L’assedio della Striscia Gaza da parte dell’esercito israeliano, dopo gli attacchi perpetrati da Hamas lo scorso 7 ottobre, ha raggiunto i cinque mesi di durata. La situazione nella zona è drammatica: sono infatti oltre 30 mila i morti, 31.923 per l’esattezza, e ben 74.096 i feriti tra la popolazione locale.
Anche da altri punti di vista, come la mancanza di generi di prima necessità, in primis acqua e cibo, la situazione è catastrofica. Tutto questo nonostante al valico di Rafah, che segna il confine sud della Striscia con l’Egitto, vi siano quasi 1500 camion di aiuti internazionali bloccati alla frontiera.
Questo perché, il governo sionista, reputa che le merci trasportate rappresentino dei pericoli e possano essere usate in guerra. Come fatto vedere da numerosi inviati che si sono recati nella zona di confine, tra gli oggetti bloccai vi sono perfino seggiolini per bambini e attrezzatura ospedaliera.
Nei paesi occidentali, in questo contesto, si sta mettendo in atto una vera e propria repressione verso qualsiasi tentativo di dar voce alla cosiddetta “causa palestinese”. Sono state molte ad esempio, negli ultimi giorni, le cariche di polizia durante alcune manifestazioni in sostegno di Gaza.
Da Pisa a Bologna si sono messe a tacere mobilitazioni totalmente pacifiche che vedevano la partecipazione di un gran numero di giovani. Contemporaneamente si è permesso a determinati individui di cercare di tenere conferenze, di chiaro stampo filosionista, presso alcune importanti università italiane, durante eventi organizzati da sigle legate alla galassia del neofascismo attuale.
Anche il mondo del calcio è stato teatro di episodi abbastanza spiacevoli che hanno fatto vedere come, a livello istituzionale, ci sia una netta distinzione tra morti di serie A e di serie B. Emblematico è ciò che è successo giovedì scorso, 10 marzo 2024, presso lo stadio Artemio Franchi di Firenze.
Quel giorno era in programma la sfida tra i Viola e il team israeliano del Maccabi Haifa. La partita valeva come ritorno degli ottavi di finale della Conference League.
Poco dopo l’annuncio della messa in vendita dei biglietti sono state imposte determinate decisioni riguardanti la “questione di sicurezza” dell’evento. Ad esempio i posti situati nei settori più vicini al rettangolo di gioco non potevano essere acquistati.
In più ci si doveva presentare allo stadio entro le ore 18:15, nonostante il calcio di inizio fosse fissato per le 18:45, per le lunghe procedura di sicurezza durante l’entrata allo stadio.
La Curva Fiesole, nonostante tutto, è riuscita a far prevalere la natura politica dell’evento e ha creato anche qualche momento di conflitto mentre il team di Haifa lasciava il campo una volta terminata la partita. I tifosi ospiti dal canto loro hanno potuto esporre le bandiere dello stato sionista, che sta compiendo un vero e proprio genocidio, nel loro settore come se nulla fosse.
A livello militante ci sono state alcune realtà che hanno deciso di prendere in mano la situazione e cercare di far qualcosa a favore della causa palestinese. Una di queste è stata il blog “Calcio e Rivoluzione” che ha lasciato un vero e proprio appello alla FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) affinché prendesse una netta presa di posizione su quanto sta avvenendo in Medio Oriente.
Pochi giorni abbiamo fatto quattro chiacchiere con i ragazzi che gestiscono il blog riguardo questa loro ultima iniziativa.
Quando gli chiediamo come gli è venuta in mente un’idea del genere, ci rispondono che da sempre hanno partecipato “ a diversi momenti di solidarietà nei confronti del popolo palestinese e confrontandoci con chi, anche nel resto d’Europa e del mondo, si sta attivando sulla questione abbiamo sentito la necessità – da esseri umani prima ancora che da tifosi e attivisti – di provare a dare un nostro piccolo contributo ricordando quel che dalla Palestina ci chiedono”.
Una richiesta semplice e precisa: “Non smettere mai di parlare della Palestina e provare a fare pressione a casa propria per rafforzare la loro lotta per la libertà”.
Il modello da seguire proveniva da 12 federazioni calcistiche della zona dell’Asia Occidentale. Non un caso che sia proprio quella l’area visto che lì si trovano i paesi da sempre più ostili al governo di Tel Aviv, Iran su tutti.
Il blog calcistico ha così deciso di “spingere affinché le massime istituzioni calcistiche prendessero una posizione netta e critica contro il genocidio in corso a Gaza”. Questo perché erano e sono tutti ben “consapevoli della forza dirompente che il calcio può avere in situazioni tragiche come questa”.
La risposta arrivata non è stata però delle più positive. Difatti il mondo del pallone istituzionale non si è rivelato all’altezza visto che “Non bastano generici rimandi alla pace per poter dire che il mondo del calcio sta facendo qualcosa di significativo per costruire ponti di solidarietà e pace. Basta, poi, vedere il trattamento riservato a chi prova a esprimere la propria solidarietà alla popolazione palestinese, magari portando una bandiera allo stadio o mostrando un cartello, per rendersi conto che le Istituzioni calcistiche e non hanno deciso da che parte stare: quella di uno stato che sta provando fisicamente ad eliminarne un altro”.
Se invece ci si sposta attenzione sul cosiddetto movimento popolare ecco che la situazione cambia radicalmente. In questa situazione “possiamo dire che questa campagna sta dimostrando che chi rappresenta l’essenza del gioco più bello al mondo non ha smarrito la strada e sta dimostrando un’incredibile umanità, solidarietà e forza delle proprie idee. Tantissime squadre di calcio popolare, tifoserie (anche di qualche squadra del “calcio che conta”), addett* ai lavori e tifos* hanno sottoscritto e stanno facendo girare l’appello”.
Gli stessi ragazzi ci salutano come una mezza autocritica finale. “Sebbene consapevoli che per arrivare ai piani alti servirebbe un’ulteriore spinta siamo altrettanto convinti che non si possa rimanere ad aspettare con la speranza che qualcuno ‘in vista’ se ne faccia carico ed è per questo che abbiamo cominciato ad agire perché è nel fare le cose che pensiamo di possa dare il miglior esempio”.
Roberto Consiglio