In seguito all'articolo scritto ieri da Francesco Berlingieri sulla questione ultras, gruppi, tessera e trasferte, che solleva in maniera finalmente de-ideologizzata alcune questioni, ci sembra interessante continuare questa riflessione, stimolandone anche ulteriori allargamenti e sperando di renderla collettiva.
Guardando agli ultimi anni, la battaglia contro la tessera del tifoso è stata eletta come ultimo avamposto ideale per difendere i brandelli di quello che fu il movimento ultras come lo abbiamo imparato a vivere sulla nostra pelle (a seconda delle varie generazioni, chi prima chi dopo), ma l'impressione è che sin dall'inizio si sia trattato di un qualcosa di sovraccaricato "ideologicamente" dagli ultras stessi: i biglietti nominali, in fin dei conti, non sono così dissimili dalla tessera del tifoso (se non fosse per quest'articolo 9, che peraltro a quanto sembra viene adoperato a propria discrezione dalle varie questure), eppure a parte qualche flebile protesta, organizzata da quello che all'epoca si poteva definire un tentativo di coordinamento nazionale del movimento ultras (forse un po' troppo verticistico e centralizzato, ma non è questo il tema…) passarono senza colpo ferire, magari anche per il fatto che furono adottati a stagione in corso e, di fatto, fummo posti davanti al fatto compiuto.
Con la tessera è stato diverso: ci sono stati vari incontri per cercare di trovare una posizione comune, cosa che ovviamente non è avvenuta. Ma in compenso a un certo punto sembrava quasi che si fossero scompaginate le carte attraverso una semplicissima formula: se ti tesseri sei un infame, se resisti sei duro e puro, un vero ultras. E poco importa se nei precedenti 35-40 anni di movimento ultras eri stato in grado di esprimere una tua impronta originale, oppure se viceversa avevi cominciato a fare le trasferte solo con l'avvento delle scorte: oramai contava solo la discriminante tesserati/non tesserati, e quanto era strano inizialmente vedere gente senz'arte né parte o gruppi senza storia, sciorinare sermoni su cosa era e cosa non era "di mentalità", soltanto perché si erano accodati alle decisioni prese da quei gruppi considerati punti di riferimento.
Gli unici che sin dall'inizio hanno preso una posizione antitetica in merito sono stati i veronesi, che poi lo abbiano fatto per convinzione o per la loro vocazione a essere sempre e comunque bastian contrari conta poco e non spetta nemmeno a noi dirlo. Ma fatto sta che anche grazie al fatto di non aver arrestato un ciclo che stava facendo rifiorire la loro curva dopo qualche anno di appannamento, hanno davvero creato la contraddizione che poi ha generato il solco sul quale si attestano le posizioni differenti che si confrontano al giorno d'oggi: cos'è realmente ultras oggi, decidere di cedere alla tessera e continuare a fare quello che si faceva prima (dalle trasferte agli scontri) oppure decidere di restare duri e puri senza tessere e robe simili, ma restando a casa e rinunciando a quella che è la quintessenza dell'ultras cioè la trasferta?
È giusto continuare a domandarselo perché se è vero da un lato che l'essere ultras è naturalmente associato al non voler sottostare alle decisioni degli altri e a portare avanti ad oltranza le proprie decisioni fino alle estreme conseguenze, d'altro canto è anche vero che un ultras che non va in trasferta ha lo stesso compimento, ci sia consentito il paragone, di un panino con la nutella senza... nutella. Purtroppo, l'impressione è che non tutti abbiano quantomeno provato ad analizzare le posizioni nei contenuti, e così automaticamente i tesserati erano gli infami e conigli indipendentemente dal fatto che poi dimostrassero il loro valore nelle strade, ma si sa che, contrariamente a quanto ci piace fantasticare, il mondo ultras ha capacità di riflessione e pensiero molto meno tempestiva, libera da condizionamenti e non conforme di quanto vorremmo. In fin dei conti è sempre successo che una volta che si consolidava una determinata idea per una data tifoseria, positiva o negativa che fosse, questa stessa idea era quasi impossibile da mutare, col risultato che a qualche curva veniva concesso del credito infinito anche di fronte a débâcle di non poco conto, mentre altre avrebbero potuto fare anche i salti mortali, ma sarebbero state ugualmente schifate.
