Il 5 maggio 1992, allo stadio Furiani di Bastia, durante la semifinale di Coppa di Francia, 18 persone morirono e più di 2000 restarono ferite.
La causa fu la decisione dei dirigenti del club Corso di sostituire in qualche giorno la tribuna esistente (750 posti) con una struttura metallica (9300 posti), allo scopo d’accogliere più persone possibili per la partita.
È stato provato che i lavori furono realizzati senza i permessi di demolizione necessari e la Lega Corsa fu investita da accuse di corruzione relative all’emissione di un falso documento che attestava l’avviso favorevole della commissione di sicurezza.
Nel corso della nostra attività ci è capitato più volte di seguire e documentare quanto i gruppi ultras siano stati importanti, se non a tratti decisivi, per la crescita e lo sviluppo delle proteste nei paesi del Maghreb che hanno assunto il nome univoco di “Primavere arabe”, nonostante spesso queste avessero caratteri mutevoli di nazione in nazione. Forse una delle poche costanti, principalmente per quel che riguarda Egitto e Tunisia, era proprio rappresentato da quell’elemento di rottura, prevalentemente giovanile e oltranzista, incarnato dai frequentatori delle curve che in tutto il contesto nordafricano rappresentano uno dei pochi spazi di dissenso e autorganizzazione consentiti. Anche il Marocco non è stato del tutto esente né dai sommovimenti sociopolitici né dalla presenza in essi dei supporters più esagitati.
Attingere al modello repressivo sportivo per porre fine alle violenze che hanno caratterizzato le manifestazioni dei Gilet Gialli. Davanti ai casseurs, il governo francese si ispira alle misure adottate in Francia contro l’hooliganismo circa una dozzina d’anni fa. In diretta al telegiornale delle ore 20 su TFI (canale privato di proprietà della famiglia Bouygues) Edouard Philippe, che vuole rafforzare l'arsenale repressivo contro i casseurs, ha elogiato le misure restrittive prese contro gli ultras nel corso degli anni 2000 utilizzate per “contrastare i disordini” durante le manifestazioni sportive negli “stadi di calcio”.
L'11 gennaio 1999 moriva a Milano, a soli 58 anni, il cantautore italiano Fabrizio De André, e oggi sono passati vent'anni esatti da quella data. È naturale legare la figura di De André a quella della sua Genova, città in cui nacque, tra le strade del quartiere Pegli, il 18 febbraio 1940. Chi scrive, da appassionato di musica e tifoso, vuole però soffermarsi sul rapporto tra Faber e il Genoa C.F.C., una delle due anime, inconciliabili in eterno, della città della Lanterna. Un fatto in particolare mi ha spinto a scrivere un pezzo del genere. Il 13 gennaio 1999, giorno dei funerali del cantautore, sulla sua bara, tra gli altri oggetti, era presente anche una sciarpa del Genoa. De André ha descritto il capoluogo ligure in maniera memorabile, grazie ad alcuni pezzi tra cui Creuza De Ma o Via del Campo. La sua passione per Genova, però, non poteva non toccare il lato calcistico, visto che il gioco del calcio, nei caruggi, è un vero e proprio stile di vita.