Vi proponiamo questa traduzione dal sito francese Caviar magazine che racconta e descrive l’anima popolare della tifoseria dell’Atletico Madrid, che al netto di una svolta riconducibile all’estrema destra del suo principale gruppo ultras (anche se il Frente in realtà nasce a sinistra, per poi diventare apertamente di destra solo dopo il 2000 in seguito a un’operazione simile a quella avvenuta anche in alcune grandi curve italiane nello stesso periodo), e a prescindere dalla minoranza organizzata dei gruppi e dall’esistenza del Rayo Vallecano (che rappresenta però uno specifico quartiere), resta tendenzialmente la tifoseria popolare di Madrid.
Criticato per il suo stile di gioco difensivo e il suo scarno palmares, il club di Madrid è comunque a tutti gli effetti una “grande europea”. Ma essere un tifoso dell'Atletico Madrid non riguarda solo la partita della domenica, si tratta di abbracciare uno stile di vita a tutti gli effetti. Orgoglioso di coltivare la sua differenza rispetto a Real e Barcelona.
L'istituzione dei colchoneros è sempre andata oltre i confini del club e chi ha avuto l'opportunità di vivere a Madrid lo può testimoniare. A nord, grattacieli e appartamenti lussuosi modellano il paesaggio urbano. A sud, i quartieri più modesti accolgono la classe operaia. Immaginerete quindi che il Santiago Bernabeu ha trovato rifugio nel nord della città mentre il Vicente Calderon è stato installato nel sud. Questo stadio, inaugurato nel 1966 e ora distrutto, riposava lungo il fiume Manzanares. Le partite dei rojiblancos seguono sempre lo stesso rituale: che ci sia vento, pioggia o un'ondata di caldo che scende sulla città, una marea umana indica la strada per lo stadio. E una cosa è certa, non puoi sbagliare. Se il calcio d'inizio è alle 21:00, i più ferventi tifosi arrivano vicino allo stadio alle 17:00 per chiacchierare e conoscersi davanti a una Mahou (birra spagnola). Entrano poi all'interno solo pochi minuti prima del famoso fischio che annuncia l'inizio di una dura battaglia.
Durante i suoi cinquant'anni di esistenza, lo stadio ha accolto tantissimi tifosi, tutti legati dall'amore per questo club. Un amore che non ha mai smesso di perpetuarsi negli anni. Non è inusuale, durante una partita nella tribuna Fondo Norte vedere una nonna e il nipote con lo stesso tatuaggio sul braccio: lo stemma del club. Un gesto allo stesso tempo folle e audace, ma che mostra anche la fedeltà dei madrileni al loro club. A tal proposito, uno dei responsabili dell’associazione dei supporters colchoneros d’oltralpe spiega: “Penso che il fervore intorno a questo club possa essere spiegato dal fatto che è molto divisivo. I valori che rappresenta ci fanno amare o odiare. Per capire perché i socios sono così attaccati al club e presenti sugli spalti, è perché l'Atletico è sempre stato visto come il club della gente, dei ceti popolari, delle periferie. Sono persone che non hanno molto e quindi sono ancora più coinvolte nel club. Sostenere l'Atletico è un po' un modo di vedere la vita in modo diverso. E anche se oggi il club è cambiato, il nucleo dei tifosi in Spagna rimane in qualche modo lo stesso con un fervore che è stato tramandato di generazione in generazione”.
Oggi la squadra si è trasferita da tre anni in uno stadio più spazioso: il Wanda Metropolitano. Questa decisione ha richiesto molto tempo per essere accettata dai tifosi. Lasciare il sud di Madrid per andare a est è stato un colpo al cuore. L'impatto dei tifosi è essenziale e non per niente questo fervore è classificato come uno tra i maggiori in Spagna e in Europa.
Inoltre, sapete qual è il tifoso più famoso del club? Re Filippo VI di Spagna in persona.
Dall'ingresso dei giocatori alla fine della partita, non passa un secondo senza che venga intonato un coro. Qui ogni partita viene vissuta come se fosse l'ultima. Questa è la filosofia del club, ma soprattutto dei suoi tifosi. Ed è in questo tipo di contesto che la nozione di dodicesimo uomo assume il suo pieno significato. Secondo Alexandre Allal, giornalista specialista di calcio spagnolo: “Ogni squadra che all’epoca veniva a giocare al Vicente Calderon, quella era una delle tre partite più difficili che avrebbero potuto disputare in stagione. Lo stadio cantava tutta la partita, urlava, fischiava, l'atmosfera che trasmettevano i tifosi si adattava perfettamente alla loro identità di giocatore, quando una squadra giocava lì ovviamente non era a suo agio. È un'atmosfera sudamericana come dice Ousmane Dembélé. Questo fenomeno è inevitabilmente andato scemando col nuovo Wanda Metropolitano”.
Ma quest’attaccamento alla maglia non è affatto una cosa recente, anzi. Durante la stagione 2000-2001, quando il club è sceso in seconda divisione per la prima volta nei suoi 97 anni di esistenza, il numero degli abbonati è passato da 23.742 a 42.101. Sorprendentemente, la retrocessione non ha intaccato la fedeltà dei tifosi che avevano comunque conosciuto, qualche anno prima, la doppietta Coppa-Campionato (1995-1996). Devi sapere che in quel momento, tifando questo club dall'infanzia, è un po' come essere a parte in una città che ha occhi solo per il grande Real Madrid. Alexandre Allal racconta un aneddoto su questo argomento: “L'Atletico ha sempre coltivato la cultura della differenza. Fernando Torres inoltre, un giorno ha spiegato in un'intervista che quando era piccolo e andava a scuola con la maglia dell'Atletico, lo fissavamo nel cortile. Gli abbiamo chiesto ‘ma perché non puoi tifare Real?’. È sempre stato il piccolo club di Madrid rispetto al Real come l'Espanyol con il Barcellona e hanno coltivato questa cultura della differenza. Tanto che è diventata la loro identità. Non è solo un club, c'è un aspetto popolare che ha preso il sopravvento”.
Adoro la maglia, qualunque cosa accada
Che la squadra faccia una buona o una brutta partita, l'importante è dare il meglio di sé. Qui la nonchalance non esiste. Ed è questo modo di essere che ha fatto dell'Atletico una famiglia. Questo sentimento di unione, Timéo lo ha provato durante la semifinale di Champions League 2017 contro il Real Madrid: “Questo è il ricordo che più mi ha colpito al Calderon. Nei minuti finali, l'Atletico era in vantaggio per 2-1 ma è stato eliminato dalla Champions League. È l'ultima partita di coppa in questo stadio e un acquazzone sta calando giù sul prato e sugli spalti. Mentre i tifosi del Real indossano indumenti impermeabili per proteggersi, i tifosi dell'Atleti cantano, gridano, saltano ovunque sotto la pioggia per la gloria del loro club mentre stanno per essere eliminati contro il nostro più grande rivale. Questo momento è indicativo della passione che lo circonda: anche se non vinciamo spesso titoli, per i tifosi non è questa la cosa più importante”.
Una disciplina ferrea persiste nel club da più di 10 anni grazie a Oscar Ortega soprannominato “Profe Ortega”. Preparatore atletico del club, ha la capacità di dare una condizione di ferro ai suoi giocatori grazie ad allenamenti estenuanti. […]
Ma è anche grazie a questo che i giocatori sono riusciti a migliorarsi ricercando capacità oltre i propri limiti naturali. Il club di Madrid ha potuto schierare nell'undici titolare degli ultimi dieci anni tre dei più grandi portieri del mondo: Jan Oblak e David De Gea (allenati nel club) e Thibaut Courtois. L'istituzione colchoneros prende a cuore questo ruolo di ultimo baluardo. L'Atletico allena giocatori che sappiano soffrire e allo stesso tempo sappiano mantenere la schiena alla porta per molti minuti. L'esempio più recente rimane l'andata contro il Liverpool (1-0) nel percorso della Champions League 2019-2020.
Su questa partita ovviamente sono piovute le critiche di molti esperti di calcio che suggeriscono che l'Atletico sa solo difendere. Eppure è un dato di fatto, alcuni dei più grandi centravanti degli ultimi 15 anni sono stati qui, come attesta Alexandre Allal: “Nel 2005-2006, quando hanno iniziato a far crescere Fernando Torres, hanno sviluppato un'identità di gioco a cui successivamente Diego Simeone è subentrato. C'è sempre stata questa tradizione dei grandi numeri 9 dell'Atletico: Torres, Forlán, Agüero, Falcao, Suárez e Griezmann”.
E non è tutto, in 119 partite di Champions League, il club conta 181 gol fatti e 104 subiti. Queste sono ancora statistiche e a molti piace dire che il valore di un club si misura dal suo palmares. Quello dell'Atletico non è il più appariscente, ma i colchoneros hanno vinto 3 Europa League, 11 Liga, 10 Copa del Rey e 3 Supercoppe Europee. E se i trofei non bastano, la squadra di Madrid è una delle più costanti d'Europa negli ultimi dieci anni. In 13 presenze, ha giocato tre finali, tre semifinali e tre quarti di finale.
Un simbolo, una storia: Diego Simeone
E la maggior parte di questi risultati sono arrivati sotto la guida di un uomo: El Cholo Simeone. Un allenatore che ha sempre ripetuto: “In guerra non vincono i migliori, ma i migliori strateghi”. E l'allenatore argentino è un maestro in fatto di metafore sul campo di battaglia. Ad ogni partita, i suoi soldati vanno in guerra, un modo di pensare ancorato alla filosofia del club. Perché qui serve carattere e questo discorso di Luis Aragones prima della finale di Copa del Rey del 1992 contro il Real Madrid lo dimostra. Mentre arringava la sua squadra in un discorso pre-partita, si è fermato per dire: “Avete capito bene? Sì ? Beh, non serve aggiungere altro. L'importante è che voi siate i migliori. L'importante è che voi siate l'Atletico Madrid e che ci siano 50.000 persone pronte a morire per voi. Anche voi dovete poter morire per loro e soprattutto dovete uscire di qui e dimostrare a tutti in questo stadio, che qui c'è un solo campione ed è biancorosso”.
Non sarebbe sciocco dire che Diego Simeone da solo rappresenta ciò che è l'Atletico Madrid. Titolare indiscusso durante la grande doppietta del 1996, ha permesso al club di toccare i vertici. Anche il suo ex vice German “El Mono” Burgos, ex portiere dell'Atletico, non si è mai separato a lungo dal suo club. Timéo ricorda una citazione di Luis Aragones sull'amore per l'istituzione colchoneros: “Ho rinunciato all'alcol, alle sigarette e al cibo grasso, perché mi stavano uccidendo. Ma non posso deludere l'Atleti, che però sta uccidendo anche me”.
[da caviarmagazine.fr]
https://www.caviarmagazine.fr/fanatisme-et-devotion-le-mode-de-vie-colchoneros/?fbclid=IwAR0urzkS2BSAKrOKuYkWX23vV-WHZjlrB8vg6q0McJ4o9fLmZKSULEnUI8I