Mi guardo intorno per un po'
E mi accorgo che son solo
Rino Gaetano, E io ci sto
È plausibile che scrivere di Rino Gaetano su un blog sportivo possa risultare un compito non facile e oltremodo fuori tema. Tuttavia, la passione che mi lega al cantautore, mi invoglia a rendere omaggio a un personaggio geniale, poliedrico al punto tale che credo possa passare in secondo piano lo spazio in cui viene raccontato.
Quarantun’anni sono trascorsi dalla sua scomparsa. Il tempo però non sembra aver interrotto alcun legame affettivo con il pubblico. Tutt’altro. Le sue canzoni oggi sono amate da una platea sempre più vasta ed eterogenea. Se l’amore per Rino Gaetano negli anni è cresciuto, è anche grazie alla pressione esercitata, nei primi anni Settanta, da Ernesto Bassignano (musicista e intimo amico di Rino) al noto Folkstudio di Roma, per far provinare quel ragazzo dalla voce graffiante che “zappava la chitarra”.
Anche sugli spalti d’Italia risuona la musica di Rino, mantenendo fedeltà al rapporto simbiotico che talvolta lega il cantautorato ai tifosi. Da anni ormai, sia sulla sponda blucerchiata di Genova che a Crotone, prima e dopo ogni gara sulle gradinate si canta uno dei brani più conosciuti di Rino Gaetano: Ma il cielo è sempre più blu. Un modo per rendergli omaggio, e, nel caso della tifoseria calabrese, rivendicarne la paternità. Non tanto per la passione calcistica – di cui non risultano testimonianze dirette – ma per consolidare quel legame mai reciso tra il cantautore e la sua terra, lì dove l’acqua è più del pane. Ma anche nella sua Crotone, la fama è stata postuma. D’altronde, nemo propheta in patria. Proprio nella città di Pitagora, nel tour estivo del 1977 assieme ai Crash, Rino Gaetano ricevette un’accoglienza tutt’altro che festosa, che lo costrinse a concludere anzitempo il concerto. Come ricordò Mario Achilli, batterista della band, in quell’occasione il pubblico lo contestò aspramente non perdonandogli di aver rinnegato le sue origini, dopo essersi dichiarato più romano che crotonese. Considerazione che potrebbe far discutere, ma condivisibile se si tiene conto che Rino lasciò la Calabria all’età di dieci anni.
Quel che è certo è che la stima che oggi aleggia attorno al cantante calabrese è sicuramente maggiore di quella goduta prima del tragico incidente avvenuto tra l’1 e il 2 giugno del 1981 in via Nomentana. Ed è proprio in quella consuetudine tipicamente italiana, che rivaluta un artista solo post mortem, che Rino Gaetano occupa agevolmente un posto di prestigio.
Infatti, fatta eccezione per la parentesi del festival di Sanremo del 1978, quando il grande pubblico lo conobbe per Gianna e il suo look eclettico, il suo talento fu sempre considerato con un certo scetticismo. La critica, in enorme difficoltà di fronte al suo genio, considerava Rino poco incline alla musica. Per fortuna, anche se con un po' di ritardo, la galanteria del tempo ha restituito il privilegio dell’immortalità artistica a uno tra i maggiori poeti musicali che il Novecento ha conosciuto.
Le sue canzoni avvolte da quell’alone di nonsense, oggi riecheggiano per la loro impressionante capacità di fotografare in maniera nitida il nostro tempo. Inadeguatezza, disillusioni, ironia. Rino Gaetano, da sempre, ha avuto questa capacità di spaziare, nei suoi testi per nulla banali, da un tema all’altro con rara leggerezza. È stato capace di navigare, per dirla come Fabrizio De André, in direzione ostinata e contraria, rifiutando di raccontare le illusioni comode (che convincono che Chinaglia possa passare al Frosinone) e gli amori riparatori che ti distraggono dalla realtà. Rino è stato tutto questo: un figlio unico che ha portato avanti la sua guerra, pur consapevole di essere rimasto solo.
Ascoltarlo è un piacere. Conoscerlo, quasi un dovere. Ci manca come non mai, questo scanzonato genio dalla fama tutt’ora in voga!
Pierluigi Biondo