Ci risiamo, con la nuova ondata legata alla variante Omicron registrata in questo inizio 2022, a pagare un prezzo alto sono i tifosi di calcio che ogni domenica si recano allo stadio. Dopo una prima riduzione della capienza degli impianti sportivi al 50% infatti, decisa con il dpcm del 31 dicembre scorso, pochi giorni fa il governo di Maro Draghi, rispetto al quale l’appellativo “dei migliori” sembra di giorno in giorno sempre più tragicomico, ha fatto pressioni affinché gli stadi venissero chiusi, o al massimo fossero aperti a 5000 spettatori per ogni partita che sarà giocata tra il 15 gennaio e il 5 febbraio 2022, opzione che è poi stata avallata dalla Lega Calcio.
Questa media si è decisa per tutti, indistintamente dal numero di persone che può contenere ogni singolo impianto, 4.000 o 60.000 non fa alcuna differenza. Tali nuove restrizioni continuano a interessare quindi l’ambito della vita sociale e ricreativa.
Altri spazi quotidiani però, il lavoro e il trasporto in primis, vanno avanti come se nulla fosse, dall'inizio di tutto questo periodo di delirio legato al Covid, e senza che nessuno si ponga alcuna domanda su ciò che sta effettivamente accadendo. Insomma, il governo “dei migliori”, sotto la direzione di Confindustria, continua a mettere davanti l'ambito economico e del profitto a quello della salute umana.
Questa distinzione abbastanza netta purtroppo interessa lo stesso ambito sportivo al suo interno. Se infatti si deve decidere di lasciare a casa i tifosi e gli ultras o li si taccia come “No Vax”, portando avanti una nuova puntata della guerra tra poveri, e quindi si impedisce loro di partecipare a una cosa importante, spesso uno dei pochi momenti di svago e felicità della settimana, quando invece si parla di Covid in ambito sportivo “di alto livello”, come per lo svolgimento di una Olimpiade invernale, ecco che la questione viene affrontata in tutt'altro modo.
Già abbiamo visto questa netta differenza con le Olimpiadi di Tokyo 2020, svoltesi nell'estate del 2021. Anche se nel paese del Sol Levante la situazione, a pochi giorni dalla cerimonia ufficiale di apertura, era abbastanza catastrofica per quel che riguarda l'ambito sanitario, le autorità locali hanno deciso di far svolgere la competizione (ma rigorosamente a porte chiuse). Tutto ciò, nonostante le voci discordanti si siano levate fino all'ultimo; inoltre, così facendo, si è perso gran parte del coinvolgimento di un evento del genere vista la forzata assenza di pubblico.
Oggigiorno la musica non sembra cambiare. Il 4 febbraio prossimo si aprirà, a Pechino, la XXIV edizione dei Giochi olimpici invernali dell'era moderna. Un evento molto atteso nell'enorme paese orientale, tanto da essere citato dal presidente cinese Xi Jinping nel suo discorso di fine anno.
I casi di Omicron, però, nelle ultime settimane stanno aumentando anche in Cina come in tutto il resto del mondo. Nonostante questo nuovo picco i Giochi olimpici non sembrano essere in discussione come ha dichiarato Huang Chun, funzionario del Comitato organizzatore del grande evento a cinque cerchi.
Lo stesso portavoce del Comitato olimpico, Zhao Weidong, assicura che “qualunque difficoltà e sfide possiamo incontrare, la nostra determinazione a ospitare i Giochi di successo come previsto rimane ferma e incrollabile”. Insomma anche questa volta si è decisa la strada del “the show must go on” nonostante una situazione sanitaria, a livello mondiale, tutt'altro che rassicurante.
Purtroppo le notizie che lasciano più di qualche dubbio riguardo ai grandi eventi sportivi non finiscono qui. Molte volte, infatti, è l'impatto ambientale che essi comportano ad essere messo sotto accusa.
Una volta concluse le olimpiadi di Pechino a febbraio, il prossimo grande evento a cinque cerchi invernale si svolgerà nel 2026 tra le località italiane di Milano e Cortina d’Ampezzo. Anche per questa occasione, come sta succedendo in Val di Susa con la questione legata alla linea ferroviaria alta velocità tra Torino e Lione, la politica nostrana, sia a livello regionale che nazionale, ha deciso di portare avanti alcune scelte che, a molti, sembrano incomprensibili.
A spiegare ciò che sta accadendo tra le montagne del Triveneto sono stati Pietro, curatore del blog e della pagina Facebook Alto-Rilievo/voci di montagna, e Zeno, un compagno padovano amante della montagna, durante un'intervista rilasciata su Radio Onda d'Urto.
