Il 12 giugno scorso è deceduto Silvio Berlusconi all’età di 86 anni. Tralasciando il funerale di stato in pompa magna e il lutto nazionale proclamato dal governo in carica per omaggiare questo individuo, mi vorrei concentrare sul lato sportivo di tale figura.
Berlusconi infatti, tra le varie altre cariche ricoperte, è stato per ben 31 anni, dal 24 marzo 1986 al 13 aprile 2017, proprietario del Milan. Con lui la società rossonera ha raggiunto probabilmente i picchi più alti della sua storia: 29 i trofei vinti in tutto tra cui otto scudetti tra il 1987 e il 2011, cinque Champions League, una coppa Italia, sei supercoppe italiane, due coppe intercontinentali e una coppa del mondo per club.
Nel 2018, tanta era la voglia di questo imprenditore lombardo di tornare da protagonista nel mondo del pallone, che è diventato proprietario del Monza Calcio raggiungendo, anche in questo caso, il massimo traguardo sportivo. Con lui, infatti, la società brianzola nel giro di due anni è riuscita a fare il doppio salto di promozione dalla serie C fino al campionato di Serie A.
Quest’anno il team biancorosso ha raggiunto una posizione di metà classifica, garantendosi una salvezza più che tranquilla, e andando molto vicino a quella che sarebbe stata una clamorosa qualificazione in Europa.
I metodi di Berlusconi, nella gestione delle sue società, sono sempre stato abbastanza autarchici. Quante volte si è sentito lo stesso ex presidente del Consiglio che, in maniera più o meno diretta, dava consigli ai suoi numerosi allenatori?
Una trafila che hanno dovuto supportare tutti i coach che hanno guidato il Milan nel suo periodo di presidenza trentennale, tra cui ricordiamo anche figure del calibro di Ancelotti, Capello e Sacchi. Tra i vari suggerimenti che il presidente dava vi era quello riguardante quale giocatore mettere o che tipo di modulo usare nella partita successiva. Una sorta di vero e proprio despota che faceva un po’ come gli pareva a 360°.
Una stessa linea di pensiero, e di comportamento, sembra averla assunta anche un altro proprietario di una squadra che sta venendo alla ribalta nelle ultime settimane. Sto parlando di Stefano Bandecchi, proprietario della Ternana Calcio e fondatore dell’Università Telematica Unicusano, una delle università telematiche più conosciute e frequentate di Italia.
I due si stimavano e si piacevano. Era stato proprio il governo Berlusconi infatti nel 2006, con un decreto ad hoc voluto dall’allora ministro dell’Istruzione Letizia Moratti, a mettere sullo stesso piano il valore di un titolo di laurea conseguito presso una università pubblica con quello di una università telematica.
Tornando a parlare della Ternana, i risultati raggiunti dalla squadra umbra da quando Bandecchi è presidente, dal 2017, non sono per ora minimamente paragonabili con quelli che è riuscito a vincere Berlusconi. Ad oggi, infatti, i rossoverdi hanno raggiunto una promozione in serie B nella stagione 2020/2021.
Sotto altri punti di vista però sono molte le affinità che legano il patron della squadra Ternana con il defunto ex presidente del Consiglio. Come Berlusconi, ad esempio, anche Bandecchi è un imprenditore e un politico nostrano.
L’ultima scalata di questa figura è avvenuta, il 31 maggio scorso, quando è riuscito a farsi eleggere sindaco della stessa città di Terni a capo di una lista civica di centro-destra che faceva capo al partito di Alternativa Popolare. Da allora Bandecchi non si è posto limiti e ha fatto capire che è pronto anche a lanciarsi alla candidatura per la presidenza della regione Umbria alle prossime elezioni regionali.
Forse una differenza tra queste due figure può essere trovata nel loro rapporto con la tifoseria delle proprie squadre. Berlusconi, infatti, non ha mai fatto azioni eclatanti e, pur trattando il Milan come una vera e propria azienda per portare avanti i suoi interessi, non si è mai messo di traverso i supporter rossoneri. Questi ultimi, dal canto loro, gli hanno tributato tutto il loro affetto per i numerosi trofei vinti.
Stessa cosa non si può dire per il rapporto tra i supporter ternani e Bernacchi stesso. Ultimo episodio di questa diatriba è avvenuto lo scorso 28 febbraio.
In quel giorno si disputava la partita tra Ternana e Cittadella allo stadio Liberati di Terni. La squadra umbra non navigava certo in buone acque, dal punto di vista della classifica. Inoltre nel turno precedente, i ragazzi allenati da Cristiano Lucarelli, avevano rimediato un sonoro 3-0 dai rivali storici del Perugia nel cosiddetto “derby dell’Umbria”.
Al termine dell’incontro contro la squadra veneta, perso dalla Ternana per 1-2, è scattata una feroce protesta nei confronti dello stesso Bandecchi visti i risultati altalenanti.
