commercianti di successo e secondo lo storico tesoriere del club Fredd Dune, l’anima del club, salito alla presidenza nel 1906 “colpevole” di essere gay, nell’Impero tedesco di inizio ’900 quando l’omosessualità era considerata un reato dall’articolo 175 del Codice Penale del Reich, tant’è che bastò una denuncia penale per omosessualità per compromettergli definitivamente la carriera e anche la libertà personale.
Eppure non si tratta esattamente di un periodo qualunque ma di quello che ha modellato definitivamente l’identità moderna del club; vale a dire i primi impulsi del professionismo e lo sviluppo della sezione calcistica della polisportiva che trasse un enorme impulso dalla fusione tra il FC Bayern con la Münchner SC (di estrazione decisamente più altolocata), orchestrata proprio da Knorr, che fu anche l’artefice delle successive amichevoli disputate con le squadre inglesi - un’attrazione universale all’epoca - tra cui il Blackburn e il Tottenham, che se da un lato inflissero sonore batoste al Bayern, dall’altro risultarono determinanti per conferire una maggiore consapevolezza e una dimensione internazionale alla squadra tedesca, confermata dalla scelta del primo allenatore inglese nella storia del club Charles Griffiths, scelto anch’esso dall’instancabile Knorr, vero e proprio maitre a penser della società in quel periodo.
Studioso di successo (conseguì la laurea in chimica a pieni voti e poi fece un dottorato) egli fu consapevole della sua omosessualità sin da giovane e cercò di reprimerla in ogni modo, frequentando anche donne, in nome della rispettabilità, ma senza successo, anzi l’unico risultato concreto fu quello di entrare in una depressione acuta. Per poter vivere la sua sessualità liberamente, di tanto in tanto si recava in Italia dove l’omosessualità era stata depenalizzata, ma ogni tanto gli capitava di trasgredire in patria e fu proprio una di quelle serate, nel settembre 1913, quando il suo nome in qualità di “cliente” fu fatto da un giovane, che si rivelò fatale per la sua carriera da presidente.
Che la questione avesse assunto tutti i classici connotati del caso mediatico lo si evinse subito, in seguito alla richiesta eccessiva per la cauzione, vale a dire circa 100.000 marchi (circa cento volte lo stipendio annuale di un impiegato bavarese) e dai titoli dei principali quotidiani bavaresi.
La vita sociale di Knorr era definitivamente rovinata. Egli si dimise subito dal suo incarico presidenziale; seguirono mesi di detenzione in ospedali psichiatrici a Jena, Kreuzlingen, Innsbruck, sul Lago di Costanza in cui gli viene diagnosticato un “disturbo patologico che lo porta a compiere atti omosessuali”, il tutto per evitargli una condanna più severa da parte del tribunale. Il processo, grazie anche allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si interruppe nell’agosto del 1914 ma ciò non consentì a Knorr di essere risarcito per l’ingiusta detenzione. Successivamente egli non fece mai più ritorno a Monaco e morì di ictus a cinquant’anni nel 1932.
In un necrologio i suoi colleghi lo definirono “una persona di grande sensibilità e amabile apertura mentale”, mentre nel necrologio del club Knorr fu “la personalità più distintiva nella nostra vita di club nel decennio immediatamente prima della guerra”. Ironia della sorte, il suo successore fu Kurt Landauer, il presidente col mandato più lungo della storia del club bavarese (che a detta delle stesse cronache del club ebbe “un’eccellente scuola da parte del suo predecessore”), deportato a Dachau nel 1939 perché ebreo. Al giorno d’oggi sulla vita di Landauer è stato fatto un film e ci sono molteplici riferimenti nella storia ufficiale del Bayern, mentre su quella di Knorr c’è a malapena un trafiletto, quasi a voler dire che ci sono discriminati più discriminati degli altri.
Giuseppe Ranieri