Il mondo della sound system culture è un po’ più solo. Pochi giorni, per l’esattezza mercoledì 12 aprile 2023, ci ha lasciato una vera e propria icona di questo ambito musicale: l’artista Colin Reuben, da molti conosciuto con il soprannome Jah Shaka, da altri con quello di “Zulu Warrior”.
Nato a Clarendon, nella zona della Giamaica sud-orientale, non si sa bene in che anno preciso però, questo artista si trasferisce in Inghilterra a metà del XX secolo. Come numerose altri migliaia di caraibici, infatti, trova molto attraente quel paese occidentale che, per molte centinaia di anni, ha sfruttato le sue colonie caraibiche depredandole sotto numerosi punti di vista.
L’impatto con l’isola inglese è molto duro come per la maggior parte dei migranti arrivati dalle ex colonie. A fine anni ’60, c’è chi dice il 1968 ma la data precisa non si conosce, dopo essersi avvicinato alla cultura e al credo del rastafarianesimo, Jah Sahaka inizia a costruire il suo sound system personale.
Con questo potente strumento, e tramite una selezione musicale che non si scosterà mai dalla roots music, lo Zulu Warrior trasmette ideali e valori anche alle comunità caraibiche che vivono nel mondo della corrotta Babilonia occidentale. Una scelta che, col passare del tempo, anche per la qualità delle selezioni musicali fatte ascoltare tramite il proprio sound system rese Shaka uno dei massimi esponenti della cosiddetta roots/dub music e lo portò a suonare in molti paesi del mondo: dal Giappone all’Argentina passando per l’Australia.
Tra i vari temi toccati da Jah Shaka vi era anche quello del ritorno in Africa, la terra promessa per eccellenza dei vari appartenenti della diaspora nera avvenuta dal XIX secolo in avanti. Molte di questi africani vennero portati, come schiavi, a lavorare nelle piantagioni di cotone e canna da zucchero nel sud degli Stati Uniti e nei paesi che compongono la zona dei Caraibi.
Una delle forme con cui si cercavano di portare avanti le tematiche più importanti per gli abitanti del continente africano era, per lo Zulu Warrior, quello della musica. Come spiegato da lui stesso in una delle numerose conferenze a cui prese parte in ogni angolo del globo: “quando le persone hanno lasciato l’Africa per i Caraibi, tutto ciò che potevano portare con sé era la loro musica, le loro canzoni ed i loro ricordi di casa”.
La relazione di Jah Shaka con l’Africa diventò, nel corso del tempo, anche un qualcosa di ben più concreto. Furono numerosi, infatti, i viaggi che l’artista compì nel continente per aiutare, sul campo, le popolazioni locali a costruire e migliorare il proprio futuro.
Col passare del tempo lo Zulu Warrior fondò anche una vera e propria associazione, che decise di chiamare “Culture Promotions”, per seguire i progetti che avevano preso corpo.
Le proposte che questa associazione porta avanti oggigiorno numerosi ambiti molto diversi tra loro. In Ghana ad esempio, nella zona della capitale Accra, si è deciso di acquistare attrezzature mediche per un ospedale locale e portare, nelle scuole della zona, materiale per scrivere e libri cosicché da rendere più facile l’apprendimento dei giovani ghanesi del futuro.
Sempre nel paese affacciato sul golfo di Guinea si è tentato poi di dare una mano allo sviluppo sportivo. Ciò viene spiegato dallo stesso Jah Shaka, in una intervista rilasciata al giornalista Pier Tosi durante la fiera sulle nuove tecnologie Future Show svoltasi a Bologna nel 2001 in cui l’artista roots/dub era stato chiamato come selecter.
Alla domanda su fosse mai stato a suonare in Africa, l’artista inglese di origine giamaicana, spiega che ci è stato e che ci è tornato anche per altri progetti. Tra questi, citiamo la traduzione dell’intervista, vi è quello legato a “tre squadre di calcio attive” della zona a cui lui manda palloni e magliette per permetter loro di allenarsi.
Il progetto ha preso così tanto corpo ed è diventato qualcosa di molto sostanzioso. A testimonianza di ciò, che rende lo stesso Jah Shaka molto orgoglioso del suo lavoro, vi è il fatto che alcuni ragazzi locali siano stati presi da due importanti squadre olandesi, l’Ajax di Amsterdam e il Feyenoord di Rotterdam, e abbiano cominciato a giocare per questi due importanti team calcistici.
Purtroppo i nomi dei giocatori e delle squadre non si sono saputi. Ma questo, come si è capito da altre informazioni vaghe, non era il solo campo della vita dello Zulu Warrior avvolto da un vero e proprio velo di mistero.
Il fatto che però, ancora una volta, un artista reggae abbia mostrato interesse per il mondo sportivo ci fa capire perché il mondo dello sport ha ancora, a determinati livelli, quel lato ribelle che lo fa sembrare un ottimo compagno di avventura per la lotta che la musica reggae porta avanti dalla sua fondazione per arrivare ad una vera e propria autodeterminazione.
Una lotta che ha visto Jah Shaka mettersi in gioco in prima persona insieme ad altri importanti artisti reggae a livello mondiale, un nome su tutti che si può fare è quello di un certo Robert Nesta Marley. Ora che anche il padre della sound system culture ci ha lasciato, chi scrive è sicuro che ci sarà qualche altro artista reggae pronto a prenderne il posto e a portare avanti questa lotta di autodeterminazione.
Roberto Consiglio