(Flavio Pagano, Senza paura, Giunti, 2014)
Se non pretendesse di offrire una narrazione, e quindi inevitabilmente una serie di giudizi, su un fatto di cronaca così delicato e controverso come quello dell'omicidio di Ciro Esposito, Senza paura sarebbe un libro come molti altri: una storia familiare caratterizzata dalla perdita e dalla sofferenza, narrata dalla voce di un nonno reso duro e a suo modo saggio dalla vita, non privo di una spiccata tendenza moralista. Una madre che muore prematuramente, un padre scellerato e un rapporto intenso e particolare tra nonno e nipote, che segna profondamente la crescita del ragazzo. Gli ingredienti-base per un libro semplice e scorrevole, non certo un capolavoro ma neanche qualcosa su cui spendere giudizi troppo negativi, se non fosse per un approccio troppo didascalico in cui l'autore tramite la voce narrante del nonno dispensa giudizi su come sia giusto o meno comportarsi nella vita. Ma fin qui, poco male.
C’è chi dice che tifare Arsenal vada di moda… eppure non sembra. Sono passati i tempi di Nick Hornby e di Fever pitch – brutalizzato con l’inesatta traduzione “italianizzata” Febbre a 90° – un libro che è autentico capolavoro del Regno Unito post-thatcheriano, zeppo di disillusioni, birra sgasata e rumoroso tifo da stadio.
I Gunners non giocano più come una decina di anni fa, quando il loro calcio era rigorosamente champagne – anche grazie a metà della nazionale francese ingaggiata in squadra – e da troppo tempo manca una galvanizzante vittoria in Premier.
È vero, quest’anno l’Arsenal ha conquistato sia la Fa Cup, sia la Community shield (una sorta di supercoppa d’oltremanica) ma il trionfo che conta, quello in campionato, è uno sbiadito ricordo incapace di riempire, anche metaforicamente, quell’angolo di bacheca vuoto.
Se si dovesse scegliere una colonna sonora per la “stracittadina” editoriale che ha come protagonista il Fc St. Pauli, la squadra tedesca kult con sede nel quartiere omonimo di Amburgo, una buona scelta sarebbe Dirastar e la sua Tor zur Welt. Il derby Braun-Weiß (bianco-marrone, i colori della squadra) fra Bepress e Deriveapprodi, fatto di libri e combattuto a suon di “chiavi di lettura”, copertine e font, scivolerebbe accompagnato dal rap nu-school tedesco, nel quartiere a ridosso del porto, dove fra sexy club e sottoproletariato è cresciuta la più famosa utopia calcistica degli ultimi anni, ovvero quello del St. Pauli, aka la squadra del popolo.
Protagonisti della maratona di scrittura oltre gli editori, due scrittori nati a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta: da una parte Nicola Rondinelli, classe 1982 autore di Ribelli, sociali e romantici. F.c. St. Pauli fra calcio e resistenza edito da Bepress nel marzo 2015, dall’altra Marco Petroni, classe 1979 con St. Pauli siamo noi. Pirati, punk e autonomi allo stadio e nelle strade di Amburgo, uscito per Deriveapprodi nel maggio 2015.
Continua a fare parlare di sé, e non potrebbe essere altrimenti, la finale di Copa del Rey dello scorso 30 maggio, atto conclusivo della stagione calcistica del calcio iberico e svoltasi al “Camp Nou” di Barcellona tra la squadra di casa, vincitrice del trofeo, e l’Athletic Bilbao. Infatti, più che l’esito della partita, mai realmente messo in dubbio dall’andamento in campo, ciò che attirava maggiormente l’opinione pubblica ed i curiosi era l’accoglienza delle rispettive “hinchas” a tutto il rituale che l’avrebbe introdotta, vista anche la presenza del sovrano Felipe VI in tribuna d’onore. Ebbene, le aspettative non sono andate deluse, poiché sia la tifoseria catalana che quella basca, da sempre sulla stessa lunghezza d’onda e affini nel loro risentimento verso Madrid, hanno utilizzato l’occasione per rimarcare i loro sentimenti indipendentisti e di rigetto verso l’identità castigliana e la corona spagnola: in entrambe le gradinate hanno campeggiato delle coreografie composte da mosaici di cartoncini che andavano formando anche i colori delle rispettive bandiere nazionali.