Diciamoci la verità, la stragrande maggioranza delle persone passate per i gradoni della curva di un campo di calcio, almeno una volta nella propria vita, si sarà ritrovata a gridare frasi ingiuriose alla tifoseria avversaria mettendone in dubbio la “virilità”, magari con leggerezza senza neanche pensarlo realmente. Del resto si tratta di un retaggio, in alcuni casi duro a morire, che vede proprio nelle curve e nei gruppi organizzati che le popolano una delle ultime roccaforti di una concezione arcaica e guerresca della vita in cui bisogna essere pronti a combattere in ogni momento ostentando virilità, senza dare segnali di debolezza. Non si tratta in questo momento di dare giudizi morali, ma di annotare certi comportamenti, tanto usuali quanto biasimabili. In fin dei conti, il dileggio del nemico con ogni mezzo necessario è sempre stato uno dei principali obiettivi: può valere tutto purché si riesca a mettere in imbarazzo l’avversario.
Il discorso cambia drasticamente se quello che si pensa essere il tallone d’Achille diventa invece un fatto caratterizzante che non solo non crea imbarazzo, ma addirittura diventa un tratto identitario, come nel caso della prima torcida brasiliana omosessuale, la “Coligay” a sostegno del Gremio di Porto Alegre.
La torcida nasce nel 1977, un anno particolare per un Brasile ancora in piena dittatura militare che però vedeva qualche timida apertura sociale – tant’è che venne legalizzato il divorzio –, su impulso di Volmar Santos, proprietario di un night club gay, il Coliseu (da cui il nome), tifosissimo della squadra bianconeroazzurra e con un cruccio dovuto al fatto che la propria squadra del cuore non avesse un sostegno animato, cosa cui a un certo punto decise di rimediare unendo la passione calcistica all’orientamento sessuale, suo e degli altri torceadores.
L’esordio avvenne il 10 aprile dello stesso anno in una partita casalinga del campionato “gaucho” – dello Stato federale del Rio Grande do Sul – vinta per due reti a uno contro il Santa Cruz RS, ma com’era facilmente immaginabile l’attenzione era quasi completamente rivolta a questo gruppo composto in origine da circa una sessantina di persone che andava a scardinare tanti luoghi comuni sulle gradinate, a maggior ragione in un contesto a dir poco sui generis come quello brasiliano, in cui il movimento per i diritti degli omosessuali conduceva una battaglia serrata per il proprio riconoscimento e per la tutela dell’incolumità dei suoi appartenenti. Infatti, la vita del Coligay non fu affatto facile: le tifoserie avversarie usavano (e in alcune situazioni usano ancora) il nome “Coligay” per schernire tutti i tifosi del “Tricolor”, e inizialmente neanche gli altri tifosi del Gremio li accettarono di buon grado, tant’è che Volmar Santos cominciò a impartire lezioni di karate e di autodifesa agli altri membri; ma questa non fu l’unica iniziativa dell’istrionico fondatore che seppe comunque accattivarsi le simpatie della dirigenza del club – fattore necessario per avere un minimo di tutele – sebbene il presidente di allora del club, Helio Dourado, glissò sempre in maniera omertosa sull’argomento e sugli screzi all’interno della tifoseria, nonostante la torcida avesse contribuito alla sua rielezione e non avesse mai voluto aiuti economici, ma semplicemente il riconoscimento del proprio status e del ruolo imprescindibile che essa aveva sulle gradinate. Inoltre aiutò anche la società nella ristrutturazione dello stadio.
Era lo stesso Volmar a finanziare di tasca propria le trasferte nello Stato del Rio Grande do Sul per non lasciare mai sola la propria squadra del cuore, e piuttosto che chiedere aiuti economici alla società lo faceva agli altri soci del Coliseu; d’altro canto spesso capitava che i calciatori andassero al Coliseu, con Telé Santana, allenatore del Gremio dal 1976 al 1978, che veniva puntualmente informato e si presentava nel locale all’alba a recuperare i suoi atleti che nel frattempo venivano fatti uscire da Volmar di soppiatto da uscite secondarie per evitare lo spiacevole incontro.
