Ci sono pagine di storia che purtroppo non vengono sviluppate e narrate come si dovrebbe. Quanti di noi hanno mai sentito parlare del Brasile con al governo i generali? Sicuramente in troppo pochi, sicuramente di sfuggita, senza aver mai approfondito un regime che la storia ha reso meno appariscente di quello cileno e argentino, ma pur sempre un regime, che nella “tranquillità” e quotidianità del vivere brasiliano, allo stesso modo degli altri casi più illustri, sapeva come far tacere il dissenso, qualunque esso fosse, specialmente se comunista.
Io stesso sono uno di quelli che di questa pagina di storia non ne hanno mai approfondito i vari aspetti, toccandoli solo attraverso letture sportive e musicali; storie di dissidenti sportivi e artisti, in cui la repressione veniva controbattuta, non sempre con lieto fine, con i rapporti di forza legati ai successi sportivi e musicali; su di tutti il caso di Socrates e la sua “democrazia corinthiana” capace di zittire il regime e aprire le porte a una rivoluzione, tassello fondamentale per arrivare alla democrazia reale nel suo paese.
Come spesso capita all’interno di un paese sotto regime, se da una parte ci sono i dissidenti e dall’altra i suoi sostenitori, nel mezzo c'è un paese, spesso la maggioranza, che in maniera silente accetta lo status quo.
Tra di loro Raul, un semplice impiegato di banca, un semplice ragazzo che come tanti conduce una vita come tante altre.
1970 di Henrique Schneider, edito per l'Italia da Hellnation libri, attraverso la storia di Raul ci racconta il dramma dei desaparecidos in Brasile durante i mondiali del 1970.
Un romanzo capace di cogliere l'aspetto più cruento del regime, che come tanti altri usa lo sport, in questo caso il calcio, e la nazionale verdeoro di Pelè che in quella edizione metterà in bacheca la terza Coppa Rimet ai danni dell’Italia di Rivera e Mazzola, per narcotizzare una nazione lasciandola indifferente di fronte a sparizioni, torture e silenzi. Raul è proprio uno dei tanti che sta lì nell'indifferenza , salvo un giorno qualsiasi ritrovarsi a toccare con mano la crudeltà del regime militare.
La forza dirompente di questo libro sta proprio nell'entrare nello specifico dell'indifferenza che spesso i popoli hanno difronte al potere costituito, accettando qualunque cosa pur di non compromettere il proprio status quo.
Luca “Liucs” Malmusi