Lo scorso 6 aprile è stata emessa una sentenza storica. L'ex presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, è stato condannato in contumacia all’ergastolo per la sua partecipazione all’assassinio del suo predecessore Thomas Sankara. Sankara fu presidente del Burkina Faso dal 1983 al 1987 e, durante la sua presidenza, cercò di dare una struttura solida al paese che, dopo l'indipendenza dalla Francia ottenuta nell'agosto 1960, stava attraversando un periodo di forte instabilità politica.
Per questa sua forte presa di posizione, il più importante presidente burkinabé della storia venne soprannominato il “Che Guevara africano”. Molti, infatti, erano i punti in comune con il rivoluzionario argentino, uno dei pilastri della rivoluzione cubana del 1959, che venne assassinato in Bolivia nell'ottobre 1967.
Nel portare avanti il suo progetto Sankara sfidò gli interessi dei coloni francesi che decisero di assassinarlo. Thomas Sankara venne ucciso il 15 ottobre 1987 a seguito di un golpe eseguito da Blaise Compaoré, e orchestrato dalle potenze occidentali, che rovesciò il suo governo democraticamente eletto.
La sollevazione militare mise fine alla vita di un personaggio che si batteva per la cancellazione del debito estero dei paesi africani, considerandolo uno strumento neocoloniale per il dominio degli Stati appena divenuti indipendenti.
Per lunghi decenni, per questo omicidio, Compaoré non ha mai pagato. La situazione è cambiata nel 2014 quando l'assassino di Sankara ha dovuto abbandonare il ruolo di dittatore del Burkina Faso, per scappare in Costa d'Avorio a seguito di una rivolta popolare.
Una svolta, quella del 2014, che ha portato alla condanna per Compaoré a quasi 35 anni dalla morte di Sankara. A questo punto, però, resta da capire se l'ex presidente burkinabè sconterà mai la sua pena e se pagheranno anche i mandanti occidentali che hanno commissionato l'omicidio del Che Guevara africano.
Thomas Sankara fu, altra somiglianza con il Che Guevara, un amante dell'attività sportiva. Il calcio, il rugby ma soprattutto il ciclismo erano i suoi passatempi preferiti.
Lo stesso ciclismo può essere considerato un vero sport nazionale del Burkina Faso. Non scordiamoci che, proprio in questa terra, il campionissimo delle due ruote Fausto Coppi si recò in visita e qui contrasse la malaria che lo portò alla morte nel gennaio 1960.
Sankara, dal canto suo, si presentò in bicicletta alla prima seduta del suo nuovo governo, insediatosi nel parlamento della capitale Ouagadougou il 4 agosto 1983. Egli era anche un amante della moto e della corsa, pratica sportiva che praticava anche da solo per lunghe ore al giorno.
Ma per Thomas Sankara lo sport era, prima di tutto, un vero mezzo per l'aggregazione sociale. Esso veniva considerato una delle basi fondamentali su cui costruire la nuova società burkinabè.
“Un popolo sportivo è un popolo sano e produttivo”, dichiarò l’allora presidente del paese dell'Africa Occidentale. Non a caso, il presidente ribelle del Burkina Faso usò questo mezzo soprattutto per rinforzare un tessuto sociale locale sfilacciato a causa delle grosse differenze tra i centri urbani e quelli rurali.
Per questo motivo, sotto la sua presidenza, venne data una grossa spinta allo sviluppo sportivo del paese africano. Ad esempio, per la prima volta, durante il suo governo venne istituito un vero e proprio Ministero dello Sport con a capo la figura di Henri Zongo.
Anche a livello internazionale Sankara usò lo sport per far sentire la sua voce. Nel 1984, ad esempio, il Che Guevara africano decise di boicottare le Olimpiadi di Los Angeles in programma quell'anno.
Lo scopo era duplice: si voleva, in primo luogo, prendere le distanze dagli USA, che erano gli organizzatori di quei giochi, e dalla loro politica imperialista. Ma si voleva anche boicottare la Gran Bretagna, da sempre alleata con il governo di Washington, che proprio in quel periodo stava appoggiando il governo pro-apartheid al potere in Sud Africa.
