Parafrasando la celebre canzone dei Duap Pugni, risse e dignità, l’intervista che segue ha al centro Pugni, incontri e Mma. Sport Popolare ha il piacere di fare quattro chiacchiere con Giovanni Rufino, atleta di MMA della nazionale italiana, skin e compagno attivo nei movimenti a Roma.
Ecco perché non mancano riferimenti a chitarre distorte, camicie a scacchi e boots. Ma più in generale c’è una riflessione del rapporto fra sottocultura, “compagneria” e arti marziali. Insomma tanto sport, due risate e qualche considerazione più seria.
Ciao Giovanni! A bruciapelo, Cock Sparrer o Sham ‘69?
Ciao Sport Popolare! Cock Sparrer!
Poi un po’ di sport: quanto ti alleni Giovanni? Ricordiamo a chi segue le MMA da “tifoso occasionale” quanto lavoro ci sia prima di salire sull’ottagono. Non è proprio salgo con gli “occhi da tigre”, lo spacco e scendo. Com’è una tua settimana tipo in palestra?
È un periodo particolare vengo da una fase di stallo agonistico, che spero di superare al più presto, e al momento mi sto allenando sei volte a settimana, ma nel periodo di match regolarmente undici volte. Se si vuole preparare un incontro di arti marziali miste, sotto quella soglia è difficile raggiungere buoni risultati. La mia settimana tipo comprende quindi doppie sessioni, due di preparazione atletica, specifiche di BJJ, grappling e striking e due di MMA complete. Programmi del genere implicano inevitabilmente un’intromissione nella vita quotidiana e dunque si rinuncia spesso a qualcosa, come uscite infrasettimanali a vantaggio del recupero, dieta a scapito di pranzi o cene... Ma sono cose che si tengono in conto.
C’è qualcosa che odi degli allenamenti? Qualcosa che ti pesa più di altro? Che so correre, fare pesi, il lavoro tecnico? Al contrario qual è invece la cosa che ti piace di più? (non vale rispondere lo sparring…)
Degli allenamenti ciò che mi pesa di più è la preparazione atletica, la trovo abbastanza noiosa. Mentre mi diverto a fare lavori specifici di lotta in piedi, a parete e a terra.
In genere le MMA sono il punto di arrivo di un percorso marziale. O almeno questo è stato nella fase “pionieristica” di questo sport. Tu hai praticato altre discipline da combattimento in precedenza oppure sei partito da zero? Ti va di raccontare il tuo percorso marziale? Hai fatto anche altri sport?
Mi sono avvicinato alle arti marziali miste perché ho scoperto il brazilian jiu jitsu. Venivo da quattro anni di pugilato poi per incomprensioni con l’allenatore ho lasciato la palestra e in quel periodo un amico mi invitò a fare volta un allenamento di BJJ. Mi è piaciuto subito ma per non perdere lo striking ho deciso di iscrivermi a un corso di MMA ed eccomi qui. Prima degli sport di combattimento ho sempre giocato a calcio a livello amatoriale, una passione che mi ha trasmesso mio padre fin da bambino.
Le MMA sono sicuramente uno sport individuale. Tuttavia è in palestra che si costruiscono gli incontri. Avere un team, dei compagni di allenamento validi, può fare la differenza. In altre parole, pur nella sua individualità, le MMA si possono anche considerare uno sport di squadra. Sei d’accordo?
Sono d’accordo, l’ambiente, il team, gli allenatori sono tutto e anzi per me sono la parte più importante in qualsiasi sport. Ho avuto la fortuna di trovare un team solidale, collaborativo, che mi ha fatto crescere come atleta e come persona. La palestra all’inizio è stato un rifugio poi è diventata una casa.
Com’è stato il tuo esordio nell’ottagono? Te lo ricordi? È vero che la prima volta non si scorda mai oppure ci sono altri incontri che ricordi con più emozione? Qual è il tuo record e quali sono stati i passaggi cruciali della tua carriera?
