Sono le 11 di sabato mattina, l’aereo è arrivato presto. Nonostante la stanchezza per un viaggio di tre ore da Londra e il jet lag del fuso orario, l’emozione per vedere il Rayo Vallecano nella sua casa dell’Estadio de Vallecas tiene svegli.
La storia del Rayo comincia circa vent’anni dopo quella dei club più blasonati della città, Real Madrid e Atletico. Ma a differenza di queste due realtà calcistiche, arrivando alla stazione metro Portazgo, a un quarto d’ora dalla stazione di Atocha, ci si rende conto di come la squadra sia un tutt’uno col quartiere. Si scende dalla metro e subito si può ammirare il pannello che dà il benvenuto a Vallecas e, con tanto di foto, riporta una tempolinea con le date principali della storia del Rayo.
Questa è una storia che comincia nel 1924. Ma Vallecas comincia nel 1500 circa, come ‘Valle del Kas’, un signore feudale arabo che resisteva alla reconquista spagnola. Una tradizione battagliera mantenuta nel corso dei secoli, e che nella tragicità del Novecento spagnolo si palesa in una resistenza alla dittatura franchista. E oggi, nella Spagna democratica, Vallecas si mantiene un quartiere che vota a sinistra. Anche nel 2019, quando i primi due partiti nel distretto sono il partito di centrosinistra PSOE e Màs, movimento più radicale e altermondialsta, rispettivamente al 35.9% e al 22.96%.
Arrivati nel mercato rionale, punto d’incontro degli aficionados del Rayo, ci si rende conto che diversi hanno preso un aereo per assistere al derby di Madrid. Sono presenti delegazioni di Antifà Paris e dello Sturm Graz. ‘In Spagna molte tifoserie sono di destra’ mi dice un membro dei Bukaneros, il gruppo ultras del ‘Fondo Sur’, la curva del Rayo. ‘Però anche qui abbiamo amicizie: i migliori legami sono con Cadiz e il Deportivo La Coruna’. Si nota infatti come il muro fuori dallo stadio di Vallecas mostri fra le altre cose un murales che celebra il sodalizio col Deportivo.
Parlando con le persone che girano per il mercato rionale, ci si rende conto che questa tifoseria è diversa dalle altre. Tutti fanno la premessa ‘siamo una tifoseria antifascista, antirazzista e antisessista’. E come potrebbe essere diversamente? Il quartiere, con i suoi circa 240.000 abitanti, è anche quello simbolo della migrazione interna in Spagna, e dando uno sguardo alle persone ci si rende conto della sua multiculturalità. ‘Cervecerias’ tipiche spagnole si trovano accanto a macellerie Halal. I viali dove si trovano gli alloggi popolari, con i panni stesi da un balcone all’altro, e anche con un murales della Fontana di Trevi, riportano all’aria delle periferie del nostro paese.
È il pomeriggio, la partita si avvicina e al mercato rionale arrivano altri membri dei Bukaneros. Viene improvvisato uno spaccio da dove viene venduto materiale del gruppo, le Fanzine, le sciarpe e anche le magliette. ‘Siamo i Bukaneros, un gruppo antifascista, antirazzista e antisessista’. Questo viene ripetuto da altri ragazzi con cui scambio due chiacchiere. Ma non solo, che cosa hanno fatto i Bukaneros per meritarsi la reputazione di un gruppo ultras attivo nel sociale? L’esempio che viene tirato in ballo è quello di Carmen Martinez Ayudo, una donna che nel 2014, a causa di un debito di 70.000 euro, era stata sfrattata in maniera violenta dalla polizia. I Bukaneros hanno spinto la società a sostenere economicamente la donna pagandole l’affitto a vita.
Ma il rapporto con le istituzioni del calcio spagnolo nonché la società è piuttosto conflittuale: per quanto riguarda il primo, viene tirato fuori l’esempio di Roman Zozulya, calciatore ucraino, adesso in forza al Fuenlabrada. Nel 2019, la partita fra Rayo e Albacete venne sospesa quando i tifosi del Fondo Sur decisero di ricordare a Zozulya le sue simpatie per il Battaglione Azov, organizzazione militare inquadrata nell’esercito ucraino e famigerata per i suoi simboli che richiamano al nazismo. La Liga accusò il gruppo Bukaneros di razzismo per aver usato l’appellativo ‘Puto Nazi’. ‘Il loro ragionamento perverso fu accusarci di razzismo per aver definito un calciatore ucraino come nazista, sostanzialmente affermando che secondo noi Zozulya era nazista in virtù della sua nazionalità’. Un paradosso, viste anche le attività degli aficionados del Rayo.
