Il calcio e la politica, in queste ultime settimane, nonostante si continui a dire che sono due ambiti totalmente scollegati tra loro, hanno mostrato di avere più di un punto in comune. Si pensi alla questione palestinese.
Da un lato, il mondo del pallone mainstream, ha voluto rendere omaggio solamente alle vittime del crudele attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre scorso (ma non ha voluto ricordare le migliaia di morti a Gaza sotto le bombe del regime sionista). Dall’altro, invece, sono state numerose le dimostrazioni di appoggio alla popolazione della Striscia con numerose bandiere delle Palestina che sono state fatte sventolare nelle curve di molti paesi, europei e non, durante i match di qualsiasi categoria, da quelli professionistici ai dilettanti.
Due pesi e due misure sono stati usati in questo caso, almeno a parere di chi scrive. Se infatti si è cercato in tutti i modi di far capire a chiunque l’ignobile infamia di Hamas compiuta il 7 ottobre scorso poco si è fatto per far capire a tutti che anche la risposta sionista è stato parecchio oltre le righe e che, con la scusa di difendere la sicurezza di Israele, l’esercito sionista sta compiendo una vera e propria pulizia etnica a Gaza City.
Questo connubio tra mondo del pallone mondo politico si è ripetuto anche poche ore fa nel corso del match di qualificazione ad Euro 2024 tra Italia e Ucraina. Durante tutta la partita, infatti, è stato esposto uno striscione nel settore occupato dagli ultras di Kiev che recitava “Free Azov”.
Il Battaglione Azov, per chi non lo sapesse, è un’unità militare neonazista dell’Ucraina che ha avuto un ruolo determinante durante il conflitto scoppiato nel 2014. Gli stessi appartenenti a questo schieramento non nascondono la loro stima per la figura di Stephen Bandera che di certo non può essere definito “un estimatore di Kant” come si è provato a farlo passare.
Bandera, infatti, è una figura alquanto controversa. Nel corso del secondo conflitto mondiale fu un collaborazionista delle SS naziste durante la campagna di invasione della Russia da parte degli eserciti di Hitler che viene ricordata con il nome di Operazione Barbarossa.
Nonostante questo suo passato macchiato da più di qualche ombra oggi Bandera è un eroe nazionale per il “democratico” governo di Kiev. A testimonianza di ciò si possono vedere numerose statue dedicate a questo individuo nel medesimo paese dell’Europa sud-orientale.
Per fortuna, in altre zone del Vecchio Continente, ci sono storie di resistenza da raccontare che accomunano politica e calcio popolare. Dal 18 al 20 novembre scorsi ho avuto il piacere di recarmi a Barcellona, in un periodo in cui la Catalogna sta assumendo un ruolo decisivo nell’ambito politico spagnolo.
Il premier iberico socialista Pedro Sanchez, infatti, pochi giorni fa è riuscito a formare una nuova coalizione di governo dopo le elezioni nazionali svoltesi lo scorso 23 luglio. Fondamentale, per la nascita del nuovo esecutivo di Madrid, è stato l’appoggio del movimneto indipendentista catalano a cui lo stesso Sanchez ha promesso l’amnistia totale per i suoi leader dopo i fatti del 2017.
Il 1 ottobre di quell’anno, infatti, si svolse un vero e proprio referendum consultivo per chiedere l’indipendenza della regione catalana dal governo centrale di Madrid. L’esito fu scontato, con una vittoria schiacciante dei favorevoli all’indipendenza, e ciò creò una vera propria diatriba tra Madrid e Barcellona.
Il capo del governo catalano di allora, Carles Puigdemont, venne esiliato dopo quella votazione. Per ottenere il supporto del partito indipendentista catalano , il premier Sanchez, ha garantito l’amnistia ai fautori di quella votazione che quindi potranno tornare sul suolo iberico dopo alcuni anni di esilio all’estero.
Questa forte spinta indipendentista viene portata avanti anche sui campi di calcio catalani da una squadra di calcio di Barcellona che è sconosciuta ai più. Chi sa, infatti, che oltre al pluricampione Barcellona e all’Espanyol – che milita nella Seguanda Division del campionato spagnolo –, nella capitale catalana esiste anche il team calcistico dell’Unió Esportiva Sant Andreu (UE Sant Andreu)?
Questo club, che oggi milita nella quinta divisione del campionato calcistico locale e che ha il suo zoccolo duro nel quartiere di Sant Andreu (nella zona nord della città), è stato fondato nel 1909 e ha giocato il suo primo match ufficiale il 21 novembre di quell’anno. Esso venne fondato dai coloni scozzesi che, tra fine ’800 ed inizio ’900, arrivarono nel capoluogo catalano per lavorare nell’industria della filatura.
Fondamentale, nella storia dell’UE Sant Andreu, fu la figura di Narcis Sala ( a cui non a caso è stato intitolato lo stadio dove il club gioca le sue partite casalinghe attualmente). Esso fu presidente del club dal 1945 al 1952.
Sotto la sua gestione il Sant Andreu raggiunse per la prima volta la promozione in Segunda Division, la serie B del campionato spagnolo, ma soprattutto diventò molto famosa, e seguita, tra gli abitanti della zona di Sant Andreu mettendo delle radici che ancora oggi resistono nonostante tutti i mali che affliggono il cosiddetto calcio moderno.
Molto importante è l’aspetto politico della tifoseria. Durante la partita a cui ho avuto modo di assistere, che metteva di fronte lo stesso St Andreu contro il Lleida Esportiu, sono stati intonati vari cori di forte impatto politico da parte della tifoseria di casa.
Cori che hanno una base ben precisa composta da antifascismo, antisessismo e antirazzismo. Anche la bandiere sventolato, tutte con i colori della bandiera catalana e alcune raffiguranti figure come Ernesto Che Guevara, lasciano pochi dubbi sulle prese di posizioni politiche di questi ultras che non a caso, per la maggior parte, sono degli appartenenti ad alcune sottoculture molto famose come quella skinhead o quella punk.
Una bella scoperta, insomma, in una terra, quella catalana, che da sempre mostra il suo animo ribelle come anche dimostrano alcuni capolavori come il libro Omaggio alla Catalogna di George Orwell.
Una bella storia che continuerà a combattere nel futuro contro il cosiddetto calcio moderno e i suoi deliri capitalistici. La vittoria finale non è affatto garantita... ma almeno a Sant Andreu ci stanno provando eccome.
Roberto Consiglio