Per i feticisti delle serie tv True Detective è un idolo da venerare. Una specie di divinità da contemplare in religioso silenzio in tutta la sua magnifica perfezione.
E ora che è sbarcata in Italia la quarta stagione True Detective: Night Country, schiere di appassionati ed esperti aspettano ansiosi il lunedì – giorno del liturgico rilascio della nuova puntata – non lesinando complimenti e gridano al capolavoro, rievocando i fasti della mitologica e indimenticata prima stagione con Matthew McConaughey e Woody Harrelson, pietra miliare della serialità contemporanea.
Protagoniste della nuova stagione sono invece Jodie Foster e Kali Reis, due donne, per la prima volta in True Detective.
Foster non ha bisogno di presentazioni – due premi Oscar, film da manuale di storia del cinema come Taxi Driver e Il silenzio degli innocenti – mentre Reis è più misconosciuta al grande pubblico. Qualche comparsa qui e lì, cinema indipendente e progetti underground.
Nonostante questa disparità di curriculum è però Reis a catturare i riflettori e a prendersi il centro della scena. Anche grazie a un’estetica punk-hardcore e a un ruolo che sembra disegnato su misura per lei.
Ma Reis, che sembra ormai lanciata verso una radiosa carriera cinematografica, ha un passato da pugile ed è questo a interessare un sito come sportpopolare.it.
Nativa americana molto orgogliosa, ha iniziato a boxare a 14 anni alla Manfredo’s Gym a Pawtucket, Rhode Island. Appartiene alla tribù Seaconke Wampanoag (Popolo della prima luce) una nazione nativa non riconosciuta – e che quindi non gode dei diritti sanciti dal governo federale – originaria di quelli che oggi chiamiamo Stati Uniti nord-orientali, fra Rhode Island e Massachusetts.
Reis ha raggiunto risultati importanti a livello amatoriale, anche se non ha avuto una lunga carriera, come il titolo nazionale del New England, il Rocky Marciano Championship e soprattutto i Golden Gloves dello Stato di New York nel 2007. Ha poi esordito nel professionismo il 6 settembre del 2008 con un ko contro Betsy Rowell.
Sul ring è conosciuta anche come “K.O. Mequinonoag”, crasi del suo nome nativo e la sua attitudine pugilistica. Mequinonoag significa in lingua Wampanoag “molti talenti”. E Reis sembra proprio averli, visto che oltre a fare a pugni molto bene, è capace di bucare lo schermo ed eclissare un premio Oscar.
Pugilisticamente è molto aggressiva. Tende a prendere il centro e a dettare i tempi. Non rifiuta lo scambio, anzi si galvanizza e ha un buon destro. Ha un record di 19 vittorie (5 ko) e 7 sconfitte.
In seguito a una serie di cinture minori nei medi IBA (International Boxing Association) e UBF (Universal Boxing Federation) e qualche passo falso da sfidante mondiale, la carriera di Reis ha avuto la sua consacrazione il 16 aprile 2016 a Auckland quando ha conquistato contro Maricela Cornejo il titolo WBC (World Boxing Council) dei medi.
Dopo aver perso il titolo contro Christina Hammer, una delle migliori pugili della categoria, è scesa nei welter per unificare le cinture contro Cecilia Braekhus, una leggenda del pugilato, perdendo purtroppo ai punti. Ha affrontato il meglio del panorama pugilistico mondiale: oltre campionesse come Hammer e Braekhus ha combattuto contro ottime pugili come Hanna Gabriels e Mikaela Lauren. Nel 2020 ha conquistato e poi difeso il WBA (World Boxing Association) mentre nel suo ultimo incontro il 19 novembre 2021 ha aggiunto il WBO (World Boxing Organization) sempre nei super leggeri.
Quando sale sul quadrato Reis usa spesso abiti tradizionali ed è accompagnata da membri della sua tribù che intonano canti da guerra, ma la sua non è solo estetica: si batte per i diritti dei popoli nativi e contro le devastazioni ambientali. È impegnata nella lotta femminista del Missing and Murdered Indigenous Women and Girls, un’associazione che contrasta la violenza sulle donne e riporta alla luce casi di abusi verso native americane. È insomma una militante che si batte per quello in cui crede. Tutt’altro che una pugile suonata.
Filippo Petrocelli