Per quel che riguarda la tessera, ciò è durato almeno fino a quando non ci si è messo quell'elemento che, indistintamente per tutti gli ultras, costituisce la più grossa fonte di imprevisto: la propria squadra di calcio... Cosa fare se ti ritrovi ad affrontare i tuoi vecchi nemici dopo anni, se inaspettatamente stai vincendo un campionato e stai per essere promosso per la prima volta in una nuova categoria, oppure al contrario se sei invischiato nella lotta per la salvezza e dentro di te, dentro il tuo gruppo, matura quella consapevolezza che solo il tuo sostegno, le trasferte di massa e le coreografie da urlo potrebbero salvare i tuoi ragazzi? Come hanno risposto in giro per l'Italia, nel 90% dei casi, è cosa nota a tutti gli addetti ai lavori ed è forse questo il nodo cruciale. Non volendo sindacare le scelte di nessuno, perché certe cose possono essere comprensibili solo in un contesto di internità, il fatto che gruppi ultras di presunti duri e puri, di quelli che cantavano "tesserato servo dello stato", abbiano dovuto scrivere dei comunicati per motivare il loro cambio di rotta, appare poco più di una dichiarazione di resa incondizionata; sicuramente gli "infami" della prima ora, i gruppi immediatamente tesserati ci fanno una figura migliore della loro. Ma la questione è che la battaglia contro la tessera è stata persa, e non sarebbe potuto essere altrimenti perché, come si disse in un incontro in cui si cercava di trovare una posizione comune, senza il supporto attivo di quelle tifoserie che muovono da sole oltre la metà del volume di tessere del tifoso in Italia era impensabile una qualsiasi modifica E anche perché, facciamo un po' di autocritica, il movimento ultras non è più in grado di esprimere contenuti originali, posizioni impegnate e di essere un'avanguardia sociale, ma piuttosto ripropone in maniera stanca e stantia qualche incipit che ancora, ad intermittenza, arriva, e ristagna in quella riproducibilità di massa che, sottovalutata dai più, a nostro modesto parere è una delle sue nuove malattie. Perché sì, è giusto essere contro la tessera, contro l'articolo 9, contro l'opzione di esser schedati e rintracciati immediatamente, nella stessa ottica in cui, proprio per questi valori, non fai girare filmati su youtube che poi sembrano tutti uguali agli altri, cercando di costruire un immaginario il più delle volte autocelebrativo e falso. Pensiamo che entrambe le cose siano distantissime da quel modo di intendere l'essere ultras che ha sedimentato di generazione in generazione fino all'avvento di quella "modernità curvaiola" che a nostro parere si muove lungo due direttrici: la morte di Raciti e l'avvento dei social.
Pertanto, in questo caso non si può fare troppa distinzione tra il bambino e l'acqua sporca: quando nacquero i gruppi ultras, nacquero a difesa di uno striscione che rappresentava il loro essere ribelli decisi a non abbassare mai il capo fino alla morte. Una volta che hai stabilito quale fosse la tua battaglia vitale e che l'hai persa, perché continuare a vivere da schiavo? Perché dichiarare lo striscione? Perché stravolgere con una nuova gestione quelle che sono state le linee guida che si sono annidate dietro uno striscione? Bisogna fare come quei gruppi musicali storici che magari hanno un solo componente della band originale, ma mantengono lo stesso quel nome, perché ormai è un marchio? E quindi portare in giro uno striscione di cui ormai non si condividono i valori fondanti e originari, non per malafede (almeno non sempre) ma perché è quasi proibitivo riscoprire quelle percezioni in un contesto materiale esterno profondamente modificato, che darebbe il sapore dell'artificiale e dello scimmiottamento di quegli antichi valori a cui tutti, chi più chi meno, siamo riconoscenti e che proprio per questo non meritano un simile trattamento.
Quindi, è triste dirlo, ma gli unici che hanno trovato una soluzione opportuna e dignitosa sono stati quei gruppi che, vedendoci più lungo, hanno trovato il coraggio di porre fine alla loro storia senza l'imbarazzo di compromessi e sotterfugi, lasciando liberi i più giovani di muoversi secondo coscienza e senza il peso ingombrante della storia; se poi questa sarà la tattica vincente, non lo si può sapere, ma in un momento in cui il feticcio-gruppo sembra più utile a dare un riferimento alle varie questure che a far generare qualcosa di nuovo e autentico, forse l'unico modo per provare ad andare allo stadio in maniera ancora libera, ed allo stesso tempo, far smettere ad altri di vivere sempre con la bacchetta puntata sul prossimo e, magari, le pantofole ai piedi, visto che pontificano da casa, sia proprio riconsiderare dalle fondamenta gli ultras ed i gruppi.
Sulla tesi di fondo siamo quindi d'accordo con Berlingieri: chi ha individuato nella battaglia contro la tessera la sua ultima trincea, e dopo aver già digerito tante schifezze ha detto “basta questa è l'ultima”, facesse le sue scelte: andare solo in casa, smettere proprio, fondare una squadra popolare e chi più ne ha più ne metta, fino anche al cospargersi il capo di cenere e tesserarsi, nessuno da questo portale si erigerà a giudice infallibile quanto implacabile. Ma quello che non deve assolutamente fare è condizionare con le sue scelte generazioni che la tessera e tutte le altre schifezze le hanno già trovate pronte, ma portano con sé quella stessa passione che tutti noi abbiamo così tanto amato nei “nostri” anni. Anche perché, lo insegna la storia del movimento ultras italiano che quando si è stati in grado di affrontare il complesso edipico all’interno delle singole curve, si è proceduto ad un rinnovamento che nella stragrande maggioranza dei casi ha voluto dire nuova linfa e altra vita, mentre quando si è rimasti in balia di leadership che non sapevano leggere in tempo reale i cambiamenti e restavano trinariciuti, sulle loro posizioni è andato tutto o quasi in malora.
Giuseppe Ranieri
Matthias Moretti