Com’è giusto che sia, anche questa edizione degli Europei di basket maschile, vinti dalla Spagna in finale contro la Francia, resterà impressa nella memoria collettiva degli amanti del gioco e non solo – per via degli avvenimenti extra cestistici – e andrà ad arricchire quell’album di memorie che riesce non solo a storicizzare lo sport, ma di fatto allo stesso tempo a renderlo mitico.
Gli over 35 ricorderanno sicuramente l’ultimo – quasi clamoroso – successo della nazionale italiana nel 1999, quelli un po’ più grandi ricorderanno l’impresa del 1983 quando l’Italia si laureò campione continentale per la prima volta e più in generale ci sarebbero tante suggestioni per chi ci segue: basterebbe vedere l’albo d’oro che fino alla fatidica data del 1991 vede un’egemonia pressoché incontrastata da parte dei paesi dell’Europa dell’Est, quelli che ai tempi erano “d’oltrecortina”, con l’Unione Sovietica a farla da padrona con quattordici allori (senza contare che le prime edizioni furono vinte da paesi che poi vi avrebbero aderito: la prima dalla Lettonia in finale contro la Spagna repubblicana nel 1935, le successive due dalla Lituania – tra cui quella del 1937 in finale contro l’Italia), inseguita a debita distanza dalla Jugoslavia. Infatti, il basket dei paesi dell’Europa orientale ha regalato emozioni indimenticabili grazie a collettivi granitici e a veri e propri fuoriclasse.
D’altro canto, invece ci sono tante altre storie che se non sono proprio finite nel dimenticatoio, di sicuro passano inosservate, come quella dell’edizione più bizzarra dei Campionati Europei di basket, un’edizione disputata e vinta da un paese… extraeuropeo!
L’edizione in questione è quella del 1949 che si disputò in Egitto, allora protettorato britannico, anche perché all’epoca non esisteva una federazione africana di basket, tant’è che non era la prima partecipazione della nazionale dei faraoni agli Europei.
Infatti, essi vi presero parte sin dall’edizione lituana di Kaunas del 1937, ma ottennero un magro risultato perdendo tutte le partite del proprio girone. A guidare dalla panchina il quintetto, c’era un italo-egiziano di origine catanese, Carmine Paratore, che fu tra i sei fondatori della Federazione Egiziana di Pallacanestro e dopo un periodo come assistent-coach dello statunitense Harris, prese definitivamente il suo posto dopo le Olimpiadi di Londra.
La nazionale nordafricana ci riprovò dieci anni dopo nel 1947, ma questa volta Paratore non poteva guidare i suoi uomini perché si trovava precauzionalmente in carcere, essendo un italiano su territorio formalmente inglese durante lo scoppio della guerra. In ogni caso il quintetto egiziano stupì tante persone vincendo tutte le partite del primo girone (sconfiggendo anche l’Italia), per poi arrendersi soltanto d’innanzi all’URSS proiettata verso la prima affermazione di una lunga serie e arrivando terzi grazie alla vittoria nella “finalina” di Praga contro il Belgio.
Tuttavia, come si suol dire, il terzo tentativo è sempre quello buono, soprattutto se a dare manforte c’è una concatenazione di eventi positivi, forse irripetibile.
Com’era abitudine, l’onore e l’onere dell’organizzazione della kermesse spettava ai campioni in carica, vale a dire l’Unione Sovietica che sebbene ancora non fosse ascesa al ruolo di super potenza planetaria, lo era già per quello che riguardava il basket del Vecchio continente, ma restava comunque un paese devastato dalla seconda guerra mondiale e quindi impossibilitato a organizzare un evento simile. Sarebbe dovuto toccare quindi alla nazionale seconda classificata, ma si trattava della Cecoslovacchia padrona di casa nel 1947 e non era consentito organizzare due edizioni di fila; di conseguenza era il turno del terzo classificato, vale a dire proprio l’Egitto, che riuscì a organizzare il torneo al Cairo, nel ricco quartiere di Heliopolis (12 km a nord est del centro cittadino) tra il 15 e il 22 maggio.