Nel piccolo paese perla delle Dolomiti sta avvenendo, in vista del grande evento sportivo che si terrà tra quattro anni, uno scempio che non riguarda solo l'ambito ambientale ma anche quello sociale ed estetico. Cortina d'Ampezzo, lo ricordiamo, è stata scelta già nel 1956 come località ospitante le Olimpiadi invernali svoltesi quell'anno. Molti degli impianti costruiti allora sono oggigiorno in totale disuso o richiedono lunghe e costose manutenzioni.
Nonostante ciò, non si è deciso di usare ancora delle strutture già esistenti. Si è optato invece per la costruzione di nuovi impianti che, una volta finito il grande evento, rischiano di restare delle vere e proprie cattedrali nel deserto in un territorio che è stato messo sotto pressione, soprattutto negli ultimi anni, sotto numerosi punti di vista.
Oltre all'impatto ambientale, secondo Pietro, sulla zona ci sarebbe un forte impatto estetico e sociale. Estetico perché quella di Cortina è una zona che ha caratteristiche uniche nel suo genere.
L’impatto sociale invece avverrebbe perché sono numerose le persone che vivono, in maniera diretta e non, grazie allo sci e che continueranno a farlo se si sprecano soldi pubblici in questo modo.
Ma il mondo dello sci è a forte rischio per una ragione. A causa del riscaldamento globale, che avanza sempre più, assicurare una stagione sciistica regolare per i prossimi anni non è più possibile.
Cosa succederebbe se, tra pochi anni, non fosse più possibile sciare a causa del surriscaldamento globale? Ad essere toccati da questa crisi sarebbero tutti i lavoratori di questo specifico ambito o solamente le categorie più deboli?
A rendere ancora più complicata la situazione, inoltre, si è aggiunta l'attuale pandemia da Covid 19 che, nelle ultime stagioni, ha già dato una bella botta ai dipendenti del settore imponendo, a molti, la chiusura definitiva della loro attività.
Nonostante tutti gli allarmi lanciati dagli esperti, i lavori di costruzione degli impianti per le Olimpiadi invernali del 2026 vanno avanti come se nulla fosse e seguendo la logica capitalista legata ai “tempi belli”.
Ma nonostante l'apparente normalità vi è una differenza sostanziale con il passato: gli impianti attuali, infatti, vengono oramai costruiti tutti sopra i 2000 m di altezza. Costruirli più in basso non avrebbe più senso per il riscaldamento globale che li renderebbe inutilizzabili.
A fine ottobre 2021 si è svolta una mobilitazione che ha richiamato l'interesse non solo dei locali ma anche di persone venute da più località vicine a Cortina d'Ampezzo, ad esempio altre valli del Veneto o dal Trentino Alto-Adige. Si è deciso di alzare la voce sullo scempio che sta avvenendo proprio a Cortina nonostante essa sia una località che trae molto del suo profitto dall'ambito del turismo (la proporzione data nel corso dell’intervista radiofonica parla di 50/60.000 posti letto per turisti su una popolazione locale di circa 5.000 unità totali).
Il simbolo di questo scempio è la nuova pista da bob che si vorrebbe costruire. Essa costerebbe circa 85 milioni di euro, coperti da soli fondi pubblici.
Il bob però è uno sport che è praticato, come ci spiegano nell'intervista, da poche centinaia di persone in tutta Italia. Costruire una nuova pista per un evento della durata di 15 giorni non sarebbe eccessivo anche secondo voi?
Questo uso scellerato dei fondi, come ricordavamo, rischia di mettere ancora più in difficoltà il Triveneto che avrebbe altri modi per usare i soldi. Ad esempio si potrebbe dare una mano ai centinaia di locali colpiti dalla tempesta Vaia che, dal 26 al 29 ottobre 2018, riuscì ad abbattere decine di milioni di alberi nella zona, su una superficie di 12.000 ettari.
Coi soldi levati alle grandi opere la gente, soprattutto i giovani, sarebbe aiutata per una vera e propria riqualifica della zona rendendola abitabile tutto l'anno e non solamente in determinati periodi.
Le prese di posizione discutibili non riguardano solo Cortina e la provincia di Belluno in vista dell'evento a cinque cerchi. Altre zone che rischiano di vedere sorgere inutili grandi opere sono le province di Trento e Bolzano. Nella città del Concilio di metà XVI secolo, ad esempio, sono in cantiere uno stadio per il pattinaggio e una strada che attraverserà la Val di Cembra, per il costo di 16 milioni di euro, che servirà solamente per le due settimane dei Giochi olimpici.
Roberto Consiglio