È un’uscita abbastanza recente quella di Le Canaglie di Angelo Carotenuto, edito da Sellerio, e certamente non è passata inosservata alla nostra redazione e ci sembrava meritoria di trovare spazio su questo blog. Un libro che parla di Lazio essenzialmente, e della città di Roma. Un romanzo che colpisce per bellezza e costruzione. Per alcuni tratti i soggetti principali, la S.S Lazio e la Roma sorniona e violenta degli anni a cavallo del 1970 vestono di contorni epici. Retrocessione, morte, armi, saluti fascisti, anni che trasudano violenza politica, vittoria, esaltazione, lazialità, esasperazione, parossismo. Tutto ciò nel libro appare centrato senza il culto e mito di biancoceleste vestito, né il livore o il sottodimensionamento di giallorosso tinteggio. La storia di quella Lazio è molto bella e profonda, da qualsiasi lato la si guardi. È emblema calcistico, è riassunto storico. Non ne vedo un’operazione per commercializzare quei fatti storici come in altri propositi letterari. È un romanzo onesto, non declaratorio ma intimo.
L’idea dell’io narrante del protagonista del libro Marcello Trasemini, che in realtà prende la personalità da un fotografo realmente esistito, Marcello Geppetti, cantore e immortalatore della Dolce Vita romana ma anche inviato alla corte della Lazio, dal momento in cui i calciatori cominciarono a entrare nell’alveo della vita mondana, abbandonando il sostrato di provenienza. Lui odia il calcio, non lo segue ma ama le fotografie, zoomare sulle persone e sul loro carattere. Indugiare sull’uomo piuttosto che sul personaggio. È cosi che si intrecciano le vite, i parallelismi, si sovraccaricano le emozioni, si dissipano i dubbi. E attraverso il racconto di un uomo senza apparenti capacità di analisi calcistiche si rivitalizza la storia di quella banda a mano armata che era la Lazio di Chinaglia e Wilson. È storia di clan, di odi, di campanilismo, della legge del più forte, ma anche di unione, d’amicizia, di fratellanza. E nel punto più alto di questa esperienza ecco che si apre la personalità magnifica di Tommaso Maestrelli, uomo di sport, uomo di fede, uomo di tempra, uomo di sinistra. Anche le velleità del campione sono raccontate con la dolcezza snervante del bambino, perché Chinaglia non era un duro, era un bambinone. Ma era anche un ottimo centravanti, il meglio che girava dalle parti del campionato italiano. Il suo estremismo da piacione, assurto a simbolo dei fasci laziali, cozza irrimediabilmente con il Chinaglia uomo ancora acerbo, assoggettato un giorno alla moglie e alle sue aspirazioni di vita americane, un giorno amato dal pater familias, appunto Tommaso Maestrelli. Quest’ultimo santo laico, fedele a santa madre Chiesa e soprattutto a Padre Lisandrini.
In questa storia non manca neanche il padrone. Lenzini, costantemente in bilico tra esaltazione e disaffezione, attento al quattrino ma capace d’amore e di corrispondere al sentire laziale. L’estremismo la fa da protagonista indiscusso, estremo Maestrelli, estremo il suo gioco all’olandese, estrema bontà, estremo odio, estremi i capi clan, estremo l’amore dei laziali. Estrema è l a passione per le armi, quasi inspiegabile come quel passatempo costituisse un collante magico tra qui giovani ragazzi. La coattanza estrema di Giancarlo Oddi detto il Tufello, la severità di Wilson, la bonomia di Felice Pulici, l’estro di D’Amico, il sorriso di Re Cecconi, proprio lui indimenticabile martire di quella pazza Lazio.
Gli elementi del libro sono uniti dentro dal narratore, mai banale, mai giornalisticamente intrusivo, ma letterario nel suo approccio. Mai forzato come i colleghi giornalisti, che con velleità da scrittori editano libri commercialmente e intimamente brutti, figli solo della fama che li precede e delle leggi di mercato. Davanti alla capacità di legare, mai banalmente, temi e personaggi questo libro riporta all’origine del romanzo sportivo, sotterrando per un po' quella spinta ormai esaurita dello storytelling.
Colgo l’occasione pubblica di questo spazio per onorare anche il giornalista Angelo Carotenuto, che con la rubrica “il giro del mondo in 80 portieri” sul blog Puliciclone di Repubblica, ha fatto sognare il sottoscritto. Grazie.
Daniele Poma