La vita del gruppo, che nel suo momento di massimo splendore raggiunse i 150 affiliati, non fu eccezionalmente lunga – dal 1977 al 1983 – ma non si può negare che lasciò il segno, sia per il fatto che in quel periodo il Gremio interruppe un digiuno di successi, rivincendo il titolo “gauchao” dopo otto anni dominati dai rivali cittadini dell’Internacional, ad appena sei mesi dalla nascita, a cui se ne aggiunse successivamente un altro, un “brasilerao” – il campionato nazionale – e addirittura una Copa Libertadores e l’Intercontinentale, sia per il calore sugli spalti dato dalla loro indole festaiola che spesso e volentieri li portava a iniziare le serate in discoteca e protrarle senza soluzione di continuità sulle gradinate, attraverso cortei che sembravano anticipazioni del Carnevale e sempre all’insegna della baldoria, dell’allegria e dell’affermazione della propria identità, a prescindere da tutto e da tutti. Come ad esempio quando addirittura un “coliboy” riuscì nella dissacrante impresa di eludere il servizio d’ordine in una partita casalinga e tutto vestito di rosa raggiungere la tribuna d’onore dove stava il presidente della Giunta militare João Baptista Figueiredo, tifosissimo del Gremio, e riprodurre uno sketch dissacrante che andava di moda sulla tv brasiliana di quel tempo. Grazie a queste performances, il Gremio era ormai la squadra per cui tutta la comunità omosessuale simpatizzava e i Coligay i beniamini della stessa.
La dimostrazione di quanto venissero apprezzati per il loro supporto si ebbe quando nel 1982 vennero invitati da Vicente Matheus, il presidente del Corinthians, nella partita decisiva per la riconquista del titolo paulista dopo ben ventitré anni per animare ulteriormente la festa.
Per uno strano scherzo del destino, l’attività del gruppo – fatta anche di tante raccolte di beneficenza per la popolazione – cessò nel 1983, quando Volmar Santos dovette fare ritorno nella sua città natale (Passo Fundo nell’entroterra) per prendersi cura della madre malata, proprio in concomitanza con la fine di quel ciclo di trionfi della squadra; e il sostegno al seguito del Tricolor ne risentì, trovando colore e compattezza soltanto all’inizio del nuovo millennio con la nascita del Geral do Gremio, ispirato alle barras argentine. Tuttavia, per carpire appieno il portato di quest’esperienza sulle gradinate brasiliane, bisogna considerare che ispirò altri gruppi, come il Flagay del Flamengo o i Bogay del Botafogo che non sopravvissero alle tensioni all’interno delle rispettive tifoserie, o per venire a tempi più recenti (2013) all’esperimento Galoqueer dell’Atletico Mineiro in cui il suo fondatore è dovuto scomparire nell’anonimato dopo aver ricevuto una valanga di minacce e offese. Di contro, proprio lo scorso mese di aprile, il movimento “Tribuna ‘77” che raccoglie l’eredità del Coligay ha voluto celebrare l’anniversario della prima partita in cui esordì il gruppo antenato, così come anche la società nel proprio museo gli ha dedicato uno spazio.
Inoltre, sia i tifosi del Gremio che quelli dell’Internacional sono riusciti a influenzare le rispettive società che hanno avviato progetti per l’inclusione e contro la discriminazione sessuale e razziale e hanno addirittura marciato insieme a uno degli ultimi Pride cittadini, oltre ad annoverare associazioni e gruppi composti da soggetti LGBTQI che spesso mettono da parte la storica rivalità per avviare dei progetti comuni; nonostante le difficoltà e i pregiudizi non manchino, questi vengono affrontati sempre a testa alta e spavaldamente… da veri curvaioli!
Giuseppe Ranieri