Ne avevamo già parlato nella puntata di domenica scorsa andata in onda su "Radio Onda Rossa" de "La mischia", ma quello che sta succedendo nel calcio inglese, e soprattutto sui suoi spalti merita un ulteriore approfondimento, non fosse altro per la sommatoria di vicende che si stanno abbattendo su quello che per anni ci era stato propinato come un modello vincente e immutabile per massimizzare la bellezza (e soprattutto i profitti) del "gioco più bello del mondo" nella sua patria d'origine.
Così, di punto in bianco, la "Gazzetta dello Sport", uno dei principali sponsor del modello inglese, fa l'agghiacciante scoperta che oltremanica esistono ancora gli hooligans. Naturalmente, in maniera del tutto conforme alle norme vigenti nel giornalismo nostrano, questo scoop del quotidiano rosa, non è avvenuto dopo un'indagine sul campo, ma solo attraverso la visione di alcuni documentari firmati "Bbc Three" in cui prendono direttamente parola i membri di varie firm inglesi che testimoniano quanto fossero superficiali le analisi di coloro che ne avevano già recitato il "De prufundis", cosa che chi non si era precedentemente limitato ad accettare acriticamente le opinioni dei soloni del giornalismo sportivo italiano e dei professionisti della sicurezza, aveva già ampiamente compreso; ma l'ammissione di ciò da parte dei media main-stream assesta un duro colpo ai propugnatori del modello inglese nel nostro paese.
Quasi in contemporanea, a voler ulteriormente destrutturare l'immagine fittizia del modello inglese, il primo weekend di ottobre ha visto una protesta contro il caro-biglietti organizzata dalla Football Supporters Federation, un network che racchiude tutte le tifoserie della Premier League e una decina della Championship (l'equivalente inglese della nostra serie B), all'interno della ben più vasta campagna “Twenty’s Plenty for away fans campaign” il cui obiettivo è stabilire un tetto massimo di 20 sterline per i settori ospiti. Pur non essendo stato inscenato nulla di trascendentale, la protesta, che di fatto consisteva nell'esposizione di striscioni di polemica contro l'impennata dei prezzi per quelli che dovrebbero essere dei settori popolari, schizzati alle stelle oltre ogni logica (diventando forse la principale piaga del calcio britannico, allontanando dallo stadio molta più gente di quanta in passato sia stata spinta a farlo da altre problematiche), ha attirato le attenzioni dei principali media inglesi e non solo, potendo contare anche sulla sponda offerta dai supporters del Bayern Monaco, che per il match di cartello del martedì di Champion's League che vedeva la propria squadra impegnata in casa dell'Arsenal, hanno ritardato il loro ingresso nel settore ospite di circa 5 minuti, proprio per protestare contro il caro biglietti esponendo nel frattempo uno striscione eloquente che recitava "64 sterline per il prezzo del biglietto, ma senza tifosi il calcio non vale nemmeno un centesimo" e ricevendo la solidarietà del pubblico di casa. Pur non trattandosi di un'adesione totale, bisogna registrare che quest'iniziativa ha dato già i suoi frutti, oltre al non trascurabile fatto di aver portato il problema in superficie: infatti alcune società inglesi hanno compreso i motivi di questa protesta e hanno deciso di venire incontro alle rimostranze dei propri tifosi: è il caso del Newcastle, dello Stoke City, del West Ham del Watford e dello Swansea.
Ma la picconata più grande a tutto l'establishment arriva dalle categorie più basse, quelle semi professionistiche in cui gioca l'FC United of Manchester, squadra nata dai supporters del Manchester United che imputavano alla allora nuova dirigenza americana di aver svenduto l'anima dei "Red Devils" e gestita mediante l'azionariato popolare. Lo scorso 16 ottobre la BBC ha proposto al club, nell'ambito della promozione della ''BBC Mobile Match of The Day Live experience”, di spostare il match per consentire all'emittente di realizzare interventi TV nel pre, post e nel corso della partita. La risposta della dirigenza è stata perentoria: ''Football is a sport not a television game show'', questo era il titolo della comunicazione del Board, un comunicato deciso che evidenzia come proprio questo tipo di interferenze da parte dello show-business sia quello che i fondatori del club si erano prefissi di combattere, e invita la FA a tutelare maggiormente i tifosi, ma anche i tesserati delle varie società calcistiche dall'invadenza delle tv a cui sembra permesso tutto; perché pur riconoscendo l'importanza degli introiti televisivi per quel che concerne i bilanci, si ritiene che a conti fatti a giovarne di più siano state le tv stesse a discapito dei tifosi, i veri depositari delle tradizioni dei loro club.
Se paragonato alla rassegnazione mista a prostrazione con cui all'indomani delle perquisizioni nelle sedi di alcune società di A e B del nostro campionato, nell'ambito delle ripartizioni dei diritti TV, alcune delle massime cariche della FIGC sostenevano candidamente come senza TV il sistema calcio italiano sarebbe fallito già da tempo, ci troviamo di fronte a qualcosa di clamoroso, a prescindere dalla natura e dalla categoria di appartenenza della società. Non fosse altro che per anni tutti coloro che vivono di pallone nel nostro paese, hanno dovuto imparare a convivere, alcuni sedotti in maniera entusiasta altri meno, con l'idea astratta e vacua di modello inglese. Senza voler scomodare ulteriormente le categorie del pensiero kantiano, è giusto altresì sottolineare, come ad esempio ha fatto lo scrittore Antony Cartwright, sollecitato dal suo uditorio nel suo recente tour italiano, che questo fantomatico modello inglese o modello Thatcher, tutto sommato si è rivelato nient'altro che l'applicazione dell'offensiva classista scatenata dalla Lady di ferro nei confronti degli strati popolari della società britannica e che non poteva lasciare immune il calcio, quanto poi i risultati concreti siano stati fallaci è sotto gli occhi di tutti ed il fatto che questo tipo di iniziative provengano proprio dall'Inghilterra, una volta ritenuta la patria del calcio, ora anche quella del calcio-business, anche per l'eccessiva arrendevolezza dei supporters, può fare ben sperare che anche in altri paesi con alle spalle una tradizione (più o meno lunga e più o meno "compiuta" di proteste simili) che le cose possono cambiare e il tifoso possa tornare al centro del mondo calcistico. Noi da parte nostra continueremo a documentarci su quanto avviene e avverrà oltremanica.
Giuseppe Ranieri