L’esordio me lo ricordo vagamente, ormai sono passati otto anni! Ma ricordo di aver vinto prima che si chiudesse il match per sottomissione poi persi in finale il torneo. Il match più emozionante invece è stato la finale del campionato italiano, valida per la selezione in nazionale che ricordo come la vittoria più bella. Ho disputato 10 match in classe B con il caschetto e in Classe A (ovvero l’equivalente dell’elite per il pugilato) 9 match, in totale 4 (di cui 3 in A) persi e 15 vinti (di cui 9 in A). Il titolo più importante che ho vinto è stato il campionato italiano. La sconfitta che mi ha insegnato di più è stata la prima in IMMAF durante l’Europeo, perdendo al primo round per tko, perché mi ha dato poi la carica e la motivazione giusta per affrontare il mondiale.
Da quello che ho visto sei un atleta molto completo ma prediligi la lotta e il grappling rispetto allo striking. Ti senti di confermare quest’idea? Sei più a tuo agio nelle fasi di lotta?
Sì, decisamente. Nonostante venissi dal pugilato sono diventato un lottatore a tutti gli effetti. Mi piace la lotta perché trovo che sia un’arte marziale che richiede una riflessione da cui scaturisce un pensiero in movimento.
Combatti nella categoria -84 kg che per le MMA significa pesi medi. Sei uno che taglia molto peso in gara? Diversi atleti raccontano quanto sia duro il loro regime alimentare. Tu che rapporto hai con il cibo e con la dieta?
Combatto nella categoria degli 84 kg e taglio circa 6 kg. Vivo abbastanza bene la fase del taglio, del resto 6 kg non sono nemmeno troppi. Ma con il cibo ho un pessimo rapporto, nel senso che mi piace mangiare! Ciò nonostante sono sempre rientrato in categoria tranne una volta in cui ho tentato di fare la 77 kg.
Hai combattuto nei mondiali IMMFA in Bahrein nel 2019, affrontando il meglio del mondo. Qual è la scuola marziale che ti ha più impressionato? Credi si possa parlare di vere e proprie “scuole”? C’è un filo comune a seconda dell’origine dei combattenti, almeno nell’attitudine?
L’IMMAF in Bahrein è stata un’esperienza bellissima. I team che mi hanno impressionato di più sono stati quelli della Russia e del Kazakistan. I loro atleti sono su un altro livello. E sì, si può parlare di scuole perché c’è una cultura (nel senso di abitudini e capacità acquisite) delle arti marziali miste che varia a seconda dell’area presa in considerazione. Nonostante si tenda oggigiorno a un’amalgamazione degli stili, direi che le quattro macro-aree siano state storicamente: l’Est Europa con una base derivante dalla lotta olimpica, dal sambo e dal combat sambo; gli USA con un certo equilibrio fra lo striking e la lotta in piedi; il Brasile con la predominanza del BJJ applicato allo storico vale tudo e l’Asia orientale con il judo, il sanda e la muay thai. Ma queste scuole non vengono esportate rigidamente ed è difficile delineare veramente confini netti, posso dire che l’approccio di base varia a seconda del background da combattente dell’allenatore.
Nei mondiali in Bahrein c’era anche Muhammad Mokaev, considerato da più parti come l’astro nascente delle MMA e passato da poco in UFC. Lo definiresti come uno degli atleti migliori che hai visto? Altrimenti ci fai il nome di qualche atleta che ti ha colpito?
Confermo Mokaev è l’atleta più forte che ho visto in IMMAF nel mondiale del 2019, non a caso si trova ora in UFC e sta facendo grandi prestazioni. Altri atleti che mi sono piaciuti sono stati Abdulmanap Magomedov, Bagdat Zhubanysh e la mia compagna di team Jasmine Favero (quest’ultima combatte attualmente in Cage Warriors).
In Italia le MMA sono spesso al centro del clamore giornalistico – tristemente solo per fatti di cronaca a scopo sensazionalistico – ma rimangono, in un paese calcio-centrico, sport marginale su cui si investe pochissimo. Cosa pensi dovrebbe fare la federazione per venire incontro a voi atleti? Qual è la soluzione per dare dignità a questo sport e per far crescere il movimento italiano?
Sotto questo punto di vista posso dire che la federazione italiana (FIGMMA) ha fatto e sta facendo di tutto per far crescere il movimento nel Paese. Il problema risiede nelle palestre in cui si fa MMA perché sono poche quelle attrezzate al meglio e soprattutto sono costose. Ma a monte anche qui la questione è strutturale: si dovrebbe cercare di rendere le MMA, gli sport di combattimento e gli sport in generale più accessibili e slegarli da logiche di profitto. Politiche d’investimento su impianti sportivi statali e cooptazione del personale specializzato nel settore del pubblico impiego potrebbero essere delle soluzioni a breve termine.
La pandemia ha chiaramente rallentato la tua carriera. Quanto è difficile per un’atleta vedere sfumare molto occasioni, soprattutto a livello internazionale, mentre si è al massimo della forza e della forma? Quanto è stato difficile scendere a patti con tutto questo? È frustrante? Come vedi il tuo futuro, vuoi passare professionista? Sogni le grandi promotion?
Il lockdown ha rallentato tutto, è vero. Penso alla mia carriera ma anche alla vita di migliaia di persone. Poco prima del lockdown avevo raggiunto il mio apice ma ho ridimensionato le mie aspettative anche se non ho mai sognato grandi promotion. L’UFC in particolare, ONE e Bellator ad esempio rappresentano tutto quello che non vorrei fossero le arti marziali miste ovvero spettacolarizzazione della violenza, trash talking, politica dell’hype, sfruttamento, carrierismo diffuso. Per quanto riguarda la mia situazione, dopo un grave infortunio e un cambio di stile di vita sto cercando intanto di recuperare la forma fisica di un anno fa, poi si vedrà!
Si parla molto della possibilità che le MMA diventino sport olimpico. Nell’ambiente com’è vista l’idea? Potrebbe essere utile? O il rischio è quello del professionismo di stato, con i gruppi militari a fagocitare tutto?
Per quanto riguarda il riconoscimento da parte del CIO delle arti marziali miste so che l’IMMAF sta lavorando per inserirle nelle discipline olimpiche. Non saprei dire con esattezza se è un bene o un male, dal punto di vista sportivo sicuramente un bene e potrebbe contrastare l’egemonia delle federazioni a gestione aziendale. Ma il rischio come dici è quello che venga assorbito dal professionismo di stato in mano alle forze armate.
Segui l’UFC e i circuiti mondiali più importanti come Bellator e ONE? Ti piace qualche atleta in particolare? Ti ispiri a qualcuno?
Seguo solo determinati match e non i campionati. L’atleta che mi piace di più e a cui mi ispiro è Khabib Nurmagomedov. Della vecchia guardia invece mi piace molto Masakazu Imanari.
Segui anche il pugilato? E la lotta olimpica? Altre arti marziali in genere?
Seguo ogni tanto il pugilato, il BJJ, la lotta olimpica e il sumo (sì, quest’ultimo mi piace sul serio non scherzo).
Cose da nerd: ti piace qualche lottatore di BJJ in particolare? Combatti molto anche col kimono?
Di BJJ il mio lottatore preferito probabilmente è Rodolfo Vieira; e sì, il kimono lo metto almeno tre volte a settimana. Ultimamente mi sto dedicando tantissimo a questa disciplina marziale.
Partendo dal presupposto che non esistono sport di destra o di sinistra – essendo lo sport pre-politico per eccellenza – esiste però di sicuro una pratica sportiva militante. Questo vale per il calcio, per gli sport da combattimento e probabilmente anche per le freccette. Tu come vivi il rapporto fra attività agonistica e militanza? C’è osmosi fra questi due ambiti della tua vita? Riesci a portare qualcosa nell’ottagono del tuo attivismo e viceversa?
L’allenamento come relazione sociale implica un superamento dei limiti mentali più che fisici. Ciò porta di per sé a un confronto con chi si ha davanti ma anche con noi stessi, perciò nei rapporti sul tatami o nell’ottagono cerco di trovare punti di condivisione più che di rottura. Questo per dire che l’orizzontalità sperimentata può portare a dimensioni collettive e solidali simili a quelle vissute con compagni e compagne ma su un piano ovviamente che prescinde le appartenenze. Ad ogni modo, chiunque, intorno alla mia realtà sportiva, sa come la penso politicamente e spesso capita di riflettere su determinati argomenti. Sull’ottagono ho fatto ancora ben poco per esprimermi poiché non ho raggiunto i risultati che volevo per poter manifestare o rappresentare determinate idee. Penso comunque che certi “palchi” vadano sfruttati e, se raggiunti, bisogna sempre dire ciò che si pensa. Nell’ambito della militanza alcuni compagni si sono venuti ad allenare nella mia palestra. In altre occasioni mi sono reso disponibile per fare corsi durante le occupazioni studentesche. Si fa quel che si può insomma.
Per anni, anche fra compagni – soprattutto di un certo tipo – il pugilato è stato visto con diffidenza. Oggi grazie al movimento delle palestre popolari è cambiata la percezione. E anzi la pratica pugilistica è diventata in un certo senso “di moda”. Ma è stato un cammino lungo e tortuoso. Per assurdo le MMA invece sono ancora un po’ tabù, soprattutto per colpa di alcuni pregiudizi. Tu che pensi? Ti sei mai trovato a dover spiegare le tue ragioni, e in un certo senso a giustificarti, perché qualcuno non capiva la tua pratica marziale ed etichettava le MMA stupidamente come sport violento e barbaro?
Penso ci siano tanti pregiudizi proprio perché le grandi promotion, come ho detto poc’anzi, non danno una rappresentazione decente e coerente delle arti marziali miste. Si rimane fissi su delle immagini – di cui questa società è invasa – tendendo dunque a guardare la forma più che il contenuto. La questione più fastidiosa è essere identificati come “lottatori-compagni” e non come dei compagni che praticano ANCHE arti marziali. Mi è capitato varie volte di essere percepito in questo modo. E non sempre le persone si mostrano disposte a interagire, a comprendere, a slegare il fatto che praticare una determinata arte marziale non implichi che nella vita uno faccia solo questo o sia portatore di determinati aspetti valoriali. Questa resta la lotta più difficile da affrontare.
Seguendo il filo del discorso precedente, quanto è importante la pratica sportiva – degli sport da combattimento in particolare – nella militanza? E non parlo di quanto sia “utile” a livello fisico ma piuttosto quanto sia importante a livello di aggregazione. Insomma con lo sport si possono raggiungere persone che magari non metterebbero piede in un centro sociale o in un’assemblea? Lo sport può essere il grimaldello per un rilancio dell’attività politica?
Sì, assolutamente. Anche gli sport da combattimento sono utili per creare aggregazione, socialità e contribuiscono in un certo senso all’autodisciplina per la militanza.
In nord Europa la sottocultura skin è molto attiva negli sport da combattimento. In Italia com’è la situazione? Gli skin campioni solo al bancone o anche sul tatami e sul ring?
In Italia siamo indietro, penso sia al Nord e all’Est Europa ma anche alla Spagna. In questi paesi c’è un forte legame tra la sottocultura e le arti marziali miste, anche grazie al rapporto con il mondo hooligan.
Domanda immancabile sulla birra per uno skin. Sei un integralista delle Peroni o anche tu ti sei buttato sulla birra artigianale?
Per quel che bevo, cioè molto poco, rischio di non essere rappresentativo... Peroni ma anche Guinness!
Se dovessi farmi una classifica dei tuoi tre gruppi del cuore Oi!/Punk rock, hardcore chi sceglieresti? Qual è la tua canzone preferita?
Tre sono veramente pochi ma ci provo: Angelic Upstarts, Colonna Infame e Oppressed. Canzone preferita forse Torpedo dei Non Servium per tutta una serie di motivi.
Quale cantante o membro della scena vedresti, anche ironicamente, indossare i guanti e combattere?
Il mio sogno è vedere Steno in UFC!
Che generi musicali ascolti oltre la classica musica da skin? Ti va di confessarci una tua perversione musicale? Qual è la canzone trash che canticchi sotto la doccia senza che nessuno ti ascolti?
Oltre il punk, ascolto molto il rap. Sotto la doccia non canto ma spesso lo stereo della mia radio trasmette il reggaeton.
Intervista di Filippo Petrocelli