Rinunciare al denaro fa sempre notizia, specie quando lo si fa in nome della morale.
Se uno come Ole Saeter centravanti di peso del Rosenborg ha declinato l’offerta di 850 mila euro dal Maccabi Haifa, il minimo che si può fare è dedicargli un plauso per essere andato controcorrente.
Le ragioni del rifiuto dell’attaccante norvegese classe 1996 al suo trasferimento in Israele non sono però ascrivibili alla proposta economica del club: “Anche se mi offrissero 500 milioni, non mi unirei comunque a un club israeliano” ha dichiarato Saeter. Parole forti in un mondo, come quello del pallone, che ha visto chiudere gli occhi a molti atleti davanti a ingaggi faraonici.
La giovane punta del Rosenborg ha spiegato senza troppi giri di parole le ragioni del no alla compagine israeliana ai microfoni della televisione norvegese, TV2: “Non voglio soldi sporchi di sangue sul mio conto”. Di fronte alla consapevolezza di un’offerta allettante che avrebbe migliorato le condizioni di vita a chiunque, Saeter non ha ceduto il passo davanti ai massacri che si stanno consumando in Palestina da parte dell’esercito israeliano: “Mi avrebbe reso economicamente indipendente ma non ho la morale o i valori per rappresentare quel Paese”.
Nessuna forma di ipocrisia davanti al Dio denaro, insomma, e una presa di posizione netta da parte dell’atleta scandinavo su quanto da tempo sta accadendo a Gaza. La condotta di Saeter si allinea con il sostegno che da sempre la Norvegia ha avuto verso la causa palestinese, tradotta a maggio 2024 con il riconoscimento dello stato di Palestina (con Spagna e Irlanda).
Quello di Saeter, assieme alla lunga fila di sportivi che negli ultimi anni hanno preso posizione sulle violazioni dei diritti umani (per ultimo il judoka algerino Dris Messaoud ai giochi olimpici di Parigi) è anche un grande smacco a chi si ostina ancora a rifiutare i boicottaggi – ostinandosi a scindere sport e politica – e alla FIFA che ad agosto aveva rinviato la decisione sulla richiesta palestinese di sospendere Israele dal calcio internazionale. Una condotta che come spesso accade dimostra il doppiopesismo della federazione su cause analoghe, e la sua capacità di stare sempre dalla parte sbagliata della storia.
Pierluigi Biondo