Oggigiorno il pensiero e la figura di Thomas Sankara sono ancora riconosciuti, seguiti e rispettati in vari ambiti. Tra questi, visto anche ciò che è stato spiegato sopra, vi è anche quello sportivo, grazie alla squadra di calcio popolare del Sankara Football Club. Questa è una realtà della provincia della Lucca, precisamente di Viareggio, nata nel 2017 all'interno di un progetto SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, ora SAI). Tale progetto si occupa, nello specifico, dell'accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati nel medesimo comune toscano.
L'idea di dar vita ad una realtà come Sankara FC, spiegano gli ideatori durante l'intervista che ci hanno concesso pochi giorni fa, partiva dall'esigenza che “l'accoglienza e l'integrazione non passi solamente dall'inserimento lavorativo o dall'apprendimento della lingua italiana ma anche attraverso un lavoro sociale inclusivo e capillare”.
Il fatto che molti dei beneficiari di questa iniziativa provengano dalla zona dell'Africa subsahariana dove il calcio è la seconda, in alcuni casi la prima, religione come per molti italiani ed europei, ha indotto chi di dovere a scegliere una strada alternativa per l'accoglienza. Tale strada ha dato il via a una realtà in cui si può praticare il gioco del pallone, che dagli organizzatori viene descritto come un “linguaggio universale in grado di far stare assieme tanti mondi differenti”.
Si è scelto proprio il nome del rivoluzionario burkinabè perché questa figura “rappresenta per tantissimi africani uno straordinario collante di liberazione sociale e un esempio di buongoverno contro le ingerenze esterne. Inoltre ha sempre avuto un ottimo rapporto con lo sport facendo crescere, nel suo seppur breve governo, tantissime manifestazioni sportive. E poi era un grandissimo appassionato di calcio”. Ecco perché, continuano gli ideatori del progetto, “mettere insieme le cose ci è sembrato naturale”.
Proseguendo nella nostra chiacchierata abbiamo chiesto al Sankara FC quale sia il ruolo dello sport nel Burkina Faso moderno. La dura battaglia portata avanti da Thomas Sankara quando era in vita sembra aver dato i suoi frutti visto che, nel paese dell'Africa subsahariana, “ci sono decine di ragazzi e ragazze burkinabè che ci contattano sui social mandandoci le foto e i video delle loro partite su questi campi di terra battuta che sono l'essenza stessa del calcio e dello sport. È strumento di speranza ed emancipazione. Una cosa che unisce tutti i popoli della terra, in particolare quelli africani”.
Dal 2017 il progetto del Sankara FC è cresciuto molto. Alcuni anni fa è stata aperta una radio web (che potete ascoltare a questo link). Questa nuova forma di comunicazione, come spiegano gli ideatori, non serviva parlare solo del progetto del Sankara FC in sé, ma anche per discutere “della nostra idea di mondo, fatta di inclusione, scoialità e uguaglianza. Un progetto che sta andando alla grande, aggregando giovani e giovanissimi anche non interessati allo sport”.
Terminiamo questa chiacchierata con la squadra del Sankara FC chiedendo un loro commento sulla vicenda che ha visto la condanna di Compaoré all'ergastolo per l'omicidio dell'ex “presidente ribelle” del Burkina Faso. Gli stessi appartenenti alla squadra toscana ci tengono a sottolineare come, nel corso del tempo, siano riusciti a costruire “un rapporto con associazioni e organi di stampa burkinabè, chiaramente vicini alle storia e all'idea di Sankara”.
Molti di questi locali, continuano gli esponenti del Sankara FC, “riconoscono l'importanza che, finalmente, incomincino a emergere le responsabilità ma ritengono, e su questo siamo assolutamente d'accordo, che le responsabilità non finiscano qui”. Ma questo non è abbastanza perché “per usare una similitudine tutta italiana, vanno ancora individuati i mandanti, che temiamo siano molto lontani dal confine del Burkina”.
Roberto Consiglio