La Cabardino-Balcaria è una delle ventidue repubbliche che compongono la Federazione russa: situata nel Caucaso settentrionale, si tratta di una regione etnicamente mista dove i due principali gruppi etnici, i cabardini e i balcari, subirono diverse vicissitudini (i primi una pulizia etnica nel diciannovesimo secolo, i secondi – di origine turca – la deportazione di massa negli anni Trenta); la sua capitale è Nalchik, sede dell’omonima università statale. Ma la peculiarità di questa città è un’altra, vale a dire il poter annoverare l’unico gruppo ultras dichiaratamente antifascista nel panorama russo, i Red-White Djigits.
Il gruppo nasce ufficialmente nel 1997 su impulso di uno studente universitario, Murat Mizov, che come molti altri suoi coetanei appassionati di calcio rimase suggestionato dalle forme di sostegno espresse negli stadi inglesi e decise di radunare altri giovani per creare un gruppo che seguisse lo Spartak Nalchik all’insegna dell’inclusione e dell’antirazzismo, diventando ben presto un riferimento per le sigle antifasciste locali; il loro nome deriva direttamente dal turco e sta a indicare giovani abili tanto a cavallo quanto nell’utilizzo delle armi. In quegli anni, a solo 150 km più a est di Nalchik si era appena conclusa la prima guerra cecena e di lì a poco – nel 1999 – sarebbe iniziata la seconda che avrebbe prodotto delle rivolte in tutta l’area caucasica e una scia di attentati in tutta la Russia.
Parallelamente il movimento ultras si sviluppava in tutta la federazione, assumendo nella stragrande maggioranza dei casi dei connotati nazistoidi, magari non da parte di tutti i militanti dei vari gruppi, ma sicuramente da parte di chi quei gruppi li gestiva e li sapeva incanalare; il che sommato alla grave crisi economica, al boom della criminalità organizzata e agli strascichi delle due guerre, non poteva che produrre un’imponente ondata xenofoba rivolta principalmente contro musulmani e caucasici in generale. Non a caso fu tra il 2000 e il 2007 che l’estrema destra russa raggiunse il suo apice con azioni violente e si stima che circa un terzo degli assassinii compiuti dai nazisti russi sia stato compiuto proprio ai danni dei caucasici.
Proprio il 2007 fu l’anno che vide lo Spartak Nalchik approdare nella massima divisione, un banco di prova a dir poco impegnativo per i Djigits che ben presto diventarono il bersaglio di tutti i principali gruppi ultras russi e inizialmente si dovettero difendere da numerosi attacchi, perché loro per le altre tifoserie erano “hachi” o “churki”, due nomignoli dispregiativi usati per denigrare i caucasici, ma a differenza delle tifoserie dell’Anzhi o dell’Akhmat – provenienti rispettivamente dal Daghestan e dalla Cecenia – che si arroccavano su un nazionalismo antirusso, i Djigits radicalizzavano il proprio antirazzismo che veniva certificato dalla diffusione di effigi con Che Guevara e il Subcomandante Marcos su bandiere e striscioni e dalle visite che ricevevano dalle sempre più numerose crew antifasciste di tutto il paese, che si presentavano nei settori ospiti che li vedevano impegnati e che cominciavano a diffondersi principalmente nelle serie inferiori (Zvezda Irkutsk e Karelia Petrozavodsk su tutte, anche se dopo non molto si sciolsero lasciando di fatto gli ultras dello Spartak Nalchik gli unici veri ultras antifa della Russia).
Grazie anche ai risultati della squadra il seguito in trasferta aumentava, con gli apici raggiunti nelle trasferte nella capitale Mosca (dove fu creata anche la più importante sezione del gruppo), dove accanto agli ultras partiti direttamente dal Caucaso, si univano centinaia se non migliaia di emigranti che rivendicavano spavaldi e orgogliosi le proprie origini e il proprio antifascismo, mentre di contro non erano molti i gruppi a presentarsi dalle loro parti in numero dignitoso. Quelli erano gli anni in cui nacque anche una sezione femminile presente spesso in trasferta, ma soprattutto in cui i Djigits si strutturarono anche dal punto di vista della violenza, anche perché in seguito alla prima ondata repressiva, gli scontri tra firm cominciavano a spostarsi progressivamente sempre più lontano dagli stadi, tuttavia essi praticamente non parteciparono mai a questo tipo di rendez-vous, perché di fatto, nessuno voleva avere a che fare con gli ultras caucasici, da un lato per il pregiudizio razziale, dall’altro perché temuti in quanto ritenuti poco affidabili o da evitare per essere inclini all’uso del coltello (bandito dai combattimenti tra hooligans russi), e le uniche volte che subirono attacchi, fu quando gli avversari si accertarono di essere in schiacciante superiorità numerica, come ad esempio a Rostov e a Saransk.
Purtroppo in seguito a una crisi finanziaria il club iniziò una nel 2012 discesa che li ha condotti in terza serie, riducendo di molto gli appartenenti alla tifoseria che adesso può contare circa un’ottantina di militanti nello zoccolo duro che continuano a seguire fedelmente la squadra ovunque, e ai Red White Djigits si sono affiancati nel tempo altri gruppi come i Rebels, i Southern Eagles e le Sponge Ladies; parallelamente iniziò anche una repressione che colpì l’“Unione panrussa dei tifosi di calcio”, in vista di una normalizzazione per i mondiali casalinghi e gli echi dell’ucraina Piazza Maidan fecero abbattere la repressione anche su alcune frange delle formazioni politiche di estrema destra che all’inizio avevano avuto atteggiamenti concilianti con essa, ma nonostante gli scenari siano radicalmente cambiati e i numeri ridotti, i Red White Djigits restano sempre al fianco dello Spartak Nalchik e ben impressi nella memoria dei propri nemici.
Giuseppe Ranieri