CAP 20100 racconta la città di Milano con gli occhi delle realtà di calcio popolare che la attraversano, anteponendo alle dinamiche del business il mutualismo e la solidarietà.
Niente bosco verticale, niente darsena, niente City Life né Corso Como, il racconto di CAP 20100 inquadra i palazzoni delle case popolari nei quartieri periferici di Milano, lì dove lontano dalle logiche del business e dai riflettori della movida si animano movimenti che vogliono creare inclusione e aggregazione anche attraverso lo sport.
“Uno dei problemi più grossi che c’è qui a Milano è l‘accessibilità agli spazi sportivi che la città offre. Un genitore per iscrivere un bambino alla scuola calcio deve spendere 3/400€, per tanta gente è impossibile” raccontano gli organizzatori del campionato popolare di calcio a Milano, organizzato dalla rete Mediterraneo Antirazzista che coinvolge decine di squadre popolari, e che in Italia trova esperienze medesime in altre città come Genova, Napoli e Palermo.
Una narrazione in controtendenza a quella che di solito si affianca alla città di Milano: la “capitale economica d’Italia”, città di moda, design, fashion e aperitivi risulta invece essere il teatro di aperte contraddizioni.
L’unica città d’Europa a vantare due squadre che hanno sollevato la Champions League non è altrettanto attenta ai temi di accessibilità allo sport di base. Nella metropoli dove si fondono culture diverse, provenienze globali e il fermento popolare è alle stelle, mancano molto spesso le strutture e le possibilità di vivere il calcio come pratica aggregativa e sociale, limitando la discussione al calcio delle “Big”, discutendo sull’apertura o meno di un nuovo stadio milionario e ignorando la mancanza di spazi accessibili per praticare lo sport amatoriale.
“Tutte le realtà di sport popolare fanno parecchie difficoltà a pagare le spese di un campo in affitto, e sarebbe anche giunto il momento che ci sia a disposizione un campo da calcio per tutte le esperienze come la nostra a Milano” spiegano i ragazzi del St Ambroeus FC, la prima squadra di calcio composta da migranti a partecipare ad un campionato FIGC a Milano.
Come loro sono tante altre le squadre di calcio popolare che nella città meneghina hanno scelto di confrontarsi con il panorama delle categorie FIGC o hanno scelto di rimanere nelle categorie amatoriali per tenere vivo un progetto di aggregazione e riscatto nel proprio quartiere.
Il Campionato Antirazzista Popolare nasce dall’unione di queste realtà che cercano di proporre un’alternativa al percorso sportivo convenzionale, producendo uno spazio libero da ogni forma di discriminazione e accessibile a 360 gradi.
Non vi è richiesta di documenti per partecipare, non ci sono costi di iscrizione, ma solo auto organizzazione e autofinanziamento, punti cardine del progetto.
I temi che attraversano le partite sono all’ordine del giorno: contrasto ad ogni forma di razzismo e discriminazione, la lotta per l’abitare e il riconoscimento dei documenti dei giocatori migranti, la parità di genere all’interno dello sport e l’orizzontalità assembleare delle squadre che vi partecipano.
Le squadre provengono dai centri sociali cittadini, ma anche dalle scuole d’italiano per stranieri e dai gruppi informali giovanili, alcune diventando poi vere e proprie associazioni sportive intraprendendo il cammino federale, altre restano limitate alle esperienze di calcio popolare.
CAP 20100 racconta storie di ragazzi e ragazze che hanno background differenti, con provenienze e culture diverse, ma che si incontrano sul terreno di gioco e abbattono, attraverso il calcio, le differenze e gli ostacoli che li separano.
A Milano c’è un movimento che pulsa, vivo più che mai in questo periodo intenso di flussi migratori e che, nell’anno più difficile della pandemia globale, non ha smesso di battere ma ha confluito le sue forze in pratiche mutualistiche all’interno del tessuto sociale, fornendo linfa vitale per continuare a far vivere il proprio quartiere.
Gianmarco Duina