I rapporti con la proprietà del club sono addirittura più complessi. Al momento gli striscioni dei Bukaneros sono vietati dallo stadio. Alcuni ragazzi dicono ‘non entriamo, lo spettacolo è fuori’. Si capisce subito perché.
Alle cinque una coreografia gigante scende dal tetto del mercato rionale. Fumogeni, torce e canti che celebrano Vallecas, e poi l’immancabile ‘Puta Real Madrid’. Come sarebbe oggi una vittoria del Rayo? ‘Davide che vince contro Golia’ dice Juan Jimenez Mancha, storico del quartiere, tifoso del Rayo che passeggia per il mercato scambiando parole con gli astanti.
Tornando ai problemi con la proprietà, Raul Martin Presa è il presidente del club. In questa stagione il Rayo ha un piazzamento di tutto rispetto nella Liga e ha raggiunto, per la prima volta in quarant’anni, la semifinale di Copa del Rey contro il Betis Siviglia. Però i risultati non bastano a far dimenticare faccende più oscure: in maniera totalmente opposta alla tifoseria e al quartiere, Presa è un uomo di destra e non lo nasconde. La scorsa stagione ha invitato due figure prominenti del partito di estrema destra Vox, Santiago Abascal e Rocio Monasterio, all’Estadio de Vallecas. Nel segno della frase di Marx per cui la storia si ripete la prima volta come tragedia e la seconda come farsa, la partita a cui Presa ha invitato i due politici di Vox era proprio contro l’Albacete. I tifosi del Rayo, in uno sfoggio di creatività, si sono riuniti fuori dallo stadio e, vestiti con tute gialle, hanno ‘disinfettato’ gli spalti. Ma questa stagione a dare scandalo è stato soprattutto l’incarico all’allenatore della squadra femminile del Rayo Vallecano Carlos Santiso, di cui sono emersi dei messaggi vocali in cui definiva lo stupro di gruppo un modo per fare spogliatoio nel calcio femminile. Parole gravi, che in passato erano valse il licenziamento di Santiso dalla federazione del calcio madrileno. ‘Porque cono esta aqui’. Allo stadio un membro dei Bukaneros dice così mentre parla del rapporto fra il Fondo Sur e la società. ‘Siamo in una guerra’.
Il corteo prosegue per cento metri. In testa uno striscione con scritto ‘ULTRAS’ e la faccia di Che Guevara. Sulla strada principale le pattuglie della Guardia Civil sono sull’altolà. I reparti a cavallo si mettono in testa e poi impongono al corteo di aspettare il semaforo verde per attraversare. Allo stadio si entra con un tornello vecchio stile. Il Fondo Sur è pieno per l’occasione. Tifosi del Real sono in tutto lo stadio mischiati a quelli del Rayo. Anche i famigerati ‘Ultras Sur’ del Real Madrid sono banditi dal proprio club e dalla Liga. Il tifo è incessante. ‘Somos el Rayo, los ultras mas antifascistas’ è un coro che viene ripetuto spesso, assieme al ‘Somos Vallecanos, Junkies y Gitanos’, capovolgendo l’insulto rivolto ai Bukaneros dalle altre tifoserie. La partita ha un buon ritmo e il Rayo Vallecano, nonostante giochi contro la blasonata capolista, sembra reggere il confronto. Tira diverse volte nello specchio costringendo Courtois a interventi non semplici. Però al minuto 83 la squadra di Ancelotti passa con un gol di Benzema. Poco importa. I leader della curva, che durante tutta la partita si sono sgolati guidando un tifo impressionante, senza megafoni ma solo a squarciagola, fanno un discorso alla squadra: è uno dei lanciacori a parlare e dice che a loro delle vittorie e del successo poco importa, date le loro origini umili come gente di Vallecas, però l’importante è sempre tirare fuori ‘los cojones’. È un tema ricorrente. Il discorso viene applaudito da tutta la squadra. La sera prosegue fino a tardi in giro per il quartiere, che sembra restio a voler andare a dormire. Cinquecento metri più giù, dopo la cena in una Cerveceria, assistiamo a un concerto organizzato dalla Municipalità. È un quartiere che ama la musica, la politica e il calcio. È il quartiere di Davide, che ci ha accolto come fossimo dei loro. Anche se oggi Davide non ha battuto Golia. Però a noi che seguiamo questo sport con passione e ne vediamo le sfumature sociali, ci ha restituito il vero significato di che cosa sia questo sport per le comunità che gli danno vita.
Giacomo Paoloni
I dialoghi riportati nell'articolo usciranno presto in formato integrale in un documentario girato da Valerio Curcio e Martino Arese per il canale Youtube brasiliano PELEJA (https://www.youtube.com/peleja).