L’edizione fu molto particolare, per via soprattutto delle assenze di diverse nazionali: l’URSS e tutto il blocco socialista si diedero a quella che nel corso dei decenni diventò quasi una costante: infatti boicottarono l’edizione perché si rifiutavano di giocare in quella che al momento rappresentava a tutti gli effetti una colonia britannica; l’Italia invece scossa dal disastro aereo di Superga – avvenuto una decina di giorni prima – che distrusse letteralmente il Grande Torino, rinunciò perché gli atleti non se la sentivano di affrontare viaggi in aereo. Alla fine le nazionali partecipanti risulteranno solo sette, di cui quelle europee erano solo quattro – Francia, Olanda e le debuttanti Grecia e Turchia – alle quali, oltre ai padroni di casa, si aggregavano Siria e Libano. Non a caso la formula venne cambiata poco prima dell’inizio del torneo e si procedette all’istituzione di un girone unico all’italiana.
Sin dalle prime battute si intuiva che la resa dei conti finale per aggiudicarsi il titolo non poteva che essere tra la Francia, fresca vincitrice della medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra dove capitolarono soltanto dinnanzi agli USA in finale e i padroni di casa, che avevano una squadra composta per la maggior parte da ufficiali di polizia e avevano un gruppo collaudato dalle esperienze precedenti e che poteva contare sul talento di Albert Tadros, leader in campo nonché uno dei giocatori più importanti e famosi della storia del basket egiziano, Fouad Abdel Meguid, Abou el-Kheir che in futuro sarà commissario tecnico dell’Egitto; c’è Youssef Mohamed Abbas che nel 1956 sarà ucciso durante la crisi di Suez al largo di Cipro dall’aviazione israeliana.
Il destino vuole che il big match sia situato all’ultima giornata del mini girone dopo che entrambe avevano avuto vita facile nelle prime cinque partite: la nazionale dei coccodrilli (per via del colore verde delle proprie divise) passeggiò nelle prime tre partite contro Olanda, Siria e Libano, per trovare qualche difficoltà contro Turchia e soprattutto Grecia in cui si distinse Huseyin Ozturk, miglior giocatore e realizzatore del torneo con una media 19 punti a partita. Dal canto loro i transalpini regolarono in scioltezza tutti gli avversari, dando l’impressione di una netta superiorità e accaparrandosi i favori del pronostico in vista della finale.
Ma le partite si vincono sul parquet ed è proprio lì che avvenne la sorpresa, i padroni di casa sconfissero i francesi per 57 a 36 (con Saleh miglior marcatore dell’incontro con 16 punti) travolgendo le certezze di tutti gli osservatori europei e scrivendo una pagina indelebile nei rapporti sportivi tra le due sponde del Mediterraneo.
Che quello egiziano non fosse un fuoco di paglia, ci volle poco a capirlo: “i coccodrilli” vinsero i successivi Giochi del Mediterraneo e arrivarono al quinto posto ai Mondiali del 1950 in Argentina, dove furono fermati soltanto dalla differenza-canestri negativa rispetto a Cile e Brasile con cui era giunta a pari punti e alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 si prese il lusso di sconfiggere l’Italia, e fu proprio dopo questa sconfitta che i vertici della federazione italiana si convinsero a chiamare Paratore che così poteva coronare il sogno di allenare entrambe le “sue” nazionali.
A un certo punto addirittura sembravano sul punto di concedere il bis, quando nel 1953 durante gli Europei organizzati per la prima volta in Unione Sovietica gli egiziani superarono a punteggio pieno il primo girone, salvo poi arrendersi in quello successivo dove ottennero cinque sconfitte e una vittoria (contro l’Italia) arrivando alla fine all’ottavo posto e chiudendo di fatto qui l’esperienza con gli Europei, visto che nel 1962 venne fondata la Federazione Africana. D’altronde certe storie sono belle e magiche proprio perché irripetibili.
Giuseppe Ranieri