A Roma ci sono alcune figure che, in un modo o nell’altro, rappresentano il romanismo nella sua assenza. La più grande, anche se per questioni anagrafiche non ho mai avuto il piacere di veder giocare, è stato Agostino di Bartolomei, di cui il prossimo 30 maggio cadrà il 30esimo anniversario dalla tragica morte.
Altro personaggio che si può descrivere come esempio di vero e proprio romanismo è Claudio Ranieri che, poche ore fa, ha annunciato il suo addio definitivo al mondo del calcio. Il tecnico testaccino, alla veneranda età di 73 anni, ha portato a termine la sua ultima impresa: la permanenza del Cagliari nel massimo campionato di calcio anche per il prossimo anno.
A tal fine è stata fondamentale la vittoria che la squadra sarda ha ottenuto sul campo del Sassuolo con il risultato di 0-2. Al termine del match il tecnico romano è stato portato sotto al settore ospiti in braccio dai giocatori per festeggiare coi tifosi presenti.
Se c’è una cosa che ha sempre contraddistinto la figura di mister Ranieri è stata l’umiltà. Anche nella sua permanenza sulla panchina rossoblu non ha risparmiato critiche a se stesso e si è messo in prima persona sul banco degli imputati per i brutti risultati del Cagliari. Celebri restano le sue dimissioni dopo la sconfitta interna, patita contro la Lazio per 1-3, dello scorso 11 febbraio.
Il presidente del team sardo e gli stessi giocatori si rifiutarono di accettarle. Da lì il rollino di marcia del Cagliari è cambiato fino al bell’epilogo finale di domenica scorsa.
La sua impresa più celebre resta il trionfo in Premier League con il non blasonato Leicester nella stagione 2015-2016. Questa vittoria ha dato quella riconoscenza internazionale a una figura che nella Città Eterna, soprattutto per la sponda di noi romanisti, ha avuto un qualcosa di “popolare” da sempre.
E Sor Claudio per farsi amare stava per compiere un’impresa che sul più bello si è purtroppo interrotta. Nella stagione 2009-2010, dopo appena tre giornata dell’inizio del campionato Luciano Spalletti lasciò la panchina giallorossa.
A lui subentrò il tecnico di San Saba che, da subito, mise in evidenza la sua fede di tifoso giallorosso. Dopo un derby vinto sui biancocelesti si lasciò scappare un celebre “godo come un riccio” per far capire cosa rappresentavano per lui quei 3 punti specifici.
Il 27 marzo 2010 si compì il sorpasso sull’Inter capolista. Il 25 aprile seguente avvenne quello che, da sempre, marca la storia della squadra romana: l’arrivo al punto più alto e il suo svanire in un batti baleno.
A levare lo scudetto alla squadra capitolina fu la Sampdoria di Pazzini e Cassano in lotta per la Champions League. L’Inter di Mourinho si laureò campione e di lì a poco conquistò il cosiddetto Triplete.
L’anno seguente Claudio Ranieri rassegnò le sue dimissioni dopo il 4-3 patito a Marassi dal Genoa. Il primo tempo si era chiuso sul 0-3 a favore dei suoi ragazzi.
Un gesto, quello delle dimissioni, che si è visto pochissime volte negli ultimi anni nel mondo del calcio a livello mondiale. Un altro esempio che fa capire l’umiltà di Claudio Ranieri in un mondo malato come quello del pallone.
La seconda avventura del Sir sulla panchina romanista avviene nel marzo 2019, in sostituzione dell’esonerato Eusebio di Francesco. La sua seconda parentesi all’ombra del Cupolone è ricordata anche per essere stato il tecnico che ha dovuto gestire, sul campo, il mancato rinnovo di contratto di Daniele De Rossi, capitano e simbolo della squadra, per volere della presidenza Pallotta.
Il 26 maggio 2019 si è svolta l’ultima partita di Ranieri e De Rossi allo stadio Olimpico. I due, non a caso, si sono salutati calorosamente nel corso dell’ultimo Roma-Cagliari, il 5 febbraio 2024.
“Mr Ranieri: nel momento di bisogno hai risposto presente, adesso ricevi l’omaggio della tua gente”, così recitava uno striscione alzato dai Fedayn in quel giorno di fine primavera di 5 anni fa. Grazie, Mister!
Roberto Consiglio