Il Primo di Marzo ha compiuto 80 anni uno dei più forti portieri della storia del calcio.
Nato in una terra di portieri, ne fu il più grande. Ci preme oggi ricordarlo ancora di più dato che in questa settimana è stato omaggiato in tutta la Liga, dove gli estremi difensori sono scesi in campo, con una divisa color nero, proprio il colore, unico e inconfondibile usato da Josè Angel in veste ufficiale (in Italia e nel mondo non so se si sia ricevuto l’appello, sicuramente dalle parti della Borgata Gordiani sì, visto che sono sceso in campo anch’io onorando Iribar!). Se però si sono spese parole eccellenti e ricordi emozionanti, noi di Sportpopolare.it ci tenevamo a porre l’accento non solo sul colore nero della sua divisa, ma sul cuore rosso che Iribar ha sempre portato con orgoglio.
Nato a Zarautz, ridente cittadina ormai turistica e frequentata da surfisti di tutto il mondo nella zona di San Sebastian, ha iniziato il suo percorso con difficoltà, primo di cinque figli di famiglia non proprio agiata, con un destino da aiuto-famiglia al quale era difficile sottrarsi, eppure, la sua passione sconfinata per il calcio ha avuto la meglio, e come tanti campionissimi del passato, a una attività sportiva si legava sempre un impiego lavorativo per aiutare la propria famiglia.
Sua fortuna che tra quei pali, Josè dava il meglio di sé, inizia presto con una squadra locale, la Baskonia, fino alla serie B spagnola, dove in un incrocio killer durante la Copa del Generalissimo (ora Coppa di Spagna) lo vede di fronte all’Atletico Madrid, in un classico Davide contro Golia. Beh Davide vinse e tutta la Spagna calcistica voleva quel lungagnone (soprannominato poi il pioppo o txopo in basco) tra i suoi pali.
La spuntò l’Athletic Club che sborsò una cifra considerevole (un milione di pesates) per avere un portiere basco, anche se non cresciuto calcisticamente nella propria cantera.
Debutta in Liga, prendendo il posto di Carmelo Cedrun nel ’62, lo lascia solo 18 anni dopo al figlio di Carmelo, Andoni Cedrun. È recordman di presenze con la squadra di Bilbao in tutte le competizioni.
Ma se c’è un elemento per cui Iribar ha fatto presa è quello di aver sempre portato in campo non solo il calciatore ma anche l’uomo, e soprattutto un uomo che si schiera. Da sempre indipendentista, socialista e simpatizzante di Herri Batasuna il partito radicale di sinistra indipendentista con il quale si candiderà alle elezioni, dopo aver candidamente e coraggiosamente nel ’76 (col divieto franchista ancora in vigore) portato in campo, in un derby con il Real Sociedad, la bandiera dei Paesi Baschi (l’ikurrina) insieme all’altro capitano Kortabarria.
Fu uno dei momenti di ribellione e di quel sentimento di rinnovamento democratico al quale tutta la
Spagna si era aggrappata dopo la feroce dittatura franchista.
Fu sempre in prima linea con la denuncia delle condizioni dei presos politicos, ossia i prigionieri baschi detenuti per reati politici, si spese fino a quando sentì che la vita democratica del suo paese cominciò a consolidarsi nonostante una parte della società spagnola gli rinfacciò il suo impegno politico (specie la parte non basca).
Lasciò il calcio a 37 anni, e al suo addio una marea umana lo accolse al San Mames, chiese che l’intero incasso fosse devoluto alla costituzione di un dizionario basco per lo sport.
In un’intervista di qualche tempo fa, sottolineò che odiava tre cose: l’oppressione, i portieri- buffoni, e la tv per guardare il calcio.
Come contraddirlo.
Auguri Jose da tutta la redazione di Sportpopolare.it
Daniele Poma