Solitamente, prima di fare una recensione di un libro o di una rivista, faccio un piccolo schema in cui da un lato metto i pregi, i punti di forza e dall'altro i punti deboli.
Ecco, in questo specifico caso mi è stato quasi impossibile riempire il secondo campo, perché il nuovo numero di "Uno-due", dedicato all'identità e alla sua costruzione nel calcio, non solo scorre via in maniera leggera lungo tutti i suoi diciannove articoli (grazie anche alla più che piacevole veste grafica che accompagna il lettore), ma soprattutto riesce a stabilire quel connubio tra calcio e cultura, compito a cui anche la stragrande maggioranza del giornalismo di settore ha abdicato preferendo rifugiarsi in partigianerie di comodo a metà strada tra "il tifoso" e "l'amico del procuratore di turno".
Non è scritto da nessuna parte è vero, ma sicuramente uno dei lasciti più significativi di una squadra per poter dire di aver fatto epoca deriva anche da quanti suoi calciatori, una volta attaccati gli scarpini al chiodo, intraprendano la carriera da allenatore, possibilmente di successo.
Il Milan berlusconiano, soprattutto nel primo decennio, ha davvero rivoluzionato il concetto di calcio e infatti a distanza di anni diversi dei suoi maggiori interpreti sono diventati allenatori di successo capaci di alzare la Champions League, come Ancelotti e Rijkaard, altri hanno allenato nazionali di primo piano come Donadoni e Van Basten, e diversi altri che magari non hanno avuto degli acuti significativi nella loro seconda vita (come Gullit) o che si sono destreggiati nei settori giovanili come Evani e Franco Baresi.
Deniz Naki non è un ninja, non bestemmia ubriaco, non è fidanzato con una wags, quindi non merita la prima pagina, ma appena un trafiletto sulla versione on-line di qualche giornale sportivo.
In Italia insomma il suo nome non fa notizia: e poco importa se nella storia recente del calcio turco è invece balzato diverse volte agli onori delle cronache.
Classe 1989, Deniz Naki è un attaccante tedesco di origine curda cresciuto nelle giovanili del Bayer Leverkusen, transitato per il Rot Weiss Ahlen, un paio di stagioni al FC St. Pauli, una stagione al SC Paderborn 07, poi un passaggio al Gençlerbirliği – una squadra di Ankara – e infine l’approdo alla Amed SK, la squadra di Diyarbakır (Amed appunto in curdo). Questo il suo curriculum.
Non è un fenomeno, non è il nuovo Messi, ma è comunque un discreto attaccante che ha decine di presenze nella nazionale tedesca giovanile (under 19 e under 20).
La settimana appena trascorsa è stata intensa e ricca di iniziative sul fronte dell’opposizione al Trans Adriatic Pipeline (TAP). Questa mega opera che dovrebbe trasportare gas dalla regione del Mar Caspio in Europa, collegando il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) alla zona di confine tra Grecia e Turchia, attraversando la Grecia settentrionale, l’Albania e l’Adriatico per approdare sulle coste salentine in località San Basilio a San Foca. Mercoledì 6 dicembre i commercianti di Melendugno hanno deciso di proclamare in maniera autonoma senza mediazioni sindacali o di associazioni di categorie uno sciopero, una grande serrata che ha visto la partecipazione di quasi la totalità delle attività commerciali melendugnesi, che hanno rinunciato agli incassi di una giornata lavorativa per dimostrare ancora una volta la contrarietà del territorio a questa opera. La giornata ha visto sfilare due cortei uno mattutino a Melendugno con più di 3000 persone e uno pomeridiano con partenza dal lungo mare di San Foca, corteo che in maniera spontanea vede centinaia di persone staccarsi dal percorso ufficiale per avvicinarsi nelle vicinanze del cantiere e della zona rossa.