Inoltre lo stesso patron era stato indagato, appena un mese prima, per evasione fiscale per un totale di circa 20 milioni di euro. Soldi che, secondo i giudici che indagano, sarebbero stati usati per scopi personali tra cui viaggi e per seguire la stessa squadra umbra in trasferta.
Al termine della partita con il Cittadella alcuni supporter, vedendo lo stesso patron recarsi sotto la curva, hanno cominciato a inveire contro di lui. Bandecchi dal canto suo, per rispondere a questa contestazione, ha sputato verso gli stessi ultras umbri.
Sarà lo stesso presidente rossoverde a confermare ciò, nel corso di una conferenza stampa che rimarrà nella storia per i toni e i termini usati. Il numero uno del club affermerà che aveva sputato perché era stato bersaglio, a sua volta, di sputi da parte dei tifosi ternani.
Poche settimane dopo, però, Bandecchi ha lanciato una vera e propria campagna di azionariato popolare, denominata Ternana è anche tua. L’idea è stata lanciata da questo post su Instagram pubblicato dallo stesso patron: “Volevo fare due chiacchiere con i tifosi della Ternana, ma i tifosi della Ternana sparsi ovunque, nel mondo, che vanno oltre i sindaci e altre storie, qui parliamo della Ternana Calcio. Ho pensato una cosa, dato che l’Università Niccolò Cusano vuole alienare una parte della Ternana perché il club ha un costo importante ed è una società particolare: se si creasse un’associazione di tifosi che potrebbe acquisire il 20% delle quote? Glielo regaleremmo. Anziché pagare 3 milioni di euro il club, se in questa associazione entrassero 20.000 persone che tutti gli anni fanno un versamento minimo di 300 euro l’anno, magari anche distribuito in più mensilità, si arriverebbe a una cifra notevole, e l’associazione avrebbe chiaramente dei rappresentanti nel CdA, pensavo anche a un gruppo di responsabili votati direttamente dai membri dell’associazione. Ovviamente se si salisse di categoria l’associazione metterebbe una cifra pari a 6 milioni l’anno, qualunque sia la cifra da spendere. Ma così facendo la tifoseria avrebbe una parte integrante nel club, anche se chiaramente l’Università rimarrebbe con la maggioranza, magari vendendo anche un altro 25%. Però ecco, a quel punto si potrebbe parlare, chiacchierare... 25 euro al mese se li possono permettere in tantissimi, ed è aperta anche ai tifosi che a me non stanno simpatici”.
Tale idea però non ha portato ai risultati sperati all’inizio da parte di chi l’aveva ideata visto che lo stesso Bandecchi, poche settimane più tardi il lancio dell’iniziativa, affermava in una intervista al quotidiano “La Nazione” che è “nostra ferma intenzione mantenere almeno il 60 per cento del pacchetto azionario della Ternana Calcio” magari “facendo entrare nuovi soci”. Questo perché, continua il numero uno del club umbro, “in base ai primi riscontri (fatti sulla campagna riguardante l’azionariato popolare ndr) non credo proprio che arriveremo alla sottoscrizione del capitale sociale messo a disposizione. Capisco che non tutti possono essere in grado di garantire un versamento annuo pari a 300 euro per ogni azione acquistata a 8 euro, ma ci attendevamo un inizio decisamente migliore”.
Secondo alcuni, l’idea dell’azionariato popolare, è stata ottima per far avvicinare i tifosi alla squadra. Ma in questo modo non si avvicina nessuno a nulla visto che, ancora una volta, le azioni (e quindi il mero guadagno e il capitale) vengono messi prima delle persone e delle loro idee.
Per far entrare veramente i supporter all’interno degli organi di una società, e permettere loro di prendere parole durante le assemblee degli azionisti ed influenzarne le decisioni finali, non si deve parlare di “azionariato popolare” ma di “associazionismo sportivo”.
Queste due idee sono ben diverse tra di loro e ne abbiamo le testimonianze. In alcuni casi si è optato per la prima ma si continua a puntare al solo guadagno e al controllo totale di una società calcistica non certo rendendo pubblica la sua amministrazione.
In altri casi, invece, si è deciso di rendere pubblica la gestione di una realtà sportiva e di far veramente dire la loro a tutti cosicché anche i semplici tifosi possano influenzare le decisioni finali del consiglio di amministrazione di un club. Una scelta, proposta ad esempio dal St Pauli di Amburgo, che non ha certo intaccato i risultati raggiunti sul campo dal club stesso.
Una decisione, quella di Bandecchi, che lascia più di qualche dubbio e difatti i risultati che si speravano di raggiungere sono ancora molto lontani. Noi in questo pezzo speriamo di aver fatto un po’ di chiarezza sull’argomento.
Roberto Consiglio