Il connubio tra la musica reggae e il calcio è un argomento che ho già trattato in qualche articolo nel passato. Adesso se ne ripresenta l'occasione per raccontarvi una nuova storia che unisce questi due ambiti che, agli occhi dei più, risultano essere assai distanti tra loro.
Il 1 marzo 1945 nasceva, nella piccola cittadina giamaicana di Saint Ann's Bay, il cantante Burning Spear (il cui vero nome è Winston Rodney). Domenica prossima, 1 marzo 2020, Spear festeggerà i suoi 75 anni, la stessa età che avrebbe compiuto un certo Bob Marley se fosse ancora in vita.
Oltre alla questione anagrafica sono molti i legami che legano Burning Spear a Robert Nesta. Entrambi infatti sono nati nella zona nord dell'isola caraibica, precisamente nella parrocchia di Saint Ann (una delle quattordici zone in cui è diviso, da punto di vista legale, il paese).
Venezuela, Cile, Ecuador e adesso Bolivia. Sono molti gli Stati del continente sudamericano interessati negli ultimi mesi da una situazione di grave crisi interna dal punto di vista politico e sociale, benché siano sommovimenti di segno politico molto diverso tra loro. Ciò che sta succedendo dalle parti di La Paz rappresenta solo l’ultimo esempio, in ordine cronologico, che si può fare in tal senso. A far scoppiare la “rivolta”, o per meglio dire le manovre golpiste delle forze di destra, nella terra di Evo Morales, il presidente indigeno in carica dal 2006, è stata la discussa vittoria dello stesso Morales durante le ultime elezioni nazionali tenutesi lo scorso 26 ottobre.
Spesso menzionata, ma poco compresa, la storia dell’Irlanda è dura e complessa quanto ricca e stimolante. Il calcio, come spesso accade, è un potente strumento per comprendere la società e le questioni storiche. Il Celtic Glasgow e i suoi fan più fedeli non fanno eccezione.
Fondato da immigrati irlandesi, il Celtic Glasgow, sebbene abbia sede in Scozia, è un perfetto riflesso della storia dell’Irlanda. Ma se il club è ancora sensibile a determinate cause, il Celtic – come quasi tutti i club professionisti – è diventato una società il cui scopo principale è il profitto. Garante della tradizione, del fervore e della passione, la Green Brigade viene spesso ammirata dal 2006 per i suoi messaggi forti. Attraverso tredici anni di vita di questi ultras, torniamo sulla storia di una nazione e di un club che non è meno popolare e mitico.
Nel 1949, alla periferia della capitale libanese di Beirut, iniziò la costruzione del campo profughi di Shatila per dare un rifugio a migliaia di palestinesi in fuga dalla repressione sionista in Israele. Oggi, anche a causa dell'alto numero di rifugiati sfuggiti dalla guerra in Siria, circa 25.000 persone vivono in questo campo grande appena un chilometro quadrato.
In questo contesto undici ragazze tra i 15 e i 20 anni, nate e cresciute a Shatila, sono riuscite a conquistarsi il proprio spazio di libertà sul campo giocando a basket, grazie alla polisportiva Real Palestine Youth F.C. fondata da Captain Majdi, anche lui rifugiato palestinese. In un ambiente come quello di Shatila lo sport assume un ruolo fondamentale, aiutando gli adolescenti ad adottare uno stile di vita sano e positivo, fornendo loro gli strumenti necessari a prendere il controllo delle loro vite e incoraggiandoli ad analizzare con occhio critico le questioni sociali